Tutti parlando di Egonu, ma c’è un altro simbolo della pallavolo azzurra al femminile che ha saputo conquistare fette di popolarità importanti, oltre che una fascia da capitana che in qualche modo ne ha certificato lo status di grande tra le grandi del volley nazionale.
Dopotutto, Myriam Sylla è veramente l’alter ego di Paola Egonu: entrambe hanno origini africane, entrambe hanno storie alle spalle di famiglie che hanno scommesso su se stesse per trovare un posto migliore dove vivere, e al contempo consentire alle giovani figlie di poter individuare con molti meno ostacoli la loro strada nella vita.
Due storie simili, ma pure diverse, anche geograficamente: se Egonu ha trovato a Cittadella, nel padovano, il suo habitat naturale, Sylla è a Palermo che ha potuto comprendere meglio il valore e il significato di un’esistenza. Città dove il papà, che era emigrato dalla Costa d’Avorio per lavorare a Bergamo assieme al fratello, decise di trasferirsi, perché al Nord faceva troppo freddo e lui desiderava tanto trovare un clima più mite. È l’inizio di una storia lunga e a volte tortuosa, ma che ancora oggi racconta la forza d’animo di una ragazza che ha saputo andare sempre oltre le barriere. Anzi, oltre il muro, parlando il linguaggio del volley.
Palermo, i “nonni”, l’infanzia
Classe 1995, Myriam è nata in Italia e a Palermo è rimasta fino a quando aveva 14 anni. Lo ha fatto perché ha trovato in Paolo e Maria, all’epoca due coniugi poco più che cinquantenni, due veri e propri nonni adottivi. La coppia fu quella che diede l’opportunità al papà Abdoulaye (che oggi vive e lavora in Lussemburgo nell’industria delle ferrovie locali) di potersi costruire un futuro appena arrivato a Palermo, offrendogli un lavoro domestico. Così poté far arrivare in Italia la moglie Salimata, scomparsa cinque anni fa lasciando un grande vuoto all’interno di tutta la famiglia.
Quando a 5 anni i genitori si trasferirono nuovamente al Nord per lavoro, decisero però di far restare Myriam a Palermo con Paolo e Maria. Per una decina d’anni la piccola Sylla divenne una palermitana doc: le passeggiate nel mercato di Ballarò, quelle serali ai Quattro Canti, oppure le giornate in spiaggia a Mondello, tra un chiosco, una pasticceria, un’edicola (che oggi non c’è più) e tanti altri luoghi dove poteva stringere amicizia con tanti suoi coetanei.
La pallavolo non era ancora entrata nel suo mondo: lo farà quando, nel 2010, raggiungerà mamma e papà a Valgreghentino, piccolo comune in provincia di Lecco. Grenta, Olginate, Amatori Orago, poi Villa Cortese: è qui che cambiano le prospettive, con tanto di esordio in prima squadra in Serie A. Bergamo non se la fa scappare: cinque stagioni impreziosite dalla vittoria in Coppa Italia del 2015-16 e dalle prime chiamate in azzurro, con l’esordio che avviene nel 2015 durante la gestione Bonitta. Nell’estate del 2018 arriva la chiamata che non si può rifiutare: Conegliano sta costruendo uno squadrone e Sylla ne diventa una delle giocatrici di riferimento, trovando anche Paola Egonu (arriverà un anno più tardi), con la quale in nazionale stringe un bellissimo rapporto di amicizia.
Sono italiana
L’accoppiata di origini africane esalta gli appassionati e “divide” chi vorrebbe una nazionale meno multietnica. Eppure Myriam si sente italiana a tutto tondo: per 10 anni viaggia però con un “passaporto verde”, una carta sulla quale c’è scritto che è nata in Italia da genitori ivoriani. Non c’è scritto però “cittadina italiana”: dovrà pazientare fino al 18esimo anno d’età, e in quegli anni nella mente di una ragazza si annidano tanti pensieri.
“Vedono dove sono nata e mi chiedono se sono siciliana. Ma non dovrei dire di essere italiana?”, si domanda ancora oggi. Avesse avuto più tempo per stare a Palermo, probabilmente avrebbe anche imparato meglio il dialetto siciliano. Le restano i luoghi, i colori e le immagini che ogni persona fotografa quando passa per le vie di una città multietnica come poche. E anche l’eterna indecisione su cosa sia meglio tra un cannolo o una granita.
Vederla vestita d’azzurro in qualche modo offre la possibilità a tutti di identificarsi in lei, che parla e pensa in italiano da sempre, e che ci mette l’anima e il cuore ogni volta che c’è una palla da difendere o da schiacciare. Vola alta sopra le critiche: a chi gli rimprovera di ricevere male (anche se adesso è migliorata) o di attaccare con poca lucidità, o a chi ritiene che la scelta della capitana debba essere fatta pensando a tanti altri fattori che esulano da un semplice ruolo in campo o (peggio ancora) dal colore della pelle.
L’amicizia con Paola
Myriam ormai di certe critiche non sa proprio cosa farsene. C’ha messo la faccia sempre, in ogni contesto: dopo il flop alle Olimpiadi, ma anche adesso che ne è arrivato un altro agli Europei. Soprattutto, la faccia l’ha messa fuori dal campo per condannare la violenza sulle donne, di cui è testimonial. E naturalmente la piaga del razzismo, che oggi i suoi occhi vedono tornare in auge, anziché andare a scemare.
Fiera delle sue origini africane, con quei colori e quell’allegria contagiosa che un po’ rispecchiano il suo modo di essere, magari appresa per davvero a Palermo negli anni di gioventù. Il rapporto speciale con Egonu si spiega anche sotto questa luce: a loro due basta poco per capirsi, e adesso che torneranno a giocare insieme all’Allianz Milano, sperando di aprire un nuovo ciclo come capitato a Conegliano, non vedono l’ora di tornare a condividere una passione che l’accomuna da sempre. Prima però c’è da staccare un pass per Parigi, e magari convincere Paola a salire sull’aereo (chissà se con o senza Mazzanti). Qualunque sarà il finale di questa storia, Myriam troverà sempre e comunque le parole giuste da dire. Proprio come fa una capitana degna di tal nome.