Il ritiro del Napoli a Castel di Sangro si è concluso con la vittoria degli azzurri nell’ultima amichevole per 2-0 contro i ciprioti dell’Apollon Limassol con reti di Osimhen e Simeone. Tra infortuni e voci di calciomercato, i campioni di Italia tornano a correre. Garcia ora focalizza l’attenzione sul prossimo campionato, a una settimana dall’inizio. In esclusiva per Virgilio Sport Paolo Specchia, ex allenatore, traccia il suo bilancio sul Napoli al termine del ritiro e del ciclo amichevoli avendo seguito tutto il raduno dei partenopei a Castel di Sangro.
Chi è Paolo Specchia
Con una carriera calcistica che abbraccia oltre tre decenni e più di 350 presenze in panchina da allenatore nel suo curriculum, Specchia oggi a 75 anni ha un’esperienza indiscussa e da anni commenta anche il Napoli sulle tv regionali e non solo.
A ritiro finito, quale è il bilancio sulla preparazione del Napoli ?
“Credo che per Garcia ci sia voluto del tempo perché doveva immedesimarsi in una realtà diversa, non conoscendo il Napoli attuale, ha lasciato l’Italia diversi anni fa e quindi è partito piano. Sono fiducioso perché un piccolo miglioramento l’ho notato nel tempo. Ormai il Frosinone è alle porte, quindi, credo che pur considerando che ci sono stati molti infortuni, che hanno impedito ad alcuni di avere una condizione costante e migliore in crescendo, qualche passo avanti si è visto rispetto a qualche espressione tecnica non molto confortante. Dico che il Napoli si sta avviando e che Garcia ha potuto avere il tempo giusto per dare qualcosa in più rispetto a quello che magari già aveva la squadra Spalletti: qualcosa in più di suo, sperando che il risultato sia uguale.”
Ha visto qualche differenza di lavoro tra Spalletti e Garcia?
“Credo che ogni allenatore ha una sua caratteristica dominante. Forse Spalletti è stato superiore rispetto al palleggio che ho notato da parte di Garcia: vedevo, l’anno scorso, quella meticolosità ragionata per poi trovare immediatamente un’uscita. Forse è una squadra un pochino più, direi, azzardosa quella che sta preparando Garcia, cioè con poca copertura. Io ho notato questo, cioè più votata a cercare la profondità, ma da subito, cosa invece con Spalletti non avveniva: il calcio di Spalletti era molto più ragionato rispetto a quello di Garcia. Però, ripeto, aspettiamo a vedere cosa ci dirà il campionato, perché ancora siamo appena all’inizio.”
Su Raspadori, quale crede che possa essere il suo vero ruolo nella prossima stagione?
Quando ho visto Raspadori schierato a destra, devo dire che non mi è piaciuto. Quindi, se la volontà di Garcia è quella di voler trovare a tutti i costi una presenza Raspadori in squadra, ostinandosi a tenerlo sulla destra, per me non sarebbe quella la chiave: non è abituato a stare nel binario, si accentra troppo rispetto al dovuto. Vedo meglio Di Lorenzo insieme a Lozano o Politano. Con Raspadori sulla destra si andrebbe un po’ a cercare qualcosa che secondo me non arriverà mai: vedo meglio Raspadori o dietro la prima punta, come sottopunta o trequartista, oppure in posizione di centrocampista, come mezzala.”
Cosa va e cosa non va nel Napoli di Garcia, da quanto visto finora?
“È presto. Io ho notato solo una cosa: la corsia di sinistra, quando sta bene Kvaratskhelia, come ieri, dà con Oliveira dietro una capacità a questa corsia di essere presidiata bene sia in fase difensiva che in fase offensiva.
Chi dei nuovi l’ha convinta maggiormente in questa fase di preparazione?
“I nuovi non li possiamo giudicare: Natan ha giocato appena pochi minuti. Non è pensabile che lo stesso Zerbin possa fare il titolare a tempo pieno. Lo stesso discorso vale per Zanoli. Di Lorenzo spesso fa il centrocampista e Oliveira lo stesso perchè Garcia si usa molto, come Spalletti, in fase di spinta. Zanoli per me non è adatto a fare il terzino adesso in questo Napoli, quindi occorrerebbe un’alternativa a Di Lorenzo: ritengo che se si possa prendere un alterego, si è parlato di Faraoni che vedrei bene in questo Napoli.
Come livello di intensità del lavoro, si aspettava di più rispetto a quanto visto l’anno scorso?
“Ho imparato una cosa, che nel calcio si vince in qualsiasi modo. Puoi vincere lavorando tanto, puoi vincere lavorando poco. O non lavorando quasi nulla, come magari molti buonissimi allenatori che hanno fatto grandi carriere, affidandosi però più alle qualità degli uomini che hanno, per non farsi nemici. Alcuni magari fanno fare poco o niente e poi sono anche molto vincenti. Quindi il calcio non ha regole. Aspettiamo. Secondo me però si è lavorato in maniera meno intensa rispetto Spalletti.”
Lei che conosce bene Spalletti, come l’ha visto in questi anni di Napoli?
“Il punto di forza di Spalletti è che ha un carisma incredibile. Il carisma non si compra, non si studia per acquisirlo, ce l’hai dentro. Allora ecco, la forza di Luciano è che lui quando ha l’impatto con gli uomini da guidare è un trascinatore, è un maestro, è uno che entra nel cuore, nella testa degli uomini che ha. E questa è stata la chiave di volta. Però aggiungo che, se si è vinto uno scudetto, lo si deve anche al fatto che la società ha opportunamente agito, mandando via dei giocatori negativi e rinnovando, ringiovanendo, addirittura abbassando l’ingaggio e con una novità positiva che sono stati poi Kvaratskhelia e Kim che hanno creato questa alchimia grandissima portando a vincere uno scudetto.”