Oggi si è riunito il Consiglio Federale della FIGC, che sul tavolo aveva la definizione della graduatoria per i ripescaggi e le riammissioni (che il presidente Gravina ha annunciato di voler mettere al bando una volta per tutte dopo l’estate), ha anche lanciato una proposta da porre al vaglio del CONI, passata un po’ in sordina ma che potrebbe avere dei risvolti importanti per il nostro campionato: ovvero restituire lo status di comunitari ai calciatori provenienti dal Regno Unito.
- Lo status di calciatore extracomunitario e gli effetti della Brexit
- Cosa dicono le norme della FIGC
- Cosa potrebbe cambiare per il nostro calcio: il caso Milan
- Gli altri britannici in Serie A
Lo status di calciatore extracomunitario e gli effetti della Brexit
Chiariamo anzitutto che oggi, per calciatore extracomunitario, si intende tutti coloro che risultano cittadini di un Paese non aderente all’Unione Europea. Se è vero da una parte che dopo la rivoluzionaria sentenza Bosnam il confine tra giocatore nazionale ed internazionale è venuto meno, d’altro canto resta la distinzione tra comunitario ed extracomunitario. A seguito della Brexit il Regno Unito è uscito dall’UE e dal mercato unico, con effetti anche sul calcio: gli europei in UK, in pratica, sono considerati extracomunitari, e lo stesso dicasi a sua volta per i britannici che vanno a lavorare in un Paese dell’Unione Europea.
Cosa dicono le norme della FIGC
In Italia il tesseramento nelle società professionistiche di atleti è disciplinato in particolare dall’articolo 40 delle Norme Organizzative Interne della FIGC, dal titolo “Limitazioni del tesseramento di calciatori e calciatrici”. Al comma 6 si legge: “Le società che disputano i Campionati organizzati in ambito professionistico possono tesserare liberamente calciatori/calciatrici provenienti o provenuti da Federazioni estere, purché cittadini di Paesi aderenti all’U.E.“. Il comma poi prosegue: “Le norme in materia di tesseramento per società professionistiche di calciatori/calciatrici cittadini di Paesi non aderenti all’U.E […] sono emanate annualmente dal Consiglio Federale“.
Lo scorso anno il Consiglio FIGC aveva perciò precisato nelle modalità di tesseramento per la stagione 2022-2023 che, a decorrere dal primo gennaio 2021, “i calciatori con cittadinanza britannica” venissero “considerati cittadini di Paese non aderente alla U.E. o alla E.E.E. [Spazio Economico Europeo, ndr] e, pertanto, per il loro tesseramento dovranno applicarsi, ai sensi dell’art. 40 quater delle N.O.I.F., i criteri per il tesseramento, in favore di Società appartenenti alla Lega Nazionale Dilettanti, di calciatori cittadini di Paesi non aderenti alla U.E. o alla E.E.E”.
Arriviamo quindi all’odierno Consiglio Federale, che ha stabilito l’intenzione di mettere una pezza al trattamento da extracomunitari dei giocatori britannici. La richiesta di rivedere questa politica potrebbe avere delle conseguenze importanti per il nostro calcio, a partire dalle squadre impegnate in Serie A.
Cosa potrebbe cambiare per il nostro calcio: il caso Milan
Premessa d’obbligo: secondo le attuali norme una squadra con più di due giocatori extracomunitari tesserati a titolo definito in base all’ultima stagione disputata, hanno la possibilità di tesserarne altri due, ma non di più. Facciamo un esempio pratico che si lega anche agli effetti della Brexit: il Milan, prima dello scatenato calciomercato del ticket Furlani–Moncada, aveva in rosa nella stagione 2022-2023 cinque calciatori extracomunitari, ovvero Vazquez, Tomori, Krunic, Messias e Lazetic.
Dicevamo del mercato arrembante, il cui primo colpo è stato Ruben Loftus-Cheek dal Chelsea, di passaporto britannico. Il che ha significato occupare uno dei due slot ancora a disposizione per gli atleti extracomunitari (attenzione però, è necessario anche cederne uno dei cinque già presenti in rosa). E se per Okafor non c’è stato alcun problema, giacché la Svizzera pur non facendo parte dell’UE è equiparata a territorio comunitario nelle norme NOIF, il discorso si fa diverso per Chukwueze, di passaporto nigeriano e potenziale nuovo colpo del Milan.
Con il cambio di paradigma per i giocatori britannici, invece, i rossoneri e le altre squadre avrebbero molti più margini di manovra. Al di là del fatto che il limite di due extracomunitari fa discutere le proprietà delle squadre (Aurelio De Laurentiis nelle scorse settimane aveva espresso il proprio malcontento per questo tetto imposto solo in Italia), togliere dal paniere extra UE i britannici farebbe comodo e non poco alle squadre nell’imbastire il loro mercato, come abbiamo visto con il caso Milan. Lo stesso Loftus-Cheek, infatti, inizialmente aveva complicato i piani per arrivare a Kamada, giocatore giapponese poi abbandonato dalle mire del club rossonero.
Gli altri britannici in Serie A
Per dire, tra i cinque extracomunitari del Milan c’è già un britannico quale è Tomori, ma anche altri club hanno in squadra calciatori sudditi di Re Carlo III, come la Roma che ne ha ben due (Smalling ed Abraham), oppure la Juventus con Iling-Junior. L’apertura richiesta dalla FIGC, sollecitata dalla Lega di Serie A, potrebbe dare fiato ai club e offrire una svolta importante al loro mercato. E rimettere le cose com’erano prima della Brexit.