Le parole che rompono il silenzio, dopo il ritrovamento del secondo scarpone sul Nanga Parbat appartenuto a Günther, rinnovano un dolore mai sopito, mai superato. Forse perché accompagnato da 50 anni di sospetti, supposizioni, infanganti accuse che hanno accompagnato Reinhold Messner fino a oggi, quando quella prova mancante ha composto un quadro doloroso, ma necessario.
- Reinhold Messner e la tragica morte del fratello Günther
- Messner riafferma la propria innocenza
- Il ritrovamento dei resti di Günther Messner
- Il rinvenimento del secondo scarpone: la verità
Reinhold Messner e la tragica morte del fratello Günther
La montagna toglie, la montagna restituisce con i suoi tempi e con il rispetto che le si deve. Anche quando è il Re degli ottomila che chiede giustizia, che domanda giustizia non tanto per sé ma per la sua famiglia e in primis quel fratello con il quale ha condiviso la passione per l’alpinismo e che, proprio in quell’impresa epica, ha perso la vita in circostanze drammatiche.
Nel 2005, dopo decenni di insinuazioni sull’abbandono da parte di Reinold del fratello, i resti di Günther furono trovati assieme a uno scarpone. Quello che Messner esibì in una conferenza stampa che è rimasta impressa nella storia della comunicazione e del giornalismo italiano, per il suo appello, la sua accorata difesa e la rivendicazione di un diritto, quello del presupposto di innocenza, che è stato spesso disatteso.
Messner riafferma la propria innocenza
Ora l’ottomila ha restituito anche il secondo scarpone sul versante Diamir.
“Il ritrovamento è solo la conferma della conferma e di quanto io ho sempre detto”, ha voluto affermato il campione protagonista di imprese incredibili all’agenzia ANSA. Il dramma del Nanga Parbat non ha mai abbandonato, né lo lascerà mai davvero libero: aveva appena 25 anni, quando dovette rientrare in Italia da solo e dire ai suoi genitori che Günther, due anni più giovane di lui, non avrebbe mai fatto ritorno e nche sarebbe rimasto lì. Dove è stato ritrovato a più di trent’anni di distanza.
L’incidente era avvenuto durante la scalata del primo ottomila di Reinhold, il primo uomo a scalare tutte le vette oltre gli ottomila metri. Aveva continuato a vivere, a provarci Messner pur nel reiterato e ciclico incedere di alcuni su quanto accaduto in quella scalata, quel lutto che ha segnato lui, il campione, e la sua famiglia.
Il ritrovamento dei resti di Günther Messner
Poi però, nel 2005, i resti di Günther furono trovati sul versante Diamir, confermando la versione di Reinhold. Il Re degli ottomila all’epoca era tornato al Nanga Parbat per cremare i resti di suo fratello.
“Mi hanno chiamato fratricida per la volontà di alcuni di fama e soldi. Si tratta di un vero e proprio crimine”, aveva detto all’epoca l’alpinista con rammarico. “Il ritrovamento dei resti e di uno scarpone dimostrano senza ombra di dubbio che Günther è morto durante la discesa e non è stato abbandonato da me durante la salita”, aveva aggiunto l’alpinista.
Il rinvenimento del secondo scarpone: la verità
Ora il ghiacciaio del Diamir ha restituito anche il secondo scarpone, “più a valle perché un ghiacciaio è come un fiume lentissimo che non si ferma mai”, ha specificato Messner. “Anche sull’assenza di questo scarpone qualcuno si era fatto strane idee”.
Dal campo base gli hanno mandato una foto per identificarlo e non ci sono dubbi. Lo scarpone destro da tempo è esposto nella cappella di Castel Firmiano, assieme ad altri cimeli di alpinisti scomparsi.
“Deciderò assieme ai miei fratelli cosa farne del secondo scarpone”, ha voluto aggiungere. Messner ha convissuto con una accusa infamante, che lo ha segnato ma mai piegato.
Oggi Massner vive con la terza moglie, Diane Schumacher, i suoi progetti che a 77 anni si palesano anche nella cura di quanto è stato e di quanto è stato conquistato in questi decenni di imprese storiche, nell’alpinismo.
“I dietrologi ci saranno sempre e non taceranno mai, ma questo non importa”, ha constatato. Con amarezza.