Passare dall’altra parte della barricata non è sempre una cosa semplice. Ma quando ti chiami Federica Pellegrini sai che non esistono grossi ostacoli: a lei tutto riesce bene, anche commentare da ex atleta (e in attesa di diventare mamma) quel che ha raccontato l’attualità dello sport italiano negli ultimi mesi.
Un pensiero autorevole per provare a capire cosa si cela dietro a tante situazioni che in un modo o nell’altro ha finito anche per dividere un po’ l’opinione pubblica, che magari da fuori fatica a comprendere le ragioni di certe scelte e di alcune vicende non così di facile lettura.
È il caso della rottura tra Paola Egonu e la nazionale femminile di volley, o anche di Sinner che rinuncia sovente alla Davis, o di Jacobs che saluta tutti e se ne va in America, pronto a sfruttare il lavoro dei coach dell’Università della Florida per tentare di difendere l’oro conquistato a Tokyo.
Insomma, Federica – nel corso di una intervista concessa alla Gazzetta dello Sport – ha avuto una parola per tutti, anche se ogni frase la pronuncia con rispetto e circospezione. Perché nessuna più di lei sa quanto peso possono avere determinate affermazioni.
- Il caso Egonu-Italia
- Velasco come Castagnetti
- A Sinner: l'appartenenza la devi sentire dentro
- Il rischio positivo di Jacobs
- A Fukuoka l’Italia ha fatto fatica ma a Parigi sarà diverso
- Gianmarco Tamberi ha salvato la baracca
- Le nazionali italiane a Parigi
Il caso Egonu-Italia
Il caso Egonu è quello più di ogni altro sulla bocca di tutti. Fede qui non casca nel tranello: spiega di voler prima parlare con Paola per capire davvero cosa l’abbia portata a rinunciare al preolimpico, se cioè sia stata una scelta sua o condivisa con la federazione.
C’è chi sostiene che Egonu debba essere aiutata nel ricoprire il ruolo di leader all’interno del gruppo azzurro. Non lo so, prima è bene che io faccia una chiacchierata con lei. Spesso le cose vengono strumentalizzate e anche in questa vicenda si fatica a comprendere dov’è che stia la verità. Io peraltro conosco le dinamiche di “gruppo”, quelle di squadra.
Velasco come Castagnetti
Ed è parlando del gruppo che matura un parallelo tra Castagnetti, una figura a lei carissima, e Julio Velasco.
Quando c’era Alberto Castagnetti commissario tecnico del nuoto ricordo perfettamente la sua cura maniacale nel coltivare bene anche ciò che succedeva al di fuori della vasca, creando un gruppo unito e coeso. Ed era soprattutto un guru riconosciuto da noi atleti. Questo è un aspetto fondamentale, sia se si faccia sport individuale o di squadra: avere un CT che abbia una presenza, un ruolo e uno status che deve essere ben compreso dagli atleti. Velasco, tanto per restare sul tema, penso che avrebbe tutte le caratteristiche per poterlo essere alla guida della nazionale femminile.
A Sinner: l’appartenenza la devi sentire dentro
Anche oggi che non nuota più da atleta, Federica rimane una guida anche “spirituale” all’interno dell’universo sportivo italiano. E sa perfettamente come calarsi nella parte a seconda dell’argomento che si trova ad affrontare. Anche quando deve provare a capire perché Jannik Sinner rinunci così a cuor leggero alla nazionale.
Quando hai tutto quel talento devi dimostrare di essere anche e soprattutto un trascinatore, per te stesso ma soprattutto per gli altri. Però è una cosa che devi sentire dentro: è una questione di appartenenza, orgoglio e responsabilità. Anche perché col tuo talento devi dare qualcosa in più alla tua nazionale.
Il rischio positivo di Jacobs
La partenza di Jacobs, destinazione America, invece ha sorpreso meno la Fede nazionale.
Anch’io a un certo punto ho cambiato allenatore, cambiando casa e città. Sono scelte difficili che non si fanno a cuor leggero, ma a volte necessarie e realizzate al fine di migliorare la propria situazione personale. Jacobs dopo Tokyo ha dovuto convivere con risultati altalenanti e tanti infortuni. Voleva cambiare e ha trovato il coraggio di farlo. Si è preso un rischio, ma un rischio “positivo”, di quelli che un atleta fa bene ad accettare.
A Fukuoka l’Italia ha fatto fatica ma a Parigi sarà diverso
Alla Pellegrini la vasca manca tanto, ma forse è lei che negli ultimi tempi ha cominciato a mancare di più alla vasca, naturalmente se riferita in chiave azzurra. Anche qui però le sue parole corrono in aiuto dei suoi eredi:
A Fukuoka l’Italia ha fatto più fatica rispetto agli ultimi appuntamenti internazionali, ma era una cosa che era stata messa in conto. E comunque i mondiali, quelli “veri”, sono stati quelli del 2022, e a febbraio dell’anno prossimo ce ne sarà un’altra edizione. Insomma, diciamo che è una situazione particolare, ma a Parigi sarà diverso.
Gianmarco Tamberi ha salvato la baracca
Discorso che però potrebbe essere allargato anche all’atletica, dove il capitano Gianmarco Tamberi ha salvato la baracca.
Fantastico, Gimbo è stato davvero eccezionale. Con i suoi salti ha dato lustro a un movimento che rispetto a Tokyo ha fatto fatica, un po’ come è successo al nuoto. Tamberi nei grandi appuntamenti si esalta e questa è l’unica cosa che conta.
Le nazionali italiane a Parigi
Tornando a Parigi 2024, l’Italia si appresta a contare quante nazionali saranno presenti, e al momento il piatto piange:
Ma è presto per allarmarsi. Più ci si avvicinerà all’evento e più le cose andranno a delinearsi. Ragiono da atleta e dico che le cose tra un po’ si sistemeranno. Magari però non comincerei con la storia dei paragoni: a Tokyo sono arrivate 40 medaglie? non parlo mai di obiettivi o di tabelle, non l’ho fatto da atleta e non lo farò certo adesso.