Rebecca Cheptegei è morta a causa di una aggressione vile e violenta. L’atleta ugandese di 33 anni è stata bruciata viva dall’ex compagno nel corso di una discussione pare per una vicenda legata alla proprietà del terreno su cui aveva costruito la propria casa.
La BBC, a distanza di giorni dal decesso della maratoneta, ha annunciato anche la morte dell’autore di questo gesto inaccettabile, ricoverato anch’egli in terapia intensiva per le ustioni che ricoprivano il 30% del suo corpo. Dickson Ndiema è deceduto a distanza di più di una settimana dall’imboscata che aveva teso all’ex compagna che, nonostante le cure immediate e il ricovero, non ha superato quell’attacco fatale.
- Morto anche l'aggressore di Rebecca Cheptegei
- L'aggressione a Rebecca Cheptegei con la benzina
- Attacco vile e violento
- Le condizioni e le comunicazioni ufficiali
- La carriera della maratoneta
- Strage continua: i precedenti allarmanti
Morto anche l’aggressore di Rebecca Cheptegei
Gli amministratori locali hanno affermato che i due erano in conflitto per un piccolo appezzamento di terra nel Kenya nordoccidentale, che sarebbe all’origine delle tensioni tra i due. Domenica della scorsa settimana, il folle assalto di Ndiema a Rebecca, di ritorno dalla chiesa.
Rebecca Cheptegei è morta dopo giorni di lotta, malgrado le sue condizioni fossero parse molto gravi per via delle ustioni presenti sul 75% del corpo. L’attentatore, invece, le è sopravvissuto qualche giorno ed è spirato lunedì sera nel reparto di terapia intensiva dove era stato ricoverato con ustioni su oltre il 30%.
L’aggressione a Rebecca Cheptegei con la benzina
Rebecca Cheptegei è mancata, quindi, a pochi giorni dall’essere stata cosparsa di benzina e data alle fiamme dal suo ex fidanzato, affermano le autorità ugandesi citate e riportate da BBC.
Le autorità del Kenya nordoccidentale, dove Cheptegei si era trasferita dall’Uganda e dove si allenava, hanno dichiarato che dalla ricostruzione effettuata l’atleta fosse stata vittima di una sorta di imboscata al rientro dalla chiesa.
Sulla tragica morte di Rebecca è in corso un’indagine da parte della polizia, anche se sembra certa che all’origine del conflitto vi fosse una questione legata alla proprietà di un terreno.
Attacco vile e violento
Secondo quanto riferito nell’immediato dal sito Africanews, Rebecca Cheptegei, arrivata al 44° posto alle recenti Olimpiadi di Parigi, era stata aggredita nella sua casa nella contea occidentale di Trans Nzoia dove aveva deciso di trasferirsi per allenarsi adeguatamente.
Quando iniziò ad appassionarsi all’atletica, nel 2008, si arruolò nelle Forze di difesa popolare dell’Uganda e raggiunse il grado di sergente. La sua carriera sportiva ha incluso la partecipazione alle Olimpiadi di Parigi di quest’anno. Sebbene sia arrivata 44a nella maratona, la gente della sua zona la chiamava “campionessa” memore dei successi pregressi.
Viveva a Chepkum, un villaggio in Kenya a circa 25 km (15 miglia) dal confine con l’Uganda, in una zona rurale la cui principale attività economica è l’agricoltura.
Gli abitanti si prendono cura anche del bestiame ed è comune vedere mucche, capre e pecore pascolare fuori dalle case. L’area più ampia, denominata contea di Trans Nzoia, è nota per essere il più grande produttore di mais del Kenya, ingrediente principale dell’alimentazione di base del Paese.
Le condizioni e le comunicazioni ufficiali
“La coppia è stata sentita litigare fuori casa. Durante la lite, il fidanzato è stato visto versare un liquido sulla donna prima di bruciarla”, aveva detto il capo della polizia locale Jeremiah ole Kosiom, citato dai media locali e dalla stessa BBC, subito dopo l’accaduto.
“Questo è stato un atto codardo e insensato che ha portato alla perdita di una grande atleta. La sua eredità continuerà a durare”, ha detto il capo del comitato olimpico dell’Uganda Donald Rukare su X.
Parlando con i giornalisti, all’inizio della settimana il padre di Rebecca, Joseph Cheptegei, ha dichiarato di aver pregato “affinché vi fosse giustizia per mia figlia”, aggiungendo di non aver mai assistito a un atto così disumano in vita sua. La mamma l’ha ricordata con parole affettuose.
I media locali hanno pubblicato anche la drammatica testimonianza di una delle due figlie di Cheptegei – riportata dal Daily Mail – che ha riferito i suoi tentativi disperati di salvare in qualche modo la madre in balia delle fiamme:
“Lui mi ha preso a calci mentre cercavo di correre in soccorso di mia madre. Ho gridato subito aiuto, attirando l’attenzione di un vicino che ha provato a spegnere le fiamme con l’acqua, ma non è stato possibile”, la terribile cronaca di quei minuti vissuti da una ragazzina inerme, colpita a sua volta dall’aggressore.
La carriera della maratoneta
La passione peer l’atletica le aveva fatto scoprire la maratona: la scelta di trasferirsi in Kenya per avvicinarsi alle strutture più adatte e crescere ancora come sportiva era stata dettata da questa visione.
Cheptegei si è classificato 44° nella maratona alle recenti Olimpiadi di Parigi e aveva vinto anche l’oro ai Campionati mondiali di corsa in montagna e trail running a Chiang Mai, in Thailandia, nel 2022, a evidenziare il suo talento. La dedizione che i suoi cari, suo padre ricordano. Tocca a lui chiedere giustizia per Rebecca, oggi.
Strage continua: i precedenti allarmanti
La morte dell’ex compagno riaccende l’attenzione sui gravi episodi di violenza che stanno attraversando lo sport come emerge dal messaggio della Federazione e del suo presidente. Nel 2023, il corridore olimpico e siepista ugandese Benjamin Kiplagat è stato trovato morto con ferite da taglio. L’anno precedente, l’atleta keniota del Bahrein Damaris Muthee è stata trovata morta vittima, stando al rapporto post-mortem dei medici legali, di strangolamento.
Oggi la conferma della morte dell’aggressore di Rebecca, l‘ultima vittima di questa spirale di violenza inaudita che sta affliggendo il mondo dello sport.