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Atp Cincinnati, Djokovic onora Alcaraz e si prende l’Ohio. Nole sa che Carlos sarà leggenda

In finale la spunta il serbo in rimonta, 2-1 (5-7, 7-6, 7-6) ma Carlito così dentro la partita non lo vedevamo da un pezzo. Il bilancio degli scontri diretti si pareggia: due vittorie a testa

Pubblicato:

Auden Bavaro

Auden Bavaro

Giornalista

Lo sporco lavoro del coordinamento: qualcuno lo deve pur fare. Eppure, quando ha modo di pigiare le dita sulla tastiera, restituisce storie e racconti di sport che valgono il biglietto

Altre tre ore e cinquanta a celebrare nell’eternità la fenomenologia del tennis che conta: Novak Djokovic e Carlos Alcaraz hanno ossequiato l’Ohio, Cincinnati, se stessi e l’un altro vicendevolmente: finale da bacheca sempiterna, la spunta Nole in rimonta, per 2 set a 1 (5-7, 7-6, 7-6) ma Carlito così dentro la partita, così devastante e tanto splendido non lo vedevamo da un pezzo.

Si dirà per difetto di fantasia che il passaggio del testimone può aspettare, e un po’ lo dico anche io. Ma non è questo il focus: punto 1, Carlito renderà sempiterna gratitudine a Nole per queste lezioni non dovute che gli serviranno per diventare il più grande di tutti.

Punto 2, Novak pareggia i conti delle sfide dirette: ora ne hanno vinte due a testa. Il serbo sa che, prima di salutare per sempre, questa statistica va tenuta bilanciata perché la leggenda di Carlos – e che leggenda, lo capiremo nel tempo – non dovrà bastare a scalfire la sua.

Che gli dici a un 36enne così?

Che gli dici a un 36enne che ha messo in bacheca 23 Slam e, con la vittoria di Cincinnati, 95 tornei senza nessuna voglia di abdicare? Gli si piazza di fronte un ragazzino terribile, a Novak Djokovic, uno che pure gli somiglia da morire: nessuno è più simile a Nole di Carlos Alcaraz, che pare la nemesi del serbo.

Lo paragonano a Rafa Nadal, invece Carlito s’è abbeverato da lui: da Djoko. Ne ricorda movenze e caratteristiche, sembra Rocky – lo sfidante – quando in un tugurio di casa aveva messo la foto di Apollo Creed – il campione – nell’angolo di uno specchio per tenerlo sempre davanti agli occhi.

Quanto Carlos somiglia a Nole

La maniera in cui Alcaraz si muove nel rettangolo, il modo nel quale sta imparando – ogni giorno di più – a rispondere ai turni di servizio, l’incisività di un diritto che quando lo libera bene diventa insostenibile. La ferocia che gli cominci a leggere negli occhi, che sono occhi più aperti di quelli di Nole ma, ubicati in una cornice adonica come il fisico dello spagnolo, rimpiccioliscono un po’.

Il numero uno e il numero due si passano 16 anni: sono differenze che non si misurano in dettagli e in minuzie ma in epoche e generazioni.

La Next Gen che fronteggia l’ultimo dei Fab Four, uno contro l’altro in un passaggio del testimone che ancora non ha fatto da una mano all’altra. Alcaraz tira ma Djoko non molla: la staffetta, però, comincia a non essere solo virtuale, futuribile perché il presente dice già altro.

Alcaraz dovrà dirgli grazie per sempre

Per esempio: è solo un bene, per Carlos, trovarsi ancora davanti a un Nole in splendida forma. Tolto lui, il circuito non gli mette a disposizione nessun altro per misurarsi davvero. Può anche perderla, Alcaraz, qualche partita ma la certezza è sempre la stessa: la perde lui, non la vincono gli altri.

Invece Djoko no: resta un testa a testa in cui il serbo ha ancora cartucce più efficaci del baby fenomeno. Tradotto: Carlos così in palla non lo avevamo visto in nessuna partita di questo Cincinnati. In nessuna di Toronto.

Ecco quanto gli serve avere ancora Nole: lo esalta, lo motiva, gli restituisce gli stimoli che, da tutti gli altri, non arrivano preventivamente. Quando Alcaraz gioca col resto del mondo, sa che dipende soprattutto da lui.

Quando dall’altra parte della rete c’è Novak, invece, no: dipende anche dall’altro. Ecco perché, prima della finale dell’Ohio, l’ultima volta che avevamo visto Carlito girare così bene è stato a Wimbledon. E, entrando più a fondo nel torneo londinese, la partita più bella l’aveva messa a referto in finale, proprio contro Nole.

Uno contro l’altro: bilancio pari

Quattro volte uno contro l’altro, la prima in assoluto sul cemento: la finale di Cincinnati è stato il quarto scontro diretto. Comandava il murciano con due successi a uno, ora s’è ristabilita la parità.

La prima sfida di questa nuova grande rivalità si tenne l’anno scorso nella semifinale del Master 1000 di Madrid. In quel caso a trionfare fu proprio l’attuale n°1 del mondo al termine di un match combattutissimo, durato tre set (6-7 7-5 7-6) e ben 3h34’, che di fatto lanciò Carlitos verso la conquista del suo secondo big title.

Al Roland Garros ha vinto Djoko

Il secondo confronto, vinto da Nole, si è tenuto qualche mese fa in semifinale al Roland Garros ed è stato fin qui l’unico a non essere andato alla distanza. Dopo i primi due set, durati 2h10’ e terminati 6-3 5-7, il classe 2003, a causa della tensione, è stato vittima di crampi che non gli hanno permesso di giocare al meglio il resto del match, riuscendo a conquistare appena due game nei successivi due parziali (6-3 5-7 6-1 6-1 il risultato finale).

Carlito si supera a Wimbledon

Il terzo, e più recente, è stata l’unica finale disputata tra i due prima di quella di oggi e anche l’incontro con il risultato più sorprendente. Gli attuali 1 e 2 della classifica mondiale si sono trovati di fronte nella finale del 2023 di Wimbledon, da anni fortino di Novak che non perdeva ai Championships dal 2017 e sul campo centrale addirittura dalla finale del 2013. Carlos, al contrario, veniva considerato ancora alle prime armi con quella che è la superficie più difficile da riuscire a gestire. Nonostante queste premesse. Alcaraz è riuscito a imporsi in cinque set, dopo aver perso il primo 6-1 in poco più di mezz’ora. Il match terminerà con il risultato di 1-6 7-6(6) 6-1 3-6 6-4 dopo 4h42’.

Set 1: Alcaraz rasenta la perfezione

Infine l’Ohio. 20 agosto, stasera. Le 23.40 italiane: comincia tutto con il turno di servizio di Nole che testa lo spagnolo: 15-15 poi il serbo si invola, lo lascia lì a capire a quanti millimetri di qua dalla riga sia finito quel lungo linea. Poi Carlos si spegne in rete.

La risposta di Carlos è scientifica, maliziosa: va via col servizio che entra bene, vuole indurlo all’errore, ci riesce. Djoko finisce lungo, Carlos scatena il dritto. 1-1 il computo dei game. Nole di servizio, Alcaraz sfora col dritto e col rovescio. 2-1 Nole.

Il 2-2 del murciano arriva al termine di uno scambio in cui Novak si sfalda col rovescio lungo, poi Djoko si prende il 3-2 di servizio e il 4-2 di break al gioco 6: quattro palle per provare la fuga. Dura 3’, il tempo che Carlito sistemi dritto e rovescio e riporta a casa il gioco perso.

Per refertare il 4-4 serve anche meno. Combattuti i giochi 9 e 10 che entrambi conservano, all’undicesimo Carlos si costruisce tre palle break: la terza è quella vincente, Djoko a rete di dritto. 6-5 per il numero 1 che chiude il set col gioco 12: serve senza commettere errori e tanto gli basta per sfondare. Carlito quasi perfetto.

Set 2: il capolavoro di Djoko

Al terzo gioco, quando Nole perde di nuovo il servizio anche nel secondo set, s’è cominciata a decantare la lode di Carlito per meriti oggettivi. Black out del serbo: la traduzione del buio si trasla nei doppi falli consecutivi, il break di Carlos è un’induzione.

Fa pochissimo il murciano, che massimizza magnificamente. Che non sia l’epitaffio del serbo lo si capisci in fretta: Nole si riprende tutto con gli interessi al gioco 8 e sfonda nel corso del tie break con un 9-7 che dentro contiene anche un match ball annullato al murciano. Un’ora e dieci minuti per ribadire l’evidenza. Mettete via le parole di commiato, non è ancora il momento.

Set 3, la promessa tacita

Il terzo set è una promessa tacita: se la fanno vicendevolmente. È come vedere Mick Jagger over 80 che si dimena tra i palchi di mezzo mondo. Ti sta raccontando che quel palco è la sua vita ed è lì che si consumerà tutto. Djoko la mette anche sull’orgoglio.

Carlos prova a stargli davanti con il fisico: lo fa correre a destra e sinistra pensando di sfiancarlo. Ma Nole ha pile che non si scaricano mai: Djoko è la testa, come Nadal è stato la forza, come Federer è stato la classe assoluta. L’approccio mentale di Djoko, Carlito se lo sogna: ancora presto per fare scacco al Re, ancora troppo giovane per fare affidamento su energie e risorse che ora nemmeno può immaginare di avere.

Novak, nella storia del tennis, ha messo entrambi i piedi: lo sa benissimo che a Cincinnati, con il suo primo trionfo nel 2018, è diventato il primo, e tutt’ora unico, ad aver completato il Career Golden Master, ovvero il primo a vincere tutti i 9 master 1000. Al gioco 7 e all’8, quando strappa il servizio a Carlito e poi affonda col suo turno fino a portarsi 5-3, sembrava partita chiusa.

Invece anche Djoko ha dovuto prendere atto di chi sia Alcaraz: un presente consolidato che dentro si porta gli sfarzi di un futuro rigoglioso. Carlos è nato per frantumare tutti i record del tennis, l’ha inteso bene Nole quando il murciano gli ha bruciato quattro match point, ha controbrekkato, si è portato sul 6-6.

Il trionfo di Djoko al tie break è comunque un passaggio di consegne: il serbo s’è specchiato, nel corso del match, s’è specchiato e – dall’altra parte della rete – un po’ s’è rivisto con parecchi anni in meno e un po’ ha capito che, all’età di Alcaraz, lui quel talento non l’aveva proprio.

Quella forza mentale, quel piglio, quell’alone di indistruttibilità: li ha costruiti negli anni, Nole, e c’è voluto tempo. La resistenza è sempre prima mentale che fisica: Carlito, nonostante quel corpo da statua propenda per fargli credere il contrario, lo ha già ampiamente capito. La sua personalissima sfida con la leggenda la sta giocando proprio così, precocemente: il fisico al servizio della mente, non il contrario.

Mentre il serbo espande la gloria, il murciano cresce

Quanto certe sconfitte facciano più bene di qualche vittoria in più, Novak lo sa da una vita. Carlos in qualche modo lo percepisce, tra qualche anno lo capirà del tutto. E gli sarà chiaro per sempre quale forma di riconoscenza dovrà restituire al serbo per questi insegnamenti gratuiti e fondamentali.

Necessari e irripetibili. Sono mattoncini di proteine senza le quali la muscolatura non prenderebbe forma né sostanza. Ha vinto Djoko, nell’Ohio, ma quanto sia più importante la sconfitta di Carlos del successo di Novak è lì da vedere: mentre il serbo espande i confini di gloria, il murciano cresce. Cresce a un ritmo e a una velocità che nessuno mai prima di lui in tutto l’universo mondo del gioco con le racchette.

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