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Mondiali ciclismo, chi può battere Pogacar? A Zurigo corsa per scalatori, l'Italia punta su Tiberi e Ciccone

Il mondiale di Zurigo si chiude domenica con la prova maschile: Pogacar logico favorito, con Evenepoel e Van der Poel a caccia del bis. E poi Hirschi, Skjelmose, Pidcock e Roglic.

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

C’è qualcuno che può battere Tadej Pogacar? La domanda sorge spontanea, quasi scontata pensando a quello che il mondiale di Zurigo potrà raccontare domani, con i corridori pronti a immergersi in un percorso di 274 chilometri con oltre 4.500 metri di dislivello. Che peraltro ha qualcosa da invidiare a quello che nel 2025 porterà il mondo del pedale a scoprire il continente africano, con il primo mondiale della storia disputato in Ruanda (l’hanno presentato due giorni fa: oltre 5.000 metri di dislivello, praticamente il più duro di sempre dal 1966 ad oggi). Insomma, Pogacar favorito, domani e (probabilmente) anche il prossimo anno. E buona fortuna a chi dovrà provare a inventarsi qualcosa, pur di impedirgli di vestire la maglia iridata.

Il magico 2024 attende solo una ciliegina

Tadej ha vissuto un 2024 praticamente perfetto, vincendo 22 gare su 54 giorni di corsa. Ha conquistato il Giro d’Italia e il Tour de France, ha vinto la Strade Bianche, il Giro di Catalogna, la Liegi-Bastogne-Liegi e pure il GP di Montreal, prova generale in vista del mondiale. E punterà a far suo anche Il Lombardia, magari mettendoci dentro prima il Giro dell’Emilia.

Insomma, dovesse vincere anche a Zurigo, probabilmente completerebbe l’annata migliore di sempre, peraltro diventando soltanto il terzo corridore nella storia a vincere Giro, Tour e mondiale nello stesso anno, come Merckx nel 1974 e Roche nel 1987. S’è preparato a puntino per la corsa in terra elvetica, tanto da costringere due pezzi da novanta come Primoz Roglic e Matej Mohoric a presentarsi nelle vesti di gregari.

Un percorso perfetto: “So dove poter attaccare”

“Il percorso mi si addice e sono pronto a tutto per vestire la maglia iridata, che per me ha un valore davvero speciale. Un anno fa la strada era meno in salita, stavolta potrà esaltare le mie caratteristiche e ho individuato più di un punto dove poter attaccare. Un mondiale però sfugge spesso a ogni logica: non avremo le radioline in corsa, e questo è un fattore di cui tener conto. Però si, somiglia a una classica monumento, anche se nella sostanza sarà tutto diverso, anche perché si corre in un circuito”.

Lo sloveno non crede a una volata ristretta, “penso che qualcuno uscirà dal gruppo, magari anche partendo da lontano. Il terreno per farlo c’è, basta solo avere le gambe”. E sui rivali più pericolosi, pochi dubbi: Evenepoel e van der Poel. Il primo ha dimostrato nella crono di star bene, il secondo mi dicono che abbia perso qualche chilo e sarà con i migliori all’ultimo giro, ne sono certo”.

I rivali di Tadej: Hirschi profeta in patria?

Quelli del Nord, insomma, sembrano gli unici rivali credibili di Pogacar. Sono peraltro i due vincitori recenti del mondiale: Remco nel 2022 a Wollongong vinse con un gran numero ma su un percorso meno esigente, MVDP lo scorso a Glasgow fece altrettanto. Per loro la vera missione sarà togliersi di ruota Tadej: arrivare a uno sprint con lui sarebbe troppo rischio, sebbene forse a van der Poel la cosa non dispiacerebbe più di tanto.

Il Belgio ha come seconda carta Maxim Van Gils o Tim Wellens, l’Olanda l’eterno Bauke Mollema o Wilco Kelderman. La Slovenia, come detto, ha Roglic e Mohoric: Primoz, senzaTadej, potrebbe sognare ad occhi aperti, ma ha fatto capire di essere venuto a Zurigo per aiutare il connazionale (a crono peraltro ha dimostrato di non essere proprio al top: lui pensa a Giro dell’Emilia e Lombardia).

La Danimarca confida in Mattias Skjelmose e Jacob Fulgsang (più difficile per Mads Pedersen resistere ai tanti strappi), la Gran Bretagna su Thomas Pidcock, la Francia su Romain Bardet e il sempreverde Julian Alahilippe, uno che di mondiali se ne intende (fece doppietta nel 2020-2021). Ma soprattutto occhio allo svizzero Marc Hirschi, che sulle strade di casa sogna il colpaccio al pari dell’australiano Ben O’Connor, uscito forte dalla Vuelta.

Italia a due punte: Ciccone e Tiberi senza assilli

E poi ci sono gli italiani. A secco di maglie iridate dal 2008, dalla rasoiata di Ballan a Varese. Stavolta il CT Bennati se la gioca con due scalatori che sulla carta qualcosa avrebbero anche da dire: Giulio Ciccone, maglia a pois al Tour 2023, non ha vissuto una grande annata ma potrebbe rifarsi con gli interessi, mentre Antonio Tiberi è forse il vero capitano della spedizione, rinfrancato dal successo al Giro del Lussemburgo dopo che alla Vuelta s’era ritirato quando era ancora in classifica per un colpo di calore.

Con loro ci saranno Bagioli, Cattaneo, Rota, UIissi, Zambanini e Zana. Un’Italia che potrà sfruttare i “marcamenti” altrui, tentando il colpaccio: portare Ciccone e Tiberi davanti all’ultimo giro è quello che gli azzurri proveranno a fare, poi dipenderà tutto dalle gambe (proprie e degli altri). Magari come fatto da Elisa Longo Borghini, bronzo nella prova elite donne vinta dalla Kopecki in una volata ristretta a 6 sulla Dygert.

Il percorso: due strappi per fare il vuoto

La prova elite maschile, ultima del programma di Zurigo 2024, sarà lunga 274 km, con un circuito da ripetere 7 volte. Due gli strappi più impegnativi: lo Zurichbergstrasse, 1.100 metri all’8% di media e punte al 15%, e il Wikiton, che misure 2.300 metri al 6% (punta massima al 9%). Poi la strada andrà avanti a scendere e salire fino al traguardo, ma è probabile che alla fine la differenza la faranno i due strappi.

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