Cominciamo la giornata con una bella notizia: Massimo Mauro è tornato a casa. Dopo l’infarto l’ex calciatore di Juventus e Napoli, oggi tra le altre cose opinionista televisivo, è stato letteralmente salvato dai medici dell’ospedale di Catanzaro che ha prontamente ringraziato tramite un post affidato ai propri social. Il sessantunenne calabrese ha raccontato al Corriere della Sera la paura di quei momenti, il dolore, l’intervento tempestivo del suo amico nel chiamare i soccorsi e il perché non poteva essere giunto il suo momento. Aveva ancora una cosa importante da fare.
- Mauro si sente "Un uomo fortunato"
- Il dolore al petto, la paura e il pronto intervento dell'ambulanza
- "Non potevo morire, devo ancora aiutare Vialli"
Mauro si sente “Un uomo fortunato”
“Uomo fortunato”. Si definisce così Massimo Mauro, di nuovo sorridente dopo ciò che gli è capitato e che poteva certamente avere conseguenze peggiori. “Adesso non ho paura – dichiara l’ex calciatore -. È più forte la felicità di poter parlare, sorridere, raccontare. So però che dovrò controllarmi con più scrupolo. La fortuna non bussa mica sempre“. Fortunato perché ci sono state tre cose determinanti affinché lui potesse continuare a vivere: “Ripeto, sono un uomo fortunato. Ci sono tre cose in particolare a cui penso continuamente da quel giorno… Ho avuto la lucidità di fermarmi; con me c’era un amico che conosce il primario dell’ospedale di Catanzaro; l’ambulanza è arrivata in 7 minuti“.
Il dolore al petto, la paura e il pronto intervento dell’ambulanza
Certo, in quel momento è inevitabile che un po’ di paura ti assalga anche se Mauro racconta di non aver compreso bene cosa gli stesse accadendo: “Un dolore fortissimo al petto, mi sono fermato perché non riuscivo a respirare. Non ho pensato a nulla, speravo soltanto che passasse in fretta. Il mio amico invece è stato tempestivo e ha chiamato i soccorsi. Cinque minuti dopo essere arrivato in ospedale ero già in sala operatoria. In ambulanza, sì, mi sono passate tante cose per la testa. Anche l’infarto, speravo facessimo in fretta“. Quando è successo Mauro stava giocando a padel nella sua Catanzaro, una sua grande passione insieme al golf e ovviamente al calcio.
“Non potevo morire, devo ancora aiutare Vialli”
“Sarebbe stato ingiusto non stare qui a raccontare – confessa sempre Mauro al Corriere della Sera. Devo fare ancora tante cose, una in particolare ed è piuttosto importante. Continuare a lavorare per favorire la ricerca sulla SLA, è l’eredità che mi ha lasciato Vialli, lo facevamo insieme. Con convinzione“.
Anche il suo grande amico Roberto Mancini gli ha ricordato l’impegno che deve portare avanti:” Quando sarà stato trovato il farmaco che garantirà la guarigione posso anche immaginare di chiedere a Luca se lì ha bisogno di un’ala destra. Roberto Mancini però mi ha già smorzato l’ambizione. L’altro giorno mi dice: Massimo, se sei qui con tutti noi è perché a Luca l’ala non serve! Sono felice di aver sentito la vicinanza di centinaia di persone. In certi momenti apprezzi l’affetto, lo percepisci in maniera diversa. ‘Per una volta non sei stato lento’: così mi ha scritto Ciro Ferrara in chat. Mi ha preso in giro, come al solito. E mi ha strappato il primo sorriso dopo lo spavento. Ciro ha ragione, ma la vita non è un campo di calcio“.