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Ranieri all'Italia, Conte e Gasp alla Juve, Fabregas all'Inter: quanti no. Solo da Inzaghi un sì: all'Al-Hilal

Cronache di inizio estate del domino delle panchine: crolla il fascino della tradizione di Juve, Inter e Nazionale. Gli allenatori scelgono stabilità e progetti sol(i)di

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L’estate è appena iniziata e sembra aver già dato il suo primo verdetto: le big tradizionali e la Nazionale hanno perso la forza d’attrazione. O semplicemente gli allenatori hanno capito che squadre del genere ci mettono pochissimo a trasformarsi in un tritacarne. Thiago Motta ne è il massimo esempio, da allenatore con il futuro assicurato nell’Olimpo del calcio a scarto e seconda opzione di tutti nel giro di pochi mesi. Probabilmente è stato il suo “sacrificio” a convincere diversi suoi colleghi a non scegliere panchine per le quali fino a qualche anno fa avrebbero fatto carte false pur di prendersele.

Juve, la reazione dopo il rifiuto dei due “bianconeri doc” Conte e Gasperini

Partiamo proprio dalla situazione della Juventus. Il progetto Giuntoli-Thiago Motta è completamente fallito. L’italo-brasiliano è stato esonerato a marzo e Giuntoli è stato messo alla porta poche settimane fa. La Juve riparte da Comolli, da un direttore sportivo e un direttore tecnico che devono essere ancora scelti, e soprattutto da Igor Tudor. Uno che la Juventus la ama sopra ogni altra cosa: si è fatto dieci ore di macchina per arrivare a notte fonda Torino per firmare il contratto. In passato, in situazioni instabili come quella della Juventus fino a pochissimi giorni fa (non che ora sia molto migliorata), Tudor ci ha messo pochissimo a salutare e andarsene, ma la Juve per lui è diversa.

Eppure, non bastava per il responsabile dell’area sportiva Cristiano Giuntoli, che già da mesi, da molto prima che la stagione finisse, si era attivato sul fronte Conte. Quando ai microfoni diceva che avrebbe dovuto parlare con Tudor dopo il Mondiale per Club con l’intenzione di proseguire, nel frattempo seduceva l’ex Antonio, che a Napoli era ai ferri corti con De Laurentiis. Era tutto fatto per il ritorno a Torino, eppure, uno juventino doc come lui, anche se gran parte dei tifosi bianconeri gli hanno tolto questo titolo dopo l’ultimo “tradimento”, ha deciso di rimanere con i campioni d’Italia. Magia di De Laurentiis o paura della minestra riscaldata? Non è dato saperlo.

Fatto sta che la Juventus, rimasta profondamente scioccata dal rifiuto del figliol prodigo, si è tuffata all’ultimo minuto su Gasperini, un altro che con i bianconeri è legato a doppio filo. Non ha mai nascosto la sua passione per la Juve e bramava quella panchina da tempo, ma non è mai arrivata. Fino a una presunta chiamata di Comolli, quando ancora la sua entrata nell’organigramma non era stata ufficializzata, che però non ha scaldato l’allenatore che aveva già dato la sua parola alla Roma. L’ennesimo due di picche e la scelta “obbligata” di Igor Tudor.

Fabregas, il muro del Como e la soluzione dell’Inter

Molto simile la situazione che ha passato l’Inter. Tutto ovviamente nasce con l’addio di Simone Inzaghi: l’unico sì del domino delle panchine in Serie A l’ha detto lui, ma per andarsene dall’Italia. Dopo l’umiliante sconfitta in finale di Champions League, l’ex Lazio ha riflettuto, ha deciso e ha fatto i bagagli salutando l’Inter con una lettera commovente. Ha scelto l’Arabia Saudita, più precisamente l’Al-Hilal del suo pupillo Milinkovic-Savic. Una scelta che magari per la carriera che ci si aspettava da lui può far storcere il naso, ma biasimarlo è impossibile: il treno dei petrodollari spesso passa una volta sola e Inzaghi l’ha preso al volo, accettando comunque l’offerta di una delle squadre più competitive del Medio Oriente e dell’Asia.

Dunque, l’Inter si ritrova senza allenatore dopo un ciclo fruttuoso, ma che avrebbe potuto portare molto di più. Da mesi si diceva che, se fosse andato via Inzaghi, la prima scelta sarebbe stata Cesc Fabregas. E così è stato: Beppe Marotta ci ha provato in tutti i modi, nonostante poche settimane prima il Como avesse blindato l’allenatore dopo il tentativo del Bayer Leverkusen per affidargli il post Xabi Alonso.

Stavolta l’offerta dell’Inter era decisamente più allettante e i nerazzurri le hanno provate tutte con blitz a Londra e mediazioni varie. La risposta del Como è stata anche molto dura con un comunicato ufficiale per legare Fabregas alla panchina dei comaschi, di cui è anche azionista. Nulla da fare, l’ennesimo no per una big. Dunque, la scelta è ricaduta su uno degli eroi del Triplete, Chivu, che nell’ultima stagione ha raccolto il Parma in corsa trascinandolo alla salvezza. Ora però il palcoscenico è profondamente diverso.

Ranieri-Italia, il rifiuto da gran signore

L’ultimo no alla tradizione, in ordine cronologico, è quello di Claudio Ranieri. Vista la persona e il personaggio, è il più semplice da spiegare: da una parte l’amore smisurato e incondizionato per la “sua” Roma, dall’altra la mancata volontà a carriera ultra-finita (non per i risultati, ma per la sua voglia) di fare da parafulmine per il presidente della Figc Gravina. L’ha già fatto con i Friedkin ed è andata bene, ma per la legge dei grandi numeri non può essere sempre così.

Come al solito, Sir Claudio è stato un grande signore, rifiutando con eleganza. D’altronde da mesi aveva preso un impegno con la proprietà della Roma da senior advisor, giocando un ruolo fondamentale nel convincimento di Gasperini. Lasciare tutto a poche settimane dall’inizio del suo nuovo lavoro sarebbe stato troppo. Tirando le somme, è evidente come gli allenatori non vogliano più essere le vittime sacrificali delle proprietà. Finalmente al centro delle scelte si mettono i progetti e le visioni, e non solo il blasone e gli scatti di carriera personali.

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