Meglio di così, Jannik Sinner non avrebbe proprio potuto inaugurare la sua campagna di Wimbledon. I numeri, tanto per cominciare: due comode vittorie nelle prime due uscite, con un solo break subito sulle 7 palle concesse (e 12 conquistati sulle 23 palle break procurate), appena 14 game lasciati agli avversari e percentuali di servizio decisamente al di sopra dell’80% (scende di poco quella del punti vinti con la prima di servizio, sale addirittura all’89% quella con la seconda).
A dare uno sguardo al tabellone la sensazione è che stavolta quella barriera (psicologica?) insormontabile del quarto di finale potrebbe finire per essere abbattuta. Il percorso dopotutto lascia aperta più di una porta, e in quel pertugio l’altoatesino sa di doverci mettere il naso, una volta per tutte.
Tralasciando le polemiche futili (perché mai debba diventare un problema presentarsi in campo con una borsa firmata Gucci? Davvero la cosa interessa a qualcuno?) e concentrandosi solo sul proprio gioco. Che sin qui ha pagato dividendi, e che di questo passo potrebbe continuare a farlo anche in seguito.
- La barriera (psicologica) dei quarti di finale
- Il pericolo degli ottavi: Taylor Fritz
- Vincere Wimbledon non è impossibile
- L'insegnamento che arriva da Alcaraz
La barriera (psicologica) dei quarti di finale
Cerundolo e Schwartzman sono onesti mestieranti sulla terra, non certo giocatori in grado di impensierire più di tanto Sinner sull’erba. Solo “El Peque” ha provato a scalfire qualche certezza del giovane allievo di Vagnozzi portandolo a un passo dal tiebreak nel primo set, salvo poi consegnarsi senza appello nel 12esimo gioco del parziale, perso a zero sul proprio servizio (da lì in poi il computo dei game avrebbe raccontato 12-3 per Jannik).
Difficile che possano fare tanto meglio Aleksandr Vukic o Quentin Halys, coloro che nella giornata di giovedì si affronteranno nel mare magnum dei tanti match posticipati per pioggia nelle 48 ore precedenti per garantirsi un posto nel programma del terzo turno proprio contro l’italiano: Vukic come miglior risultato sull’erba ha un ottavo di finale conquistato Eastborune due settimane fa (ko. in due set con Kecmanovic), e lo stesso dicasi di Halys, che pure l’ha ottenuto la scorsa estate a Newport.
Ostacoli apparentemente morbidi, benché la prudenza in questi casi non è mai troppa. Ma il Sinner visto nelle prime due uscite appare oggettivamente di caratura assai superiore.
Il pericolo degli ottavi: Taylor Fritz
Come logica vuole le difficoltà potrebbero andare aumentando con l’arrivo della seconda settimana: negli ottavi il pericolo maggiore fa rima con Taylor Fritz, che sull’erba ha vinto due volte a Eastbourne (2019 e 2022), ma che quest’anno ha faticato a ritrovare i colpi migliori, tanto che il suo ruolino di marcia alla vigilia della sfida di secondo turno con Ymer recita 3 vittorie e altrettante sconfitte.
Nei quarti però le cose potrebbero nuovamente capovolgersi: in quella che da sempre ha rappresentato la barriera invalicabile oltre la quale Sinner non è mai riuscito ad andare oltre nei tornei dello slam, l’incrocio che va delineandosi potrebbe risultare assai più agevole pensando a una possibile sfida con Casper Ruud (forte sulla terra, decisamente abbordabile sull’erba) o Denis Shapovalov, altro giocatore non particolarmente avvezzo alla superficie.
A quel punto, sognando di avanzare fino alla semifinale, è chiaro che arriverebbero i grossi calibri: Novak Djokovic è il rivale suggerito dalla “logica”, a meno che uno tra Rublev e Musetti non faccia il colpaccio tra ottavi e quarti di finale.
Vincere Wimbledon non è impossibile
La pressione fa parte del gioco, ma Jannik ha lasciato intendere di sentirsi libero e tranquillo. È il primo a sapere che il tabellone gli ha offerto una possibilità notevole di poter avanzare almeno fino alla semifinale, ma questo non gli fa perdere concentrazione e tantomeno equilibrio.
Parte tutto da me, dalla mia testa. Sento di avere le armi per potermela battere con tutti su qualsiasi superficie, a volte riesco a gestire bene le cose, altre volte meno. So di essere nella condizione di poter andare lontano in questo torneo, sono venuto a Wimbledon proprio per cercare di fare quanta più strada, ma preferisco pensare a un ostacolo alla volta, senza andare troppo in là col pensiero. Alla fine vedremo dove riuscirò ad arrivare. So per certo che pochissimi giocatori sono in grado di battere Djokovic su questa superficie, ma io penso di essere uno di quei pochi. E l’esperienza maturata lo scorso anno (sconfitta al quinto set nei quarti di finale) potrà tornarmi assai utile.
L’insegnamento che arriva da Alcaraz
La fiducia di Sinner è figlia anche di una maggiore consapevolezza dei propri mezzi: detto del servizio, colpo che è certamente migliorato nel corso degli ultimi tempi, nelle prime due gare londinesi si è notata la capacità di variare gioco con maggiore frequenza, alternando slice ad accelerazioni di dritto che hanno sorpreso gli avversari.
Non so dire se l’erba sia la mia superficie preferita, ma di sicuro mi piace giocarci. Devo però imparare a variare meglio i colpi: Alcaraz in questo è davvero unico, e per questo credo sia ancora un passo più avanti rispetto a me.
Darsi appuntamento in finale per vedere quanto è vero non sarebbe mica una brutta cosa.