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Eurolega, il bilancio della stagione delle italiane: Virtus comunque sufficiente, Milano da incubo

La stagione delle italiane di Eurolega s'è chiusa con l'eliminazione della Virtus col Baskonia. Bologna esce a testa alta, per Milano è un fallimento

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Fine della corsa: qualcuno “maliziosamente” ha detto che il board di Euroleague voleva che fossero 8 formazioni con licenza pluriennale a qualificarsi per i play-off, proprio come il campo ha dimostrato, ma nella sostanza forse si farebbe meglio a dire che alla post season sono arrivate le squadre che hanno meritato di arrivare. E tra queste forse l’unica eccezione è Bologna, nel senso che per quanto fatto vedere per almeno tre quarti della stagione le Vu nere a un posto nelle sfide che assegnano le card per la final four avrebbe avuto diritto, pensando all’ottimo percorso fatto. Un percorso al quale è mancata l’ultima parte, inclusa l’ultima recita in casa di un Baskonia che è scappato nella seconda parte di gara, costringendo la Virtus a una resa onorevole, ma senza molte attenuanti.

Virtus, è stato bello sognare: la rivoluzione di Banchi

La corsa delle italiane, insomma, anche quest’anno è finita prima del tempo. Non ci sarà un repeat di Milano tra le prime quattro come avvenuto nel 2021, né tantomeno un’altra corsa nella serie di play-off, come successo nel 2022. Extra omnes, fuori tutte: l’Italia del basket investe e prova a rendersi competitiva agli occhi del continente, ma i conti sul campo continuano a non tornare.

Certo Bologna c’ha provato a spingersi oltre, al netto del burrascoso cambio di allenatore avvenuto a pochi giorni dal via ufficiale della stagione (silurato Scariolo, dentro Banchi, reduce dall’exploit con la Lettonia al mondiale): a metà stagione era dietro soltanto al Real Madrid, che ha dominato la regular season in ciabatte, poi progressivamente ha perso smalto, forze e fiducia.

Ha chiuso con 7 ko. di fila che l’hanno fatta precipitare al decimo posto, dopo che fino a 2 gare dalla fine non era mai scivolata sotto al quinto posto. È questo il rimpianto maggiore: aver dilapidato a marzo quanto di straordinario fatto fino alla sosta di metà febbraio.

Il mercato “debole” e gli infortuni alla base del calo

Banchi alla Virtus ha dato un’anima, rendendola davvero capace di poter tener testa alle più forti d’Europa. Paradossalmente a mancare è stato il cosiddetto “mercato invernale”: gli arrivi di Zizic e Lomasz non hanno dato l’impulso desiderato, e col tempo gli acciacchi di Shengelia e Hackett (oltre allo stop obbligato di Polonara), unitamente alle 38 primavere sulle spalle di un monumentale Belinelli, hanno tolto un po’ di incisività e competitività al gruppo.

La stagione di Bologna rimane comunque positiva, quantomeno da sufficienza piena: pochi avrebbero scommesso su un andamento simile, e tutto sommato essere arrivati a giocarsi l’ottavo posto fino all’ultima partita del play-in non è qualcosa da disprezzare, per giunta in una stagione dove un ridimensionamento a livello di budget era stato annunciato già a giugno (e fu all’origine della rottura con Scariolo). Banchi ha fatto il massimo e ha riportato la Virtus sulla cartina geografica di Eurolega, col rimpianto di qualche ko. evitabile che avrebbe potuto davvero consentirle di andare ai play-off.

Milano, un fallimento sportivo totale (nonostante Mirotic)

Milano ha fatto l’esatto opposto: partenza lentissima, alla stregua di un fallimento epocale, che comunque è rimasto tale al netto della risalita nell’ultima parte di stagione, quando per qualche serata s’è cullata persino l’illusione di rientrare in corsa per il play-in.

L’Europa del basket ha condannato senza fronzoli la stagione dell’Olimpia, arrivando a criticare pesantemente anche un totem come Ettore Messina. Al quale viene imputata sostanzialmente l’impossibilità di aver dato una fisionomia, un gioco e una solidità a una squadra che in estate è andata all in, portando al Forum quel Nikola Mirotic che nelle intenzioni della società avrebbe dovuto far decollare le ambizioni di vertice di Milano.

Nulla di tutto questo: Mirotic ha mostrato i limiti dei suoi 33 anni, ma il vero problema è che attorno a se ha avuto poco sostegno (e troppe idee tattiche confuse). Gli infortuni a catena di Billy Baron hanno tolto di mezzo l’unico play ritenuto affidabile (dopo l’indicibile querelle Pangos), e l’arrivo di Napier ha risolto ben poco. Anche Shields è andato troppo a sprazzi, mentre Melli è salito di tono da dicembre in poi, dopo aver smaltito le fatiche estive con la nazionale.

Messina non è più così solido: che futuro lo attende?

L’Olimpia era una candidata serissima alla final four, ma non l’ha mai neppure annusata. È l’emblema di un fallimento sportivo da quale riprendersi non sarà semplice, anche perché se Messina (come pare) resterà POBO (President of Basketball Operations) qualcosa di grosso andrà fatto sul mercato, rivoluzionando un roster che messo così non offre garanzie e nemmeno un qualcosa che possa essere definito futuribile.

Milano è la grande delusa della stagione di Eurolega, e su questo nessuno può dissentire: vincere il terzo scudetto di fila potrebbe non bastare per mitigare la sensazione di aver buttato alle ortiche un’annata che prometteva ben altri scenari.

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