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NBA Finals, Boston Celtics campioni 2024! Gara 5 non ha storia, Brown MVP e Tatum finalmente decisivo

Il TD Garden può finalmente esplodere: 18 anni dopo, i Celtics sono nuovamente campioni NBA: Brown MVP, Tatum 31 punti, Dallas cede senza attenuanti

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Finisce come tutti (più o meno) avevano previsto: con la festa del TD Garden, quella festa attesa 18 anni, quella che regala al popolo di Boston il titolo più desiderato dopo tante (troppe) delusioni. Gara 5 non ha storia: i Celtics battono 106-88 i Dallas Mavericks e mettono le mani sul 18esimo titolo della loro storia, staccando i Lakers di un anello e tornando a guidare la speciale classifica delle franchigie più vincenti di sempre. Jaylen Brown vince meritatamente il titolo di MVP delle Finals, anche se nella gara che chiude i conti il grande protagonista è Jayson Tatum, che con 31 punti rispedisce al mittente ogni velleità di rimonta di Doncic e compagni.

Gran finale Celtics: Pritchard, eroe (non) per caso

Boston si presentava alle Finals come la squadra da battere e ha mantenuto le attese. Lo ha fatto sbandando soltanto in gara 4, ma dimostrando di aver imparato la lezione. Perché il quinto atto della serie è sostanzialmente senza storia: partenza forte in difesa, attacco pungente al punto giusto, parziali devastanti per stroncare qualsiasi velleità avversaria.

La prima vera svolta, dopo una manciata di minuti nei quali le difese (specie quella Celtics) la fanno da padrone, arriva in chiusura di primo quarto: 9-0 di parziale finalizzato soprattutto dalle due triple di Hauser spedisce Boston avanti in doppia cifra, con Doncic e Irving che fanno una fatica immane a trovare la via del canestro e il TD Garden che letteralmente esplode. Si intuisce fin troppo bene quale sarà il finale della serie: Tatum per la prima volta riesce davvero a rendersi immarcabile, trovando speso e volentieri il modo per penetrare nel pitturato e muovere la retina.

Il secondo quarto ricalca fedelmente il primo: Dallas ha un sussulto quando trova un 8-2 di parziale col quale prova a riaccendersi (in campo c’è anche Porzingis, visibilmente claudicante e sofferente), ma ancora una volta è il finale a tradire i Mavs: le triple di Brown, White e quella da dietro metà campo di Pritchard sulla sirena dell’intervallo (era entrato da tre secondi…) spediscono i Celtics a +21 e di fatto chiudono la contesa.

Una vittoria di squadra. Horford, veterano felice (e vincente)

Nel secondo tempo t’aspetti la reazione dei Mavs, ma sono ancora due triple ben costruire da Boston a sparigliare le carte. Sul +26 (dopo le bombe di Horford e White) si capisce fin troppo bene che la questione è bella che sigillata: Doncic e Irving faticano a trovare ritmo, benché le maglie della difesa dei verdi comincino un po’ ad allargarsi. Tatum però è sempre produttivo e il vantaggio rimane saldamente sopra i 15 punti di vantaggio. Kidd tiene dentro i titolari fino a 2’ dalla fine, poi c’è spazio solo per la grande festa del popolo del Massachusetts, che non vedeva l’ora di esplodere dopo anni di sogni e speranze dissolte sul più bello.

Brown, al netto di una gara 5 un po’ sbiadita (21 punti ma con 7/21 dal campo), si prende con merito il titolo di MVP, condiviso con Tatum (per sua stessa volontà). Holiday ancora una volta è decisivo tanto in attacco (15 punti) quanto in difesa, tenendo tutti i Mavs a percentuali offensive basse, rimpinguate soltanto nell’ultimo quarto d’ora quando ormai i buoi erano scappati dalla stalla. Pritchard, dentro una manciata di secondi appena, è il classico eroe destinato a passare alla storia. Derrick White è preziosissimo e immola persino un dente dopo un contatto fortuito con annessa caduta a terra con Lively II.

Ma la storia l’ha fatta per davvero Mazzulla: Boston chiude la stagione con 80 vittorie su 101 partite e con la sensazione (mostrata durante tutta l’annata) di avere quella profondità e quella consapevolezza dei propri mezzi che altrove sapevano di non avere. Alla fine però il più felice è Al Horford: dopo 186 partite di play-off, finalmente il veterano trova il modo per mettersi un anello al dito, impreziosendo una carriera da onesto gregario in giro per l’America.

Dallas non poteva stare al passo di questi Celtics

Dallas deve leccarsi le ferite, consapevole che l’assalto all’anello non è imploso nella quinta e decisiva gara della serie, quanto piuttosto nel trittico iniziale che l’ha portata a ritrovarsi sotto 3-0 (per la 156esima volta nessuna squadra riesce a rimontare da una simile situazione di svantaggio). Doncic alla lunga ha pagato dazio alla stanchezza, alla difesa aggressiva di Brown e alla scarsa collaborazione dei compagni, che tolta gara 4 non l’hanno mai assecondato a dovere. Anche Irving, beccato dal suo ex pubblico, s’è acceso a tratti, e specie in gara 5 ha pasticciato tanto e concluso poco (5/16 dal campo).

Dallas non aveva la forza per stare con questi Celtics per 7 gare e l’ha dimostrato, anche se la base dalla quale potrà ripartire è abbastanza solida. Doncic non riesce a emulare Nowitzki, ma sa che potrà avere altre chance in futuro per prendersi un pezzetto di NBA e ricalcare le orme dell’altro fuoriclasse dei Balcani, quel Nikola Jokic che adesso sarà in qualche ippodromo sparso per l’Europa a godersi le corse dei suoi amati cavalli. Alla fine ha prevalso la logica: Boston campione NBA con merito, ma tra quattro mesi sarà già tempo di tornare sul parquet. E chissà con quante novità…

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