Aprirsi e condividere pubblicamente, in uno studio televisivo, non una storia quanto la propria vita – la propria tragedia – ha richiesto un tempo che equivale a una vita. Non ha mai fatto parola della violenza subita quando era un calciatore celebre e celebrato, compagno di maglia di Diego Armando Maradona, sposato a una conduttrice televisiva dalla quale oggi è divorziato, Paola Perego (oggi compagna di Lucio Presta, ndr). Andrea Carnevale, ex calciatore e oggi attuale dirigente dell’Udinese, ha raccontato il buco nero della sua esistenza a Myrta Merlino nel corso di «Pomeriggio Cinque».
Nella settimana in cui si è celebrata la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, Carnevale ha rivissuto l’assassinio di sua madre, vittima di femminicidio quando lui aveva soli 14 anni, un delitto al quale fu costretto ad assistere. Suo padre colpì la mamma a colpi di accetta fino ad ucciderla. Dopo cinque anni, suo padre finito in carcere decise poi di suicidarsi.
- Andrea Carnevale testimone del femminicidio di sua madre
- La malattia
- Il ricordo della madre e la denuncia inascoltata
- Il suicidio del padre
Andrea Carnevale testimone del femminicidio di sua madre
La sua testimonianza è ferma, davanti alle telecamere che non lo abbandonano mai nel corso di questa intervista. “Avevo 14 anni ma ero già un ometto. Una volta si lavavano i panni al fiume e mia madre andava lì, a cento metri da casa mia. Una mattina c’erano tutte le donne, compresa mia sorella, mio padre si è svegliato, è sceso e l’ha ammazzata con un’accetta”.
Non cela la commozione – e come potrebbe, d’altronde, nelle sue parole- Carnevale il quale ha deciso di rendere pubblica quanto lo ha travolto da ragazzo. E che ha condizionato la sua esperienza, nonostante e con il successo da giocatore di Napoli e Udinese, tra le altre, e oggi dirigente del club friulano.
“È stato un grande dolore”, ha aggiunto. Aveva già confidato a Repubblica, in un’intervista quanto segnò la sua adolescenza, ma mai in diretta televisiva.
La malattia
La cronaca riporta di femminicidi che si consumano con una frequenza allarmante; in Italia sono già 99 le vittime dall’inizio dell’anno e la sua testimonianza è per frenare, contenere, cercare di fare ognuno la sua parte. Da orfano di femminicidio. “Sono molto orgoglioso di parlare di questa storia in televisione, perché dopo cinquant’anni penso sia l’ora di raccontarla e di far capire agli uomini che oggi ammazzano le loro mogli che è ora di smetterla. Io è dall’età di 14 anni che non chiamo più mamma perché mio padre me l’ha portata via. Era malato di gelosia ed è quello che accade oggi. Un marito che ammazza la moglie lo fa proprio per gelosia, ma la donna non è dell’uomo, basta con questa possessività, con questa malattia. Oggi mi chiedo se allora si sarebbe potuto fare qualcosa”.
Andrea Carnevale in panchina
Il ricordo della madre e la denuncia inascoltata
E, ancora: “È stata la nostra mamma che ci ha protetto, lei non voleva che andassimo dalle autorità perché allora, nei paesi, c’era un po’ di vergogna. Eravamo noi, specialmente io, che andavo dai Carabinieri per dire che papà, tutte le sere, picchiava la mamma con pugni e cazzotti. Il maresciallo purtroppo mi disse che finché non vedevano il sangue non potevano fare assolutamente nulla. Quando mamma è stata uccisa ho fatto un gesto estremo: sono andato dentro al fiume e con un secchio ho raccolto il suo sangue, sono andato a piedi su al paese e l’ho consegnato in caserma, al maresciallo, e gli ho detto: Lei voleva il sangue, eccolo qua. Ed è finita lì”.
Il suicidio del padre
Un gesto terribile, ma che ben restituisce quanto vissuto e patito da Carnevale e dalla sua famiglia, in un clima di violenza fisica e psicologica continuo, dall’epilogo ancora tragico che non ha chiuso la spirale di violenza. “Andai anche a trovare mio padre in carcere ma dopo poco riprese ad offendere mia madre. Dopo cinque anni, si è tolto la vita davanti ai miei occhi”.
Nel suo caso, quell’occasione di comprendere la gravità e l’orrore di quanto commesso ha avuto questo punto, questa fine.