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Perché il Covid sta diventando il problema principale del Giro 2023

Con un numero crescente di positivi al Covid, questa edizione è ancora in una situazione difficile: che cosa è cambiato e che cosa è rimasto invariato

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Elisabetta D'Onofrio

Elisabetta D'Onofrio

Giornalista e content creator

Giornalista professionista dal 2007, scrive per curiosità personale e necessità: soprattutto di calcio, di sport e dei suoi protagonisti, concedendosi innocenti evasioni nell'ambito della creazione di format. Un tempo ala destra, oggi si sente a suo agio nel ruolo di libero. Cura una classifica riservata dei migliori 5 calciatori di sempre.

Quello che si appresta ad offrire la seconda, determinante settimana di corsa, è un Giro d’Italia che mai avremmo ipotizzato a tre anni dall’inizio della pandemia (e dal relativo concludersi della stessa, dietro annuncio dell’Organizzione Mondiale della Sanità). Un’edizione decisa ora, più di allora, proprio dal Covid.

Giro: il ritiro della Maglia Rosa Evenepoel

A vestire la maglia rosa è Geraint Thomas e non perché se la sia guadagnata in sella alla sua bici, in questa sequenza incredibile di Italia ma per via della positività riscontrata dal tampone di Evenepoel, il belga che aveva il miglior tempo, anche grazie alla vittoria delle due cronometro e che è risultato positivo. Non il solo, certo. Ganna, Pozzovivo, anche Ciccone (che non è riuscito a iscriversi) e altri corridori che ad oggi sono in un numero addirittura superiore all’edizione 2020, quando si corse dopo il lockdown.

Ad ora, mentre scriviamo il numero dei ritiri ammonta a 16 corridori, 16 potenziali protagonisti del Giro 2023, con arrivo celebrativo a Roma, che non vedranno quel traguardo.

Fonte: ANSA

Thomas, Maglia Rosa con la mascherina

Il Giro del Covid

Gli interrogativi su come e perché questo sia il Giro del Covid sono più che ovvi, con simili premesse: la risposta principale è da ricercare nelle scelte che hanno fatto le varie squadre, così come le decisioni prese dall’UCI e dall’organizzazione della corsa rosa. Un’edizione che è coincisa con l’annuncio della fine della pandemia da parte dell’OMS, ma che paradossalemnte si misura con un numero crescente di positivi e dei protocolli che sono stati stilati e timbrati in antecedenza alla decisione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Oltre a Ganna e alla Maglia Rosa Evenepoel, altri ciclisti hanno abbandonato il Giro per Covid e problemi gastrointestinali, bronchiti e altri malanni.

Si è aperto il dibattito, soprattutto all’indomani dell’addio di Evenepoel, nel giorno di riposo, sulla gestione dei casi e su chi, poi, ha pubblicamente dichiarato la propria positività, senza però rinunciare.

Il record di positivi al Giro 2023

16 casi di positività in soli 10 giorni sono un dato su cui soffermarsi, e non solo per l’impatto sulla corsa a tappe, che ha perso dei protagonisti: i protocolli e l’auto regolamentazione dei team è la via corretta? E perché sono nel ciclismo ci sono ancora certe regole legate ai tamponi e al loro ricorso a fine frazione?

Al contrario di quanto avviene in altre discipline, nel Giro è rimasto fermo il tamponare a inizio tappa e a conclusione di ciascuna frazione, nonché ogni qualvolta un corridore manifesti dei sintomi.

Fonte: ANSA

Pedersen con la mascherina

I protocolli e le misure di controllo

Ricapitolando, dal 1° maggio 2023 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha derubricato il Covid da pandemia a epidemia, di fatto abolendo qualsiasi protocollo da imporre anche a manifestazioni sportive, lasciando ai singoli la libertà di scegliere se e quali misure adottare.

Come si traduce nell’applicazione una decisione simile? L’organizzazione ha lasciato libertà d’azione ai singoli Team iscritti sul controllo dei propri ciclisti. Ma dopo il ritiro del belga Remco Evenpoel, l’organizzazione ha deciso di ripristinare come misura di sicurezza, la mascherina nelle zone comuni, in partenza e al traguardo dove si viene a stretto contatto con i ciclisti.

Una decisione che il prof. Matteo Bassetti, ordinario dell’università di Genova e Direttore Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino, ha deciso di valutare e sulla quale si è espresso sui suoi canali social:

Le decisioni competono al team di appartenenza

Solo il team però è chiamato a decidere se un ciclista debba partecipare o meno e presentarsi al via: è il team di appartenenza che decide il da farsi e la scelta è quella di fermare i positivi.

Le squadre presenti al Giro prevedono, nei loro protocolli interni, test periodici a tappeto sui corridori per verificare la presenza o meno di casi di positività al Covid, a prescindere dai sintomi. In pratica ogni squadra testa periodicamente tutti gli atleti, ma non ha obblighi di nessun tipo, nemmeno relativi alla comunicazione: è lo staff sanitario della squadra che decide in autonomia come e quando fare i test e se fermare i corridori che dovessero risultare positivi, come successo.

Quando si arriva a una comunicazione di questo tipo la valutazione è puramente sanitaria: il medico del team studia e valuta lo stato di salute del paziente/corridore e ha motivi di ritenere che, anche se il corridore positivo è asintomatico, sottoporlo a un impegno fisico così logorante possa essere logorante, se non una fatica eccessiva o un sovraccarico superfluo.

Bystrom positivo che non si ritira

Un caso esemplare, alla luce di ciò, è stato quello di Sven Erik Bystrom, corridore dell’Intermarché-Circus Wanty, che ha ammesso di essere risultato positivo nei giorni scorsi e di avere avuto anche alcuni sintomi ma che ciò non gli ha impedito di proseguire.

Con le nuove disposizioni dell’OMS e dell’UCI, chi è positivo non è obbligato ad andare a casa e la squadra può valutare, o meno, di comunicarlo alla direzione di corsa.

Perché il Covid sta diventando il problema principale del Giro 2023 Fonte: ANSA

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