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Bisoli Brescia a vita, la scelta controcorrente di Dimitri. Storie di calcio che un’anima ancora ce l’hanno

Otto anni dopo aver indossato per la prima volta la maglia delle Rondinelle, il cagliaritano ha fatto in tempo a diventarne il capitano. DB, il 25 del Brescia con 250 presenze con il club e 30 gol a referto, ha giurato amore eterno

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Auden Bavaro

Auden Bavaro

Giornalista

Lo sporco lavoro del coordinamento: qualcuno lo deve pur fare. Eppure, quando ha modo di pigiare le dita sulla tastiera, restituisce storie e racconti di sport che valgono il biglietto

Il Brescia viene solo dopo mia figlia”. È uno dei passaggi che colpisce di più dell’intervista rilasciata da Dimitri Bisoli a Nicola Binda per La Gazzetta dello Sport. E partiamo da qui: sette parole per dire una cosa che ormai non si azzarda a dire quasi più nessuno.

E, tra i pochi che osano, qualcuno si smentisce da solo: tempo pochi mesi, in alcuni casi. A 29 anni un calciatore è nel pieno della maturità: la Serie B non può essere ancora un punto di arrivo, impossibile rinunciare a obiettivi più grandi, a vittorie più importanti, a stadi dove s’è scritta e si scrive la storia del calcio.

Otto anni tra Santa Giulia, il teatro Grande e il Rigamonti

Ma il figlio di Pierpaolo Bisoli l’affronta diversamente: prova a non rinunciare a nulla ma ha deciso di legare ogni ambizione personale a quella di una città. Di una squadra. Brescia, le Rondinelle: ci è arrivato nel 2016, 22enne con un percorso tutto da scrivere. E l’ha scritto tra il complesso di Santa Giulia e la biblioteca Queriniana, tra piazza Paolo VI e piazza della Loggia, tra il neoclassico del teatro Grande e gli spalti del Rigamonti.

Ha iniziato l’ottava stagione nelle file del Brescia: un solo anno in A – 2019/20, 25 presenze a referto e una rete – poi sempre cadetteria. L’azzurro e il bianco col cognome dietro le spalle hanno smesso l’anonimato e sono diventati un marchio: ma non gli serve per fare soldi, semmai per indicare la via. La vivono, quella griffe, solo lui e i tifosi, indistintamente: non fa conto in banca ma fa anima.

DB25, il 25 del Brescia

DB25. Dimitri Bisoli, il 25 del Brescia con 250 presenze con il club e 30 gol a referto. Se l’è passata brutta anche lui, di recente: annata da dimenticare, la retrocessione in serie C subita sul campo, l’epilogo intriso di rabbia del playout contro il Cosenza. Amarezza e rassegnazione.

Un mezzo miracolo, non prevedibile ma accaduto: Reggina esclusa dalla cadetteria, ci torna il Brescia come prima tra le aventi diritto. È un appiglio inatteso cui provare ad aggrapparsi tutti: la piazza, la squadra, la società.

Mi cercavano: io staccavo il telefono

Cercare di tenersi saldi mentre la buona sorte traccia la via: serve ricompattarsi, ricostruire, ricucire. Serve tornare a essere un tutt’uno, prendere a calci il passato prossimo e allontanarlo il più possibile. Tenersi solo gli insegnamenti, il resto fare da conto che sia stato un sogno brutto.

È in questo contesto che la scelta, spesa pubblicamente, da Bisoli pare un ponte ulteriore, messo lì per lasciare che le parti possano tornare a interagire, a parlarsi, a fidarsi. Le parole del cagliaritano non sono parole da poco: quest’estate qualcuno l’ha cercata e suonava il telefono– gli chiede Binda – e lui risponde dicendogli che ha fatto quello che un calciatore non fa mai (di solito, se dice di farlo, c’è il rischio che stia mentendo: lo hanno insegnato decenni di mercarti estivi e contrattazioni invernali)

Io staccavo il telefono. Non ho mai pensato minimamente di andare via. Qui è nata mia figlia, qui il prossimo giugno mi sposo: quello che provo per questa squadra viene dal cuore ed è difficile da descrivere. Essere capitano come lo è stato Baggio è un onore: vedo le sue foto, quelle di Guardiola, Pirlo e Caracciolo. Mi vengono i brividi”. È una promessa di eternità?

Me lo devo meritare

Mi piacerebbe ma me lo devo meritare. Se mi chiedono di firmare a vita, lo faccio bendato. Così mi sposo due volte. Io sono un giocatore normale ma con questa maglia e la fascia mi sento un campione”.

Colpisce la sicurezza di Bisoli. Colpisce e affascina, ammalia. Perché di storie così, che riescono a palesare l’essenza di uno sport ancora passionale – ancora viscerale – ormai ce ne sono poche. L’incanto sportivo, un calciatore lo cerca in Premier.

L’incanto economico, ormai, fa di tutto per andare a prenderlo in Arabia, nella terra dei Paperoni. Alla fine restiamo a raccontare storie che l’anima non ce l’hanno più. E non hanno uno slancio. E nemmeno polmoni. Sono, molto spesso, storie senza sudore e senza coraggio. Storie senza sostanza. Non questa.

Bisoli e Bescia vanno controcorrente

Bisoli e Brescia vanno controcorrente. Ti dicono che le bandiere ancora resistono, che i tifosi ancora ci credono, che nei legami veri bisogna metterci la faccia. Quando va male, soprattutto: allora Dimitri ce l’ha messa. Dopo la retrocessione ha parlato e agito da capitano: si è assunto tante responsabilità, probabilmente anche quelle non sue.

Sono dettagli che fanno la somma, la somma che fa il totale, il totale che fa l’uomo. Come dicono le curve: vogliamo uomini prima ancora che calciatori. Lasciano intendere – dicendo così – che l’errore tecnico si perdona a tutti. Sempre. I comportamenti, invece, pesano e incidono. A volte così tanto che non li perdoni più. Altre, al punto da non scordarli mai.

Storie non più periferiche ma essenziali

Eccolo, di nuovo, Dimitri Bisoli:

A Brescia a vita per sognare. Per tornare in A: la città lo merita. Conosco i nostri tifosi, quest’anno vedranno una squadra che darà l’anima e ci apprezzeranno. Dobbiamo creare un blocco unico che rema nella stessa direzione: non vedo l’ora che termini la squalifica delle porte chiuse per tornare ad averli con noi”. Un pensiero al papà, allenatore del Sud Tirol, si tramuta in affetto quando auspica che in massima serie, quest’anno, possano finirci proprio Rondinelle e bolzanini

Si dice che il peso delle cose dipende da chi le dice: capisci se possono avere credito, autorevolezza, importanza. La sensazione è che essere bresciani e di Brescia, oggi, possa restituire un impeto di orgoglio, appartenenza anche per le parole di Dimitri. Perché Bisoli e Brescia vanno controcorrente. Ti dicono che è ancora possibile raccontare storie di calcio che l’anima ce l’hanno. E hanno uno slancio. E polmoni. Sono ancora storie di sudore e coraggio. Storie non più periferiche ma centrali, necessarie, vitali.

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