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Martina Scavelli, l'arbitra di volley che ha deciso di denunciare: "Mi dimetto, stanca di essere pesata come una vacca"

L'arbitra di volley denuncia una regola che reputa iniqua e che la costringe a "retrocedere" perché ha superato di pochissimo il BMI. Cosa che le impedisce di arbitrare in Serie B

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Elisabetta D'Onofrio

Elisabetta D'Onofrio

Giornalista e content creator

Giornalista professionista dal 2007, scrive per curiosità personale e necessità: soprattutto di calcio, di sport e dei suoi protagonisti, concedendosi innocenti evasioni nell'ambito della creazione di format. Un tempo ala destra, oggi si sente a suo agio nel ruolo di libero. Cura una classifica riservata dei migliori 5 calciatori di sempre.

Quanto sta emergendo, in termini di abusi verbali e fisici, nella ginnastica ritmica sta consentendo un snodo culturale, di portata trasversale come induce a considerare la denuncia firmata attraverso un post pubblicato su Facebook dall’arbitra di volley Martina Scavelli.

Una denuncia esplicitamente riferita alla sua fisicità, al rituale del peso e delle misure che limitano e vincolano l’esercizio dell’arbitraggio, nel suo caso. E l’hanno indotta a comunicare, in un post, quanto incida su di sé e sulla sua categoria una delle regole che ancora oggi vincolano l’esercizio di un ruolo a parametri fisici.

Martina Scavelli, la sua denuncia

Nella foto che accompagna il post, Martina indossa la divisa da arbitro nazionale di pallavolo, un traguardo raggiunto dopo oltre una decina d’anni di gavetta nei campionati provinciali e regionali: dove dovrebbe tornare il prossimo anno, per via del mancato rispetto di alcuni parametri fisici imposti dai regolamenti internazionali nei primi anni Duemila a cui le federazioni nazionali si sono adeguate. Sì, perché non rientrando in questi parametri non può esercitare il suo ruolo, come spiega ampiamente nel suo post.

“Cara Paola Egonu – scrive rivolgendosi alla campionessa azzurra che, anche sul palco di Sanremo la scorsa settimana, ha raccontato degli episodi di discriminazione che ha vissuto – tu sei nera, io sono GRASSA! Per questo motivo stamattina ho comunicato le dimissioni dal ruolo di arbitro di serie B alla Fipav (Federazione Italiana Pallavolo)”.

Il rituale del peso

Scavelli esplicita la modalità imposta dal regolamento che limita, de facto, l’esercizio del ruolo in base a parametri espressione anche di un mancata inclusività, in quelle stesse norme che – inserendo degli standard – limitano la facoltà di accedere a un ruolo. Cosa che avviene, ai sensi di questa norma del regolamento, per arbitri e staff tecnico nel volley a partire dalla serie B:

“Non sopporto più di essere misurata e pesata come si fa con le vacche!”, ha sottolineato con una certa crudezza quella liturgia della bilancia che ha assunto proporzioni selettive, discriminatorie e quasi manipolative nel caso delle ginnaste che hanno denunciato l’impatto fisico e psicologiche di simili pratiche, avvenute anche davanti alle compagne per esercitare una violenta pressione sulle giovani atlete.

Pratiche che anche per questi ruoli, come quello arbitrale, secondo il vissuto di Martina avrebbero una consolidata tradizione e sarebbero fissati in una norma che vincola a peso e circonferenza anche chi ricopre la funzione di direttore di gara. Che cosa comporta ciò? Come spiega l’arbitra ciò impone delle scelte, disciplina, misure, controlli e addirittura rinunciare quando non si rientra in questi limiti.

La regola che non permette all’arbitra di esercitare

“Lo sport dovrebbe unire, anziché emarginare e io non voglio più essere messa all’angolo per qualche centimetro o qualche chilo in più“.

A questo punto entra nel dettaglio, specifica e enuclea l’accaduto presupposti che hanno indotto questa giovane donna, che ha militato con orgoglio per 10 anni nella categoria arbitri a dimettersi – polemicamente – contro regole anacronistiche e discriminatorie:

“Ho superato i valori previsti di Bmi (l’indice di massa corporea, ndr) e circonferenza addominale (nulla di eccessivo). Ho ricevuto una penalizzazione di 3 punti nell’ambito del punteggio “Dirigenti di Settore” e l’esonero dall’impiego fino al raggiungimento dei valori previsti. La penalizzazione mi porterà, a fine stagione, a passare dalla serie B al campionato regionale, facendo un enorme passo indietro. Parametri fuori norma, certo, ma di poco. Un poco che non scalfisce la qualità del mio servizio. Come se tre dita in più sul mio girovita potessero mettere a rischio una partita di pallavolo che, tra l’altro, non prevede che l’arbitro corra per il campo come succede nel calcio. Le regole sono regole, io le ho accettate e le rispetto, ma non vuol dire che siano sacre e immutabili“.

La carriera arbitrale di Martina Scavelli

L’arbitra calabrese ha illustrato, in questo lungo sfogo, un percorso personale incominciato nel 2007 e fatto anche di disciplina, per rientrare nei parametri antropometrici richiesti, e di come si sia autodenunciata quando li superava e addirittura autosospesa, in attesa di rientrarci nuovamente.

“Non sono disposta ad accettare che una carriera fondata sui sacrifici e sul massimo rispetto possa essere “calpestata” da imposizioni del genere che non prevedono soglie di tolleranza. Ho deciso di dire basta, per me e per tutti i grassi. Basta a delle regole che non sempre vengono fatte valere erga omnes. Basta alle vedute ristrette. Basta a un sistema che non si interroga se quei chili in più nascano da problemi di salute o periodi particolari della propria vita. Basta a chi si basa sui numeri e sotterra le emozioni. La salute mentale, l’integrità di un individuo, la passione e il sacrificio di un essere umano valgono molto di più di qualche centimetro di troppo! Da oggi inizia la mia battaglia per superare la discriminazione imposta da certe norme. Aiutatemi a fare sentire la mia voce perché non è solo la mia voce. Sono grassa sì! Ma anche di contenuti, voglia di lottare e speranza. Buona festa degli innamorati. Io oggi ho scelto di amarmi un po’ di più”.

Martina ha fatto una scelta, quella di sottrarsi a questa regola. E di scrivere quanto ciò sia anacronistico, perché fondato sulla reiterazione ormai miope di standard che non riflettono pienamente né l’operato, né il reale stato di salute di un individuo che, grazie allo sport e per lo sport, ha scelto di sostenere le regole, fondamento della convivenza civile e della stessa società.

Senza però privarsi della propria capacità di giudizio, e del senso critico, quando quelle norme verso le quali ha dimostrato coerenza e riconoscimento siano scollate dalla realtà, appellandosi con lo stesso senso di responsabilità a chi può intervenire e decidere che esse siano oggetto di revisione.

Martina Scavelli, l'arbitra di volley che ha deciso di denunciare: "Mi dimetto, stanca di essere pesata come una vacca" Fonte: Facebook

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