Chi si ricorda di lui, oggi? Solo a guardare il suo reparto, quello dell’attacco, c’erano nomi ben più suggestivi: Gianluca Vialli, Fabrizio Ravanelli, Alessandro Del Piero. Nella Juventus, Michele Padovano era solamente la quarta punta, quella meno importante, e d’altronde nessuno si aspettava granché da lui, in quella stagione. Fino alla sera del 20 marzo 1996, quando poco dopo l’inizio del secondo tempo si ritrovò come per caso solo davanti al portiere del Real Madrid, mandando di precisione in rete per il 2-0. La Juventus passava avanti, nella doppia sfida contro i Blancos dei quarti di finale di Champions League.
“È stata la serata della mia vita. Questo gol per me è una liberazione. E me lo dedico. – esultò nel dopo gara – Mi sono fatto un sedere così per trovare un posto al sole, ci sono riuscito. Ci saranno altre volte, lo prometto. Dopo tante sofferenze, me la rido anch’io”. Una notte può cambiare una carriera?
- Michele Padovano: il calciatore motociclista
- Michele Padovano calciatore: alla conquista della Serie A
- Michele Padovano alla Juventus: un eroe dimenticato
- Michele Padovano dopo la Juventus
- Michele Padovano oggi: i problemi con la giustizia
Michele Padovano: il calciatore motociclista
Capello lungo e ribelle, faccia da giovane sbruffoncello, Michele Padovano sembra tagliato alla perfezione per gli anni Novanta, quasi una versione nostrana del Lorenzo Lamas della popolare serie ‘Renegade’. Non è un cacciatore di taglie sotto falso nome, ma la passione per le moto è tutta vera, e per questo tra gli appassionati è noto col soprannome di ‘Harley Davidson’.
Non è facile preferire le moto alle automobili, se nasci e cresci a Torino. Padovano vede la luce il 28 agosto 1966 nel capoluogo piemontese, e cresce in una famiglia di tifosi granata, che a quei tempi certo non possono immaginarsi che il ragazzo diverrà noto proprio con l’odiata casacca bianconera. Il suo non è un talento fulminante, questo è certo: dopo gli esordi, nel 1979, nel Barcanova, a 16 anni entra nel settore giovanile dell’Asti, all’epoca neopromossa in Serie C2.
Nel 1985 esordisce in prima squadra agli ordini di Lucio Mujesan, segnando 5 gol in 24 partite e facendo una buona impressione sugli osservatori del Cosenza, che lo portano così in Calabria assieme all’altra promessa dell’Asti, Sergio Galeazzi. Le cose, con i Lupi della Sila, iniziano ad andare veramente bene quando in panchina arriva Gianni Di Marzio, subentrante a Francesco Liguori. Nell’annata seguente, il Cosenza arriva secondo in campionato, venendo promosso in Serie B per la prima volta dal 1964.
Seguono due ottime annate (nella prima il Cosenza sfiora anche la promozione), mentre Michele Padovano conquista sempre più spazio in rosa. Nel 1989/1990 ha la sua consacrazione, diventando il miglior marcatore della squadra con 10 reti. Passa così al Pisa, neopromosso in Serie A e con Mircea Lucescu in panchina, in cui giocano anche Alessandro Calori e la coppia argentina composta da José Chamot e Diego Simeone. Padovano deve fare coppia d’attacco con il giovane in prestito dal Napoli Marco Ferrante, e la stagione sarà positiva per entrambi, a livello realizzativo, andando tutti e due in doppia cifra. Purtroppo, però, i toscani non riescono a evitare la retrocessione.
Michele Padovano aveva però dimostrato di essere un giocatore al livello della massima competizione italiana, e a 25 anni era arrivato il momento del salto di qualità. Fu così che arrivò al Napoli, da un po’ di anni una delle società più forti in Italia, ma in quel momento al centro di una rivoluzione. Il presidente Ferlaino aveva ceduto Maradona, la stella della squadra, e aveva anche rinunciato al dirigente Luciano Moggi e sostituito il tecnico Bigon con l’emergente Claudio Ranieri. L’ossatura della squadra, però, era rimasta (Ferrara, Galli, Alemao, Careca, Mauro), era arrivato Laurent Blanc in difesa, e là davanti Gianfranco Zola era un punto fermo.
Padovano avrebbe dovuto giocarsela come attaccante con Andrea Silenzi, che aveva fatto molto bene alla Reggiana, e ovviamente col veterano Careca. La sua stagione non sarà affatto male, grazie alle 7 reti segnate, e il Napoli raggiungerà il quarto posto. Ma per il torinese, tra i partenopei, c’è poco spazio, soprattutto considerando che Ferlaino vuole aggiungere al reparto offensivo Fonseca del Cagliari. A quel punto, deciso ormai a restare in Serie A, l’attaccante andò a proporsi alla sua squadra del cuore: “Mi presentai negli uffici prima di Borsano e poi di Goveani dicendo: “Sono tifoso granata, mi fate giocare nel Toro?”. Mi dissero “Sì, grande!”. In realtà non chiamarono mai né il mio procuratore Beppe Bonetto né il sottoscritto”.
Michele Padovano calciatore: alla conquista della Serie A
Si trasferì allora al Genoa, che avendo ceduto ‘Pato’ Aguilera (peraltro proprio al Torino) aveva bisogno di un nuovo partner d’attacco per Tomas Skuhravy. Un’eredità pesante, che comunque Padovano seppe gestire discretamente, chiudendo la stagione – non certo esaltante per i liguri, tredicesimi alla fine – con 9 gol realizzati in totale.
L’anno seguente passò alla Reggiana, appena arrivata in Serie A ma con a disposizione una squadra di tutto rispetto, con Claudio Taffarel, Luigi Sartor e, soprattutto, Paulo Futre. Reggio Emilia sarà il luogo della svolta nella carriera di Michele Padovano, perché è qui che dimostra di essere davvero un attaccante efficace e continuo nel rendimento. Soprattutto dopo il grave infortunio che mette fuorigioco Futre per gran parte della stagione, la punta piemontese si impone come un leader in campo, e con le due 10 reti porta la Reggiana alla salvezza.
Torna momentaneamente al Genoa, dove però non trova spazio, e a novembre la strada di Reggio Emilia si apre nuovamente. Stavolta però la stagione è più complicata (nonostante importanti innesti: Francesco Antonioli, Sunday Oliseh, Igor Simutenkov, Rui Aguas) e le 7 reti in 19 partite di Padovano non bastano a portare gli emiliani a un’altra salvezza. Ma il torinese non è una punta da lasciare scendere in Serie B: ha quasi 29 anni, ma è almeno da cinque che segna nella massima serie, ovunque vada.
Michele Padovano alla Juventus: un eroe dimenticato
E allora è il momento di tornare in Piemonte, nove anni dopo l’addio all’Asti. La Juventus decide di prenderlo come bomber di scorta, il giocatore ideale per capitalizzare le poche presenze in campo e far rifiatare ogni tanto i titolari di Marcello Lippi. La Juve ha chiamato il toscano dal Napoli l’anno prima, e ha subito conquistato scudetto e Coppa Italia, facendo una finale di Coppa UEFA. Le ambizioni per il nuovo corso bianconero sono molto alte, e la società è disposta a sostenerle tramite investimenti mirati, anche se all’inizio discussi.
In estate partono infatti sia Roberto Baggio, in rotta con Lippi, sia Jurgen Kohler, mentre tra i nuovi arrivati spicca soprattutto il terzetto doriano Vladimir Jugovic, Attilio Lombardo e Pietro Vierchowod. L’ossatura della rosa resta dunque immutata, e Padovano ha la fortuna di ritrovare Ciro Ferrara, che aveva conosciuto ai tempi del Napoli. E soprattutto pare ben consapevole di essere un comprimario: “Il mio primo traguardo è quello di farmi trovare pronto, quando Lippi avrà bisogno di me; so di avere davanti attaccanti fortissimi e che hanno disputato una stagione eccezionale ed è giusto che partano titolari”.
Alla Juventus Michele Padovano è stato 7 miliardi di lire, non proprio poco per una riserva, ma presto dimostra di valerli tutti. Quando serve, gioca; e quando gioca, segna. “Questa situazione non mi penalizza, anzi mi fornisce una motivazione in più” dice, al suo arrivo in squadra. Le cose migliori, contro ogni aspettativa, le fa in Champions League, competizione che non aveva mai disputato prima. Quando, contro il Borussia Dortmund dell’ex Kohler, mancano Vialli e Ravanelli squalificati, Padovano gioca e fa il gol del momentaneo 1-1, prima che Del Piero e Conte timbrino la vittoria bianconera.
E poi c’è quel gol storico ai quarti, che elimina a sorpresa il Real Madrid. In un’intervista, subito dopo l’incontro, il torinese la descrive come “la serata della mia vita”: non ha ancora idea di cosa abbia in serbo il destino per lui. Al turno seguente, in semifinale, la Juventus elimina il Nantes e va in finale con l’Ajax campione in carica. Segna Ravanelli, poi pareggia Litmanen. Nel secondo tempo, ‘Penna Bianca’ esce e cede il posto proprio a Michele Padovano, ma il risultato non cambia, e si va ai rigori.
L’ex Reggiana deve tirare il terzo, prima di Jugovic, Del Piero e pure Vialli: una bella responsabilità. Ma Michele Padovano – non lo abbiamo ancora detto – è uno specialista dei rigori: in Serie A non ne ha mai sbagliato uno. Infatti tira e batte Van der Saar. Poi sbaglia Silooy e Jugovic chiude il conto: la Juventus è campione d’Europa per la seconda volta nella sua storia.
L’annata successiva si preannuncia complicata, perché Vialli e Ravanelli se ne vanno in Inghilterra, ma in compenso arrivano Amoruso, Boksic, Vieri e, soprattutto Zidane. Padovano però è duro a morire, e vive un’annata addirittura migliore: pur giocando meno delle altre quattro punte bianconere, riesce comunque a totalizzare ben 11 gol. E la squadra di Lippi mette in bacheca scudetto, Supercoppa europea e Coppa Intercontinentale. In totale, Michele Padovano alla Juventus ha segnato 18 gol in 59 partite, nell’arco di due stagioni.
Michele Padovano dopo la Juventus
Due stagioni in bianconero che saranno l’apice della sua carriera. Nell’estate del 1997 il club ingaggia Fonseca e Filippo Inzaghi, ed è ovvio che per Padovano lo spazio sarà ancora più limitato. Così Attilio Lombardo, appena ingaggiato dal Crystal Palace, lo invita a seguirlo in Premier League.
L’esperienza inglese sarà decisamente avara di emozioni. Michele Padovano gioca poco e segna ancora meno, non riuscendo ad adattarsi all’ambiente inglese. Ma ormai è a fine carriera, e ne vuole approfittare per girare un po’ l’Europa. Così nel 1999 passa al Metz, in Francia, dove sta emergendo un giovane Louis Saha, e dà un piccolo contributo all’11° posto finale dei granata. Nel 2000/2001 torna in Italia, giocando in Serie C nel Como di Preziosi, con Loris Dominissini in panchina. Due reti appena, prima del ritiro, che sono però il suo timbro sulla promozione in Serie B dei lombardi.
Michele Padovano oggi: i problemi con la giustizia
Attaccante “proletario” della Serie A degli anni Novanta, Michele Padovano si è ritirato nell’estate del 2001, decidendo però di restare nel mondo del calcio in qualità di direttore sportivo. Ha iniziato a svolgere questo ruolo nel 2002 alla Reggiana, nel frattempo scesa in Serie C1, per poi passare finalmente al suo Torino nel 2005, ma solo durante la difficile parentesi della presidenza Giovannone, fino al passaggio di proprietà nelle mani di Urbano Cairo.
Nel febbraio 2006, Padovano è divenuto direttore sportivo dell’Alessandria, in Serie D, ma dopo pochi mesi l’esperienza si interrompe per problemi giudiziari dell’ex attaccante. La polizia lo arresta, su mandato della Procura di Torino, accusandolo di fare parte di un’organizzazione dedita al traffico di hashish in città. Padovano sarebbe, secondo i pm, il finanziatore della stessa organizzazione, ma l’ex calciatore si professa innocente: “Ho solo prestato 40mila euro a un amico d’infanzia, che sarà stato pure un delinquente ma resta un amico. Mi aveva detto che gli servivano per un debito”.
Un processo lungo, che gli rende impossibile anche proseguire il lavoro come dirigente sportivo: nel 2010, pochi mesi dopo essere stato assunto come consulente di mercato dalla Pro Patria, in Lega Pro, rassegna infatti le dimissioni. Inizialmente era stato condannato in primo grado a 8 anni e 8 mesi di prigione, poi ridotti in appello a 6 anni e 8 mesi, di cui 12 passati effettivamente in regime di detenzione, tra carcere e arresti domiciliari. Ma nel gennaio 2021 la Cassazione ha annullato le precedenti sentenze e disposto un nuovo processo, per cui Michele Padovano oggi è ancora sotto processo in attesa di sapere che ne sarà del suo futuro.