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Darren Cahill, chi è il super coach che ha portato Sinner al numero 1 della classifica ATP

Un ritratto di un super coach dentro e fuori il campo, capace di allenare 4 numeri 1 e rimanere fedele alla sua linea. Anche nella scelta di lasciare il circuito

Ultimo aggiornamento:

Elisabetta D'Onofrio

Elisabetta D'Onofrio

Giornalista e content creator

Giornalista professionista dal 2007, scrive per curiosità personale e necessità: soprattutto di calcio, di sport e dei suoi protagonisti, concedendosi innocenti evasioni nell'ambito della creazione di format. Un tempo ala destra, oggi si sente a suo agio nel ruolo di libero. Cura una classifica riservata dei migliori 5 calciatori di sempre.

La potenza della dichiarazione con cui Jannik Sinner ha condiviso l’annuncio della chiusura del ciclo di Darren Cahill non ha ancora dispiegato la sua dirompenza e l’urto che una simile assenza potrebbe avere, nello staff del numero 1 e del tennis in toto. Figura talentuosa, affascinante, ma nata sotto il segno che fu di Boris Becker, Mats Wilander e Stefan Edberg in una compensazione ardita ma per nulla prevedibile ha supportato la crescita, nell’era degli anni Venti dei 2000, di Sinner accompagnandolo nel ruolo di super coach fino al numero 1 della classifica ATP.

Merito suo, anche suo se Jannik ha centrato un simile obiettivo nel 2024 quando sembrava si potessero scalare quelle posizioni. Si era nella programmazione, nell’ipotesi. Cahill ha reso concreta questa eventualità, con metodo e disciplina.

L’ingresso di Cahill nello staff di Sinner

Quando Sinner diede il suo benvenuto a Cahill, era già considerato uno dei coach più talentuosi del circuito da cui intende uscire a fine stagione. Il passaggio era delicato, ed è comprensibile per via delle aspettative che avevano pressato Jannik e lo stesso Simone Vagnozzi.

Un coach apprezzato e stimato, al quale si è affiancato Cahill con un incastro perfetto. E nonostante la sbandata che avrebbe spezzato la solidità di chiunque, quando emerse lo scandalo Clostebol e i tormenti del giovane numero 1 furono resi più accessibili, in qualche modo ragionevoli.

Fonte: ANSA

Cahill con accanto Vagnozzi

La rotta verso il numero 1 del ranking

Cahill ha mantenuto la rotta verso la vetta del ranking mondiale, senza incertezze. Forse educato dalla stessa esperienza di tennista dalle abnormi potenzialità, ma alla luce dei risultati, nato nell’era meno favorevole alle sue ambizioni. E poi Simona Halep e prima di lei gli altri che aveva guidato all’espressione migliore e totale sui campi di tennis, come Andre Agassi. Un esempio, un modello di ispirazione totale, per le sue scelte diventate giuste, corrette. Sane, sopra ogni cosa.

Darren si è unito allo staff di Jannik quando era già nella top 10 della classifica. Nella solitudine dei numeri primi che ispira, più di ogni altro torneo, quell’evento nell’evento che sta monopolizzando l’attenzione mediatica, è arrivato anche Cahill.

Il super coach che lo ha mantenuto concentrato

Dal coach al super coach, dal fisioterapista al mental coach, dal preparatore atletico al manager per tutto quel che verte il collaterale ha e ricopre un peso specifico, nel suo quotidiano. Come ha dichiarato lo stesso Sinner, in una recente intervista rilasciata all’ATP, con Cahill e Vagnozzi “è come una famiglia. Vedo più spesso loro che i miei genitori”.

La collaborazione con Darren Cahill è fresca, comunque. Inizia a giugno 2022, quando l’ex semifinalista allo US Open classe 1965 e mito della sua generazione Darren Cahill, quel che in sintesi mettiamo nell’espressione super coach. In precedenza Hill, che pure ricordiamo per le sue imprese tennistiche, ha affiancato personaggi della levatura di Andre Agassi, Lleyton Hewitt, Andy Murray e Simona Halep.

Il miracolo Agassi

Con lui, Hewitt condivise tutto fino al vertice. E si lasciarono da amici. Con Agassi fu impresa umana, prima che professionale. Ad aprile 2002 lo statunitense a 33 anni e 131 giorni riuscì a diventare il più anziano giocatore ad aver mai occupato la prima posizione del ranking ATP dal 1973, quando è stato introdotto. Il ricordo, vivido e vibrante, che fa di quei giorni su giorni in Open, il suo libro, è meraviglioso. Con Simona Halep trova l’alchimia dove aver lavorato con Andy Murray, Ana Ivanovic, Fernando Verdasco e Daniela Hantuchova. E sono due anni di gloria, tra 2017 e 2018 al top.

Non un semplice coach, ma un super coach appunto che combina piani e strategia, con una visione e una proiezione che giunti al livello di Sinner forse necessitava di una figura dall’esperienza internazionale. E chi meglio di un allenatore che, prima di Jannik, aveva seguito altre tre numeri 1?

Il ruolo nello staff di Jannik e il rapporto con Vagnozzi

La loro unione, a partire dal giugno del 2022, era stata accompagnata da un cambio non proprio indolore. Ma inevitabile, necessario. In quella stessa intervista, il super coach di Sinner ha voluto esternare quel che fa parte del suo ruolo in questo staff con queste par: “Il mio ruolo è più quello di trasmettergli la mia esperienza”, ha precisato, senza toccare in alcun modo il lavoro di Piatti fatto prima su Jannik. “Sono stati dei primi mesi di collaborazione molto buoni e produttivi”, ha specificato. In effetti è un fatto che, pur occupando un posto fisso nella top 10, il suo ingresso in squadra ha deciso il numero 1 del ranking.

Fonte: Getty Images

Coach e supercoach seguono dal box Sinner durante Wimbledon

I risultati da tennista pro

Come dicevamo si chiude un ciclo nel mondo del tennis. Un altro, per Cahill che aveva tentato di esprimersi ad altissimi livelli trovandosi contro i migliori degli ultimi 40 anni. Un’epoca considerata dorata, esemplare del tennis che incominciava ad assumere i connotati di quello che abbiamo imparato a conoscere soprattutto negli anni Duemila.

Classe 1965, australiano figlio del giocatore e allenatore di football australiano John Cahill era soprannominato killer non a caso. A livello juniores prometteva benissimo, disputando la finale del doppio agli Australian Open 1983 insieme ad Alan Lane; doveva essere l’ottima premessa a una carriera tennistica brillante, come si usava dire allora. Invece, diventato pro, in singolare ha vinto due titoli raggiungendo la ventiduesima posizione mondiale. Poco, per un potenziale micidiale che vede nel suo dritto l’arma vincente. Il suo migliore risultato è stata la semifinale degli US Open 1988 eliminando sulla sua strada Boris Becker ed arrendendosi solo a un certo Mats Wilander, futuro vincitore del torneo.

In doppio ha vinto tredici titoli e raggiunto la top 10 mondiale, arrivando alla finale degli Australian Open 1989 in coppia con Mark Kratzmann. Non male anche nel doppio misto dove, insieme a Nicole Bradtke, è approdato all’ultimo match del Torneo di Wimbledon 1987. da allenatore ha realizzato il sogno di conquistare il numero 1, grazie a Sinner.

Per uno chiamato Killer una soddisfazione che non merita altro tempo, probabilmente.

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