C’è ancora qualcosa da limare, ma la stagione sul rosso di Flavio Cobolli rimane comunque da ricordare. Col trionfo di Amburgo destinato ad essere tramandato ai posteri, anche se per ora Sascha Zverev s’è mostrato essere di una pasta diversa, specialmente quello ammirato sul Philippe Chatrier in un sabato pomeriggio nel quale la risposta del tedesco alla roboante vittoria di Sinner su Lehecka non s’è fatta attendere. Con Cobolli che pure qualche buon rimpianto se l’è portato a casa.
- Differenza evidente al servizio: Flavio costretto alla resa
- Non è tutto da buttare, ma c'è un gradino da scalare
- La primavera di Cobolli è stata una bella stagione
Differenza evidente al servizio: Flavio costretto alla resa
Ci sarà da lavorare soprattutto sul servizio, la chiave che più di altre è servita a spiegare perché contro il numero 3 del mondo il romano non sia riuscito a restare in partita per più di tre set. E se il primo è scivolato via soprattutto per merito di Zverev, che ha servito l’86% di prime in campo, dal secondo in poi sono state proprio le percentuali con la prima (e spesso anche con la seconda) a mettersi di traverso tra i propositi di rimonta di Flavio e la realtà delle cose.
Alla fine, numeri complessivi abbastanza impietosi: 53% di punti con la prima e 50% con la seconda per Cobolli, 68% con la prima e 60% con la seconda per Zverev, che soprattutto ha messo in campo il 78% di prime palle rispetto al 56% dell’italiano (e nel computo bisogna inserire anche 8 ace a zero, altro confronto impari).
Il tutto, va specificato, con un servizio spedito a una velocità media inferiore di 30 km/h rispetto a quella del tedesco tanto con la prima, quanto con la seconda. Un confronto senza attenuanti che pure fa capire bene quale dovrà essere il focus sul quale Cobolli dovrà lavorare in futuro per avvicinarsi ai migliori al mondo.
Non è tutto da buttare, ma c’è un gradino da scalare
Che il romano abbia i numeri per stare al passo con i big è fuori discussione, ma la continuità resta un tallone d’Achille sul quale ci sarà tanto da lavorare. La dipartita dal Roland Garros, insomma, offre numerosi spunti di riflessione, uniti alla consapevolezza che contro questo Zverev ci fosse poco da fare, benché i 4 break realizzati dall’italiano (su 14 opportunità avute: 9 i break subiti, sempre su 14 palle concesse) dimostrino che qualche crepa nel piano partita di Sascha si sia notata strada facendo.
Zverev è stato letale quando s’è presentata l’occasione: ha trovato il break nel gioco d’apertura per poi trovarne un altro nel quinto gioco (38’ totale e un 6-2 mai in discussione: 14 prime palle su 16 servite in campo!), ma soprattutto è stato bravo a risalire in avvio di secondo set, quando Cobolli ha trovato il primo break di giornata (subito replicato).
L’occasione per rimettersi in parità il romano l’ha avuta anche sul 4-2, pagando dazio a un nuovo passaggio a vuoto per l’immediato contro break. Al tiebreak è un dritto uscito di poco a condannare Flavio, che fino a quel momento era perfettamente attaccato al rivale. Quell’errore peserà nella testa dell’italiano, che nel terzo set lotta, ma senza la lucidità per riaprire i giochi.
La primavera di Cobolli è stata una bella stagione
La stagione sul rosso di Cobolli si chiude con 22 partite disputate, di cui 15 vinte e 7 perse (non considerando le due partite del Challenger di Torino fanno 14 vittorie e 6 sconfitte). La percentuale di vittorie è sensibilmente migliorata rispetto a quella ottenuta in carriera, salita dal 60% al 68%.
Forse però l’investitura più bella l’ha ricevuta proprio pensando alle parole che Zverev gli ha rivolto nel saluto di fine partita: “Stai facendo tante cose belle quest’anno e tante altre ne farai”. Un complimento non da poco, che testimonia quanto sia reale la crescita di un giocatore che s’è ritrovato sul rosso dopo una prima parte di 2025 incostante e complicata.
Da lunedì, intanto, Cobolli salirà per la prima volta alla numero 25 del mondo, avanzando di un altro gradino dopo la 26 conquistata a seguito del trionfo di Amburgo. Sull’erba non avrà molti punti da difendere, e tantomeno granché da perdere: pensare di avanzare ancora è tutto, fuorché utopia.