Cosa serve, cosa manca, che possibilità ha Alex Schwazer di presentarsi alle Olimpiadi del 2024? Sul volo per Rio de Janeiro, nell’estate del 2016, Alex Schwazer era salito con tutti e due i piedi. Ma una volta giunto in Brasile venne messo in un limbo, aspettando che la politica applicata al mondo dell’atletica decidesse se farlo correre o meno.
Fu una lunga agonia, consumata a pochi giorni a ridosso di una competizione che avrebbe dovuto rilanciarlo dopo lo scandalo doping esploso alla vigilia di Londra 2012: l’attesa si rivelò vana, e sull’aereo che l’avrebbe riportato in Italia il corridore altoatesino salì con la consapevolezza di aver perso una battaglia contro un nemico “invisibile”, ma anche invincibile.
- La squalifica di 8 anni
- Il 7 luglio 2024 sarà troppo tardi
- La famosa provetta della discordia
- Le vere intenzioni dell'atletica
La squalifica di 8 anni
Nella testa di Schwazer, quei giorni brasiliani hanno rappresentato la fine delle ostilità: da allora si è sempre allenato, cullando il proposito di vedere ridotta la squalifica di 8 anni inflitta da World Athletics (e confermata dal TAS di Losanna nel maggio del 2020) per provare a sentirsi atleta almeno per un altro giorno ancora.
Allenamenti a volte anche duri, fatti più per la voglia di sentirsi in forma che non per puntare a qualche obiettivo concreto agonistico. E una volta che la docuserie Netflix ha riacceso i riflettori sul suo caso (un successo tutt’altro che annunciato di pubblico e critica), a qualcuno è cominciata a balenare l’idea di vederlo in gara a Parigi, dal momento che la squalifica terminerà giusto un paio di settimane prima del via dei giochi, cioè il 7 luglio 2024.
Il 7 luglio 2024 sarà troppo tardi
Messa così, la suggestione potrebbe anche non rimanere tale. La verità però racconta ancora una volta un percorso tortuoso e (apparentemente) senza sbocchi: il 7 luglio 2024 sarà troppo tardi per pensare di ottenere il tempo minimo per partecipare alla gara olimpica, poiché World Athletics ha fissato al 30 giugno 2024 il termine ultimo per poter guadagnare la carta olimpica.
A voler essere maligni si fa peccato, ma c’è qualcosa di “oscuro” in questa vicenda: la squalifica di Schwazer è stata fatta coincidere con il risultato delle controanalisi (appunto 7 luglio 2016) anziché con la data del prelievo del campione (13 maggio dello stesso anno) o della comunicazione della presunta positività (21 giugno 2016).
La famosa provetta della discordia
Si tratta, è bene ricordarlo, della famosa provetta che l’atleta ha accusato essere stata manipolata, tesi peraltro sostenuta anche dal Tribunale di Bolzano che ha assolto Schwazer da ogni accusa penale.
Quello slittamento di alcune settimane, oltre a precludergli la possibilità di imbastire una strategia di difesa più accurata e convincente in ottica Rio 2016 (visto l’esito della vicenda, a poco sarebbe servita), nella sostanza gli preclude oggi anche la possibilità di tentare di partecipare ai giochi parigini.
L’apertura del Cedu
Pubblicamente Schwazer non ha mai dichiarato di voler prendere parte alle prossime Olimpiadi. L’idea però di un’ultima gara prima di annunciare il definitivo ritiro dalle scene è ricorrente: in tanti, specie dopo aver visto la docuserie Netflix, vorrebbero assistere un ultimo grande ballo del campione olimpico di Pechino 2008.
E Parigi 2024 sarebbe il proscenio ideale per chiudere il cerchio, perché no, magari anche con una medaglia (non sono mancate, anche negli ultimi anni, testimonianze di persone che raccontano di aver visto allenarsi l’altoatesino sui tempi dei migliori al mondo).
Per poter far si che ciò accada, però, una mano dovrà arrivare giocoforza dalla politica: se il Ministro per lo Sport Andrea Abodi chiedesse di riaprire il fascicolo dedicato alla vicenda Schwazer, allora a Losanna non potrebbero restare impassibili, poiché un pronunciamento recente della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (riferito a Caster Semenya) sembra ricalcare con le dovute proporzioni il caso dell’atleta italiano.
Che già nel maggio del 2022 presentò ricorso a questo istituto, attraverso il lavoro dei legali degli studi Saccucci&Partners e Brandstaetter, ponendo l’accento su due questioni di cui è rimasto vittima: una riguarda l’articolo 8 con la violazione del diritto alla vita privata e familiare, avvenuta in seguito all’impossibilità di svolgere l’attività sportiva (eredità della decisione di non voler far riaprire il caso).
L’altra afferisce con l’articolo 6, che prevede il diritto a un nuovo processo, negato da World Athletics (e poi dal TAS di Losanna) sulla base di argomentazione non legali, del tutto interpretative.
Le vere intenzioni dell’atletica
Se uno Stato membro UE dovesse chiedere la riapertura di un fascicolo (ciò che potrebbe fare ufficialmente Abodi), è ben chiaro a tutti come le possibilità che ciò accada aumenterebbero a dismisura.
Ed è questa la sola prospettiva per sperare di vedere Schwazer a Parigi: un’eventuale sconto rispetto agli 8 anni di squalifica (di cui 7 già scontati) aiuterebbe a rimuovere buona parte degli ostacoli.
Poi bisognerebbe capire se davvero questa sia l’intenzione dell’atleta, che ha disputato l’ultima gara in carriera l’8 maggio 2016 a Roma, trionfando nella 50 km di marcia a squadre.