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Plusvalenze, la Juventus trema con altri club: Napoli salvo, i rischi

La Procura federale ha chiesto la revoca della sentenza di assoluzione nei confronti del club bianconero sul fronte plusvalenze: le nuove prove emerse coinvolgono altri club, la gamma di sanzioni previste

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Che gli ultimi giorni del 2022 sarebbero stati delicati per la Juventus lo si era capito fin dai momenti successivi al primo scossone subito dall’ambiente bianconero, lo scorso 30 novembre, ovvero le dimissioni in blocco dei componenti del Consiglio di Amministrazione, travolti dagli sviluppi dell’inchiesta Prisma e in particolare dalle accuse di falso in bilancio e manipolazione del mercato.

Juventus, guai senza fine: il processo plusvalenze rischia la riapertura

Dopo l’azzeramento del CdA, infatti, nonostante le nomine immediate da parte di John Elkann di un nuovo presidente, Gianluca Ferrero, e di un nuovo amministratore delegato, Maurizio Scanavino, il cosiddetto “governo tecnico” chiamato a gestire le delicate settimane di trapasso verso l’insediamento del nuovo Consiglio fissato per il 18 gennaio, l’attesa era tutta per la vigilia di Natale, termine ultimo per l’indicazione dei futuri consiglieri, ma anche per il 23 dicembre, scadenza dei termini per l’eventuale richiesta da parte della Procura federale di riapertura del processo per le presunte plusvalenze fittizie.

Proprio da questo fronte, sulla carta il meno preoccupante rispetto a quello legato alle possibili conseguenze delle “manovre stipendi” è allora arrivata una doccia fredda per la Juventus, che alla vigilia della scadenza dei termini ha incassato proprio la richiesta di revocazione parziale della doppia sentenza di assoluzione sul fronte sportivo pronunciata nei mesi scorsi nei confronti del club bianconero e degli altri deferiti, per insussistenza di illecito disciplinare.

Plusvalenze Juve, il “libro nero” può inguaiare altri club: Napoli in salvo

Dopo aver passato attentamente sotto la propria lente di ingrandimento i contenuti dei 15 faldoni inviati dai pm torinesi che indagano sui conti della Juventus, la Procura ha ritenuto ci fossero gli estremi per chiedere di rifare il processo sportivo, dopo che lo scorso 27 maggio la Corte federale d’appello aveva rigettato il reclamo della stessa Procura contro l’assoluzione in primo e secondo grado, rilevando “l’impossibilità di avere un metodo certo per definire il valore reale di un giocatore”.

Decisivo il contenuto dell’articolo 63 del codice di giustizia sportiva, ovvero il riscontro di nuove prove, in termine tecnico “ulteriori e nuove condotte disciplinarmente rilevanti”, riscontrate dagli uomini del procuratore federale Giuseppe Chinè nelle valutazioni dei pm torinesi, l’aggiunto Marco Gianoglio e i pm Mario Bendoni e Ciro Santoriello. Sul tema plusvalenze, secondo la Procura, ci sarebbero addirittura documenti tali da far pensare a riscontri “di carattere confessorio”.

Il riferimento è in primo luogo al cosiddetto “libro nero di FP”, ovvero le iniziali dell’ex direttore sportivo della Juventus Fabio Paratici, il cui comportamento sarebbe stato stigmatizzato in alcune intercettazioni telefoniche dal suo successore Federico Cherubini, ma anche a intercettazioni ambientali, comunicazioni informatiche e documenti scritti a mano che, secondo la Procura “dimostrano l’esistenza di un sistema, di una organizzazione, di una programmazione di budget di compravendita di calciatori effettuate non per motivi tecnici ma per ragioni esclusivamente collegate all’esigenza di conseguire, mediante artifizi, determinate risultanze economico-finanziarie”.

A differenza delle “manovra stipendi”, tuttavia, il fronte plusvalenze contempla il coinvolgimento potenziale di altre società, ovvero quelle che hanno fatto affari con i bianconeri nel periodo preso in esame. Negli atti, in particolare, si parla di “partnership con società terze e opacità nei rapporti”, facendo riferimento a Sampdoria ed Empoli, già coinvolte nella prima indagine, ma anche ad Atalanta, Sassuolo, Udinese, Pescara, Pisa, Parma, Genoa, Pro Vercelli e Novara. Esclusi dalla lista il Chievo, fallito, e il Napoli, che non ha avuto rapporti con la Juventus e che era già stato giudicato sul fronte plusvalenze nell’affare con il Lille che portò in azzurro Victor Osimhen.

Caso plusvalenze, cosa rischiano la Juve e le altre società coinvolte

La prassi prevede che entro trenta giorni la Corte federale d’appello dovrà fissare l’udienza nel corso della quale la Procura potrà chiedere nuove sanzioni nei confronti della Juve e delle altre otto società.

La Juve ha risposto con una nota nella tarda serata di giovedì 22 dicembre: “La società – si legge – potrà articolare le proprie difese nei termini previsti dal codice, confidando di poter ulteriormente dimostrare la correttezza del proprio operato, l’assenza di elementi nuovi sopravvenuti rilevanti per il giudizio rispetto alla decisione della Corte federale di appello e la carenza dei presupposti dell’impugnazione proposta”.

Già, ma quali sanzioni? La giurisprudenza sportiva è di base contraria alle revocazioni delle sentenze, così a fare la differenza dovrà essere la portata delle nuove prove di cui ritiene di essere in possesso la Procura. Secondo quella di Torino la Juventus avrebbe sovrastimato le plusvalenze per un totale di 155 milioni tra il 2018-’19 e il 2020-’21, tuttavia la gamma di sanzioni non dovrebbe discostarsi troppo da quelle chieste nel precedente processo, ovvero ammende e deferimenti per i dirigenti. Solo nell’eventualità, piuttosto remota, che dalle nuove prove suggerissero alterazioni di bilancio determinanti per permettere l’iscrizione al campionato si potrebbe arrivare alla richiesta di punti di penalizzazione o retrocessione per i club coinvolti.

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