I destinatari del macabro messaggio si possono facilmente intuire. Ma Fabio Lucioni mettendo di mezzo le ‘casse di mogano’ nel post che ha collocato sul proprio profilo Instagram ha francamente esagerato.
Poche ore dopo la squalifica di un anno inflitta dal Tribunale Nazionale Antidoping, il difensore del Benevento era già un mix di rabbia e voglia di non mollare.
Intervistato da Sky Sport 24, il difensore umbro aveva infatti dichiarato di essere pronto a presentare ricorso, affidandosi al proprio avvocato: “È come se fosse caduto un filmine a ciel sereno, non avrei mai pensato che dopo l’assunzione delle colpe da parte del medico mi venisse dato un anno di squalifica. Non siamo andati con l’idea di prenderci gioco della commissione antidoping, ma con l’intento di dire la verità. evidentemente non è bastato ed ora c’è rammarico. Pago responsabilità non mie. Ho parlato con il mio avvocato subito dopo la sentenza, ci riconfronteremo domani, aspetteremo quello che scriverà la commissione e prenderemo una decisione, ma sicuramente il ricorso verrà fatto. Io ho fatto tutte le categorie professionistiche, sono arrivato in Serie A a trent’anni, era un sogno che avevo sin da bambino e mi è stato tolto dalle mani, però continueremo a lottare affinché venga ridotta questa squalifica, non molleremo, vedremo cosa succederà”.
Sulla stessa lunghezza d’onda era stato il presidente dei sanniti, Oreste Vigorito. “C’è grande tristezza, senza contare il danno subito dalla società, perché dovremo impegnare risorse economiche per trovare un giocatore con le sue caratteristiche… – aveva puntualizzato – È una di quelle cose che ti fanno chiudere gli occhi e sperare che stai vivendo un momento non vero, di essere in una realtà diversa. Ma purtroppo non è così. Fabio è un ragazzo che riesce a tenere unito il gruppo, a far sorridere senza raccontare barzellette, raccontando speranze e sogni di un ragazzo che a 30 anni aveva trovato la Serie A, aggrappandosi a questa categoria con tutte le sue forze. Credo certe cose vadano valutate quando si fanno certe sentenze, il giudice è sicuramente chiamato a far rispettare le regole, ma anche ad essere umano, bisognerebbe ricordarsi comunque che anche la giustizia non è infallibile. Credo che il minimo e il massimo della pena vadano date ai colpevoli, non a chi risulta agli atti non colpevole, se non per aver affidato al medico una cura, con il medico stesso che ha detto di essere unica responsabile di questa cosa”.
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