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Nazionale, il grande gesto di Francesco Acerbi con i bambini malati

L'episodio è accaduto durante la visita degli Azzurri all'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.

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Nazionale, il grande gesto di Francesco Acerbi con i bambini malati Fonte: 123RF

Durante la visita di alcuni giocatori della Nazionale all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, Francesco Acerbi si è reso protagonista di un gesto molto nobile. La visita degli Azzurri, infatti, si era prolungata più del previsto e il centrale della Lazio, che in passato ha sconfitto il tumore, è stato sollecitato dall’organizzazione: “Dobbiamo andare, è tardi. Sono già tutti sulle navette”.

Come riportato su Twitter da Alessandro Iapino, responsabile Ufficio Stampa e Coordinamento Editoriale presso l’Ospedale il giocatore ha replicato: “Non mi importa, possono anche andare via. Mi prendo un taxi, io non vado via finché non ho finito”.

Acerbi, una volta terminato il tour, si sarebbe anche reso disponibile all’esterno della struttura ospedaliera per selfie e autografi con gli altri pazienti.

In un’intervista al Corriere della Sera l’ex Sassuolo ha raccontato di come la malattia gli abbia stravolto la vita: “Al Milan mi sentivo invincibile, libero di fare casini e andare in giro per locali a bere tanto alcol. Anche se poi sul campo andavo lo stesso forte, il fisico mi ha aiutato e la fortuna è stata dalla mia parte”. Quindi, il cancro: “Avevo da poco finito la mia esperienza al Milan, nel 2013. Una normale visita di controllo da parte dei medici. Hanno trovato un nodulo a un testicolo, sono stato operato immediatamente. Che non fossi un invincibile l’avevo capito già al Milan, se non fai una vita da atleta a quei livelli si paga il conto“.

Il male lo ha fatto riflettere su se stesso: “Può sembrare strano, ma che nella vita volessi fare davvero il calciatore l’ho capito dopo la malattia. Per molti anni ho dato tutto grazie alle doti che mi ha regalato la natura. Giocavo ma forse la passione l’avevo perduta. Mi è ritornata. Mia mamma, la migliore delle madri, mi coccolava eccessivamente, mi faceva andare in bestia. Avevo bisogno di qualcuno che mi invitasse a vedere la tv, a fare la spesa. Insomma, che non mi facesse sentire malato. Mio fratello è stato fondamentale“.

“I dottori mi avevano detto che dopo l’operazione tutto si sarebbe risolto. Non fu così. Dopo altri controlli mi dissero che con il tumore non si sa mai, si può espandere. Meglio fare la chemio. La feci. Ero preoccupato per i miei familiari, non per me stesso. Facevo una vita normale: corsa, cyclette e divertimento la sera. Ho pensato: così si sconfigge il male. Ero sicuro di guarire“.

“Prego due volte al giorno. Al mattino e alla sera. Però non è che sia diventato santo. Di casini ne combino ancora. Ma rispetto a prima ora so chi sono. Distinguo il bene dal male. So di chi posso fidarmi. E ho allontanato le persone che considero negative”.

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