A corrente alternata: l’Italia di Velasco è un un interruttore che si accende e si spegne e la Serbia dimostra di essere un po’ più sul pezzo, imponendosi per 3-2 in coda a un match dai mille volti, con le azzurre che hanno sprigionato soltanto a tratti i cavalli migliori del motore. Ma il finale ha seminato più di un dubbio: Velasco ne ha di appunti sui quali lavorare.
- Il doppio cambio è la chiave: primo set azzurro
- Troppi blackout: Boskovic non perdona
- Bosetti più Egonu: Velasco ha trovato la formula vincente
- Quarto set da dimenticare, quinto anche peggio
Il doppio cambio è la chiave: primo set azzurro
Che sia davvero la prova generale in vista dei giochi lo si intuisce dalle scelte di formazione iniziali: Velasco manda in campo tutte le titolari, con Orro ed Egonu in posto 2, Danesi e Fahr al centro, Bosetti e Sylla in banda e De Gennaro libero. Lo spauracchio dall’altra parte della rete, manco a dirlo, risponde al nome di Tijana Boskovic: alla regista di Scandicci Ognjenovic il compito di innescare la fuoriclasse serba, che pure si prende subito una monster block da Sarah Fahr nel primo scambio della partita.
Un segnale benaugurante che pure l’Italia non coglie: contro parziale di 4-0 delle balcaniche e azzurre costrette a inseguire, tenute in vita però da qualche errore di troppo della formazione avversaria. La freccia la mette la solita Egonu, ma è un altro muro pesante di Bosetti su Boskovic a consegnare il massimo vantaggio alle italiane, subito però riprese (mini parziale di 3-0 serbo). È però il preludio alla fase migliore della gara: 7-0 di contro parziale segnato da tre muri uno dietro l’altro di Antropova (su Busa) e Bosetti (due addirittura su Boskovic). Piccole sbavature non fanno crollare le certezze, con Antropova che chiude i conti sul 25-21.
Troppi blackout: Boskovic non perdona
Il doppio cambio operato da Velasco (appunto dentro Cambi per Orro e Antropova per Egonu) è la chiave di volta per sparigliare le carte e mettere le serbe al gancio. Così nel secondo set l’Italia parte sulle ali dell’entusiasmo: Egonu si ripresenta con un ace e sul 9-4 le balcaniche devono parlarci su.
È quello però il momento nel quale le azzurre si smarriscono, apparentemente senza un motivo: Boskovic alza l’asticella e il 5-0 di contro parziale è la risultante di un blackout sul quale non c’è una reale spiegazione. Adesso è la Serbia a giocare sciolta: la fase break è un problema e le italiane non vengono mai a capo della soluzione, fino a quando Sylla non trova due punti a distanza ravvicinata per consentire il nuovo aggancio a quota 18. È un ace di Ognjenovic però a fare di nuovo male alle azzurre, che perdono distanze e certezze consegnandosi alla solita Boskovic, che scappa sul meritato 25-20.
Bosetti più Egonu: Velasco ha trovato la formula vincente
La continuità, questo è evidente, non è il forte delle azzurre, almeno non in questa fase della preparazione verso Parigi. Così anche il terzo parziale vive un po’ sulle montagne russe: partenza lenta di cui la Serbia però non fa tesoro, salendo sul 10-6 ma poi vedendosi rosicchiare punti di continuo. La parità la trova Lubian al servizio a quota 13, poi Egonu mette per la prima volta la freccia e da quel momento l’inerzia torna a pendere dalla parte delle azzurre, traendo giovamento anche su due ace firmati Bosetti e Danesi.
Il +3 (21-18) è un tesoretto che l’Italia dimostra di non saper gestire bene (nuova parità a 21, con Boskovic sempre ficcante), ma una monster block di Bosetti offre la prima palla set alle compagne, sfruttata dalla solita monumentale Egonu che non si impietosisce di fronte al muro piazzato delle serbe per il 25-22 finale. Allenante, e pure soddisfacente.
Quarto set da dimenticare, quinto anche peggio
Il problema è che le cose buone fatte nella parte conclusiva del terzo restano un ricordo in apertura del quarto, dove nulla funziona come dovrebbe. La Serbia fa nuovamente la lepre: stavolta non c’è modo di accorciare, anche perché tolta Egonu (che è l’unica a riportare sotto le compagne sul 7-9) non c’è nulla che dia la sensazione di voler andar bene. Velasco ferma due volte il match, ma non basta: in difesa sono dolori e le balcaniche non hanno problemi a gestire le operazioni, rinviando ogni decisione al tiebreak.
L’inizio però è già di per sé è un indicatore: 5-0 di parziale serbo, e il solco resterà tale fino alla fine del parziale. L’Italia non carbura: l’attacco gira a vuoto e la ricezione torna a essere un problema, con Boskovic che banchetta e il muro che trova risposte in ogni donde. Non è il finale che Velasco aveva sperato: nemmeno il doppio cambio paga dividendi, e tantomeno il ricorso a qualche opzione dalla panchina (vedi Degradi, che firma l’ultimo illusorio ace di serata) prima della pipe con la quale Uzelac chiude i conti sul 15-9. Qualcosa da rivedere c’è, ma il tempo non manca.