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Parigi 2024, l'ennesimo forfait dopo Khachanov, Rublev e Sabalenka si aggiunge Ons Jabeur

Le Olimpiadi di Parigi 2024 si avvicinano e il tennis perde un'altra protagonista della scena internazionale dopo la decisioni dei tennisti russi e bielorussi, compresa Aryna Sabalenka

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Elisabetta D'Onofrio

Elisabetta D'Onofrio

Giornalista e content creator

Giornalista professionista dal 2007, scrive per curiosità personale e necessità: soprattutto di calcio, di sport e dei suoi protagonisti, concedendosi innocenti evasioni nell'ambito della creazione di format. Un tempo ala destra, oggi si sente a suo agio nel ruolo di libero. Cura una classifica riservata dei migliori 5 calciatori di sempre.

L’avvicinamento a Parigi 2024 è segnato anche dalla constatazione (amara, di certo e in modo inevitabile anche di riflessione) della decisione di non prendere parte ai prossimi Giochi Olimpici da parte di alcuni dei protagonisti indiscussi del tennis mondiale.

Ieri sera si è aggiunta, dopo un folto elenco che ha destato legittimi interrogativi, anche la tennista tunisina Ons Jabeur, la quale ha dato l’annuncio attraverso i propri canali social.

I no di Rublev, Khachanov e Samsonova

Procediamo con ordine. Ons Jabeur, tennista tunisina numero 10 del ranking WTA con un passato glorioso anche in termini di classifica, è una sportiva simbolo del mondo arabo per la qualità intrinseca a questa atleta e per la sua volontà, ferma, di imporsi all’attenzione internazionale.

Un crescendo che avrebbe avuto nelle Olimpiadi parigine il proprio naturale apice sportivo, e non per ovvie e retoriche considerazioni che potrebbero derivare dal contesto, ma per il percorso concreto edificato dagli esordi, nel 2017, e quel che si è andata consolidando in anni di progressiva e determinante emancipazione. La stessa campionessa, premiata come donna araba dell’anno nel 2020, ha tenuto a voler essere “una ispirazione” e a lottare per i propri diritti. Da sportiva e anche da donna.

Invece dovrà rinunciare, per via delle condizioni del suo ginocchio che non può rischiare da qui alla conclusione della stagione.

“Dopo un consulto con il mio team medico riguardante le Olimpiadi di Parigi abbiamo deciso che il veloce cambiamento di superficie potrebbe causare dei problemi al mio ginocchio e mettere a repentaglio il resto della stagione”, si legge nel suo annuncio social.

Nulla da obiettare, nulla da osservare se non che il forfait si somma a una lista già lunga di esponenti del mondo tennistico che, però, vantano una provenienza comune. I primi a dire di no, in modo netto ai Giochi in ambito tennistico, sono stati Andrey Rublev, Karen Khachanov e Lyudmilla Samsonova.

I precedenti russi e bielorussi

Solo qualche giorno fa la decisione di non prendere parte a Parigi 2024 era stata annunciata dal presidente della Federazione Russa di tennis.

Una decisione molto discutibile, controversa anche per la tempistica della comunicazione e della ufficialità del ritiro di Aryna Sabalenka, la tigre bielorussa (nazione amica della Russia).

Il presidente aveva già replicato con valutazioni mediche e sui calendari fitti e impegnativi e la necessità di prendersi un po’ di riposo senza poter negare, d’altra parte, che il numero 6 del mondo questa settimana giocherà il torneo di Halle sia in singolare che in doppio.

Non certo una passeggiata, dato che l’erba di questi campi è da sempre propedeutica a quella di Wimbledon, Grande Slam imprescindibile per il circuito.

Il forfait di Sabalenka

L’annuncio, a poche ore dai colleghi russi, di Aryna Sabalenka, numero 3 del ranking WTA, ha aggiungo domande su domande quando i sospestti erano già stati ingrossati da simili evidenze:

“Non giocherò alle Olimpiadi anche a causa delle regole della WTA sui tornei obbligatori. Devo per forza sacrificare qualcosa. Purtroppo devo sacrificare le Olimpiadi di Parigi. In questo momento della mia carriera soprattutto con alcune difficoltà che ho avuto negli ultimi mesi devo prendermi cura della mia salute”, ha spiegato la tigre bielorussa.

Russia e Bielorussia, boicottaggio al contrario?

Il tennis è sempre stato guardato con una certa diffidenza da quando non solo i suoi protagonisti hanno rivendicato il diritto a giocare e a continuare a prendere parte al sistema tennistico, ma anche nel collaterale. Nei gesti simbolico e concreti che alcuni di loro hanno deciso di mettere in comune.

Quindi anche se nel caso di Jabeur c’è la sicura dominanza del desiderio di preservarsi, per gli altri tennisti che rinunciano così a Parigi, i timori che si possa usare anche questo evento come strumento politico è cosa assai concreta.

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