Il Colle delle Finestre gli aveva tolto un Giro che sentiva essere già suo, il Colle delle Finestre gli ha dato un Giro che non aveva mai sentito essere suo. Ma in cuor suo Simon Yates sapeva che sugli sterrati che nel 2018 gli fecero tanto male c’era una conto da saldare. E l’ha saldato con gli interessi, andandosi a prendere una maglia rosa sulla quale nessuno sembrava più voler credere. Specie dopo i piccoli cedimenti delle prime tappe alpine, quando tutto lasciava presagire che sarebbe stata solo e soltanto una lotta a due tra Del Toro e Carapaz. Mai come stavolta, però, tra i due litiganti è stato il terzo a godere.
- Van Aert al Giro è rinato: Yates dovrà pagargli da bere...
- La Visma come l'Astana di Fabio Aru alla Vuelta 2015
- Del Toro ha battezzato la ruota "sbagliata". Carapaz senza forze
- Giro "promosso": ha esaltato la fantasia di chi l'ha corso
Van Aert al Giro è rinato: Yates dovrà pagargli da bere…
Debita è la premessa: la tattica dei Visma ha rasentato la perfezione, per quanto la sua genesi sia da considerare semplice e intuitiva. Perché mandare in fuga Wout Van Aert, un gregario “di lusso” in caso di arrivi in salita (o anche in falsopiano, essendo un ottimo crono man), è un’idea che può venire in mente anche a un bambino.
Ma metterla in pratica come hanno fatto i calabroni è un po’ meno scontato: Simon Yates ha scelto il momento giusto per liberarsi della compagnia di Del Toro e Carapaz, centellinando ogni sforzo sul Colle delle Finestre per riuscire poi a ricongiungersi con Van Aert nel momento in cui c’era bisogno di un uomo in grado di aprirgli la strada e pilotarlo senza un eccessivo dispendio di energie.
Errore gravissimo quello commesso da UAE Team Emirates ed EF EasyPost, che hanno lasciato andare la fuga troppo lontano e con dentro un uomo scomodo come Van Aert: aver sottostimato Yates è stato un azzardo pagato a carissimo prezzo.
La Visma come l’Astana di Fabio Aru alla Vuelta 2015
La tattica messa in atto dai Visma è la stessa che 10 anni fa consentì a Fabio Aru (all’epoca all’Astana) di conquistare la vittoria alla Vuelta, sempre nella penultima tappa. Aru attaccò Dumoulin in salita, scollinando con una trentina di secondi di vantaggio, poi al termine della discesa l’Astana impedì all’olandese di rientrare grazie al prezioso lavoro di Luis Leon Sanchez e Andrey Zeits, compagni di squadra del sardo, determinanti con un paio di drenate senza le quali Dumoulin avrebbe potuto anche riprendere le ruote del rivale (per sua stessa ammissione).
La Visma ha fatto copia e incolla (con le dovute proporzioni) e s’è presa un Giro d’Italia sul quale pochi avrebbero ormai scommesso: senza Vingegaard, mai presente sulle strade italiane, Simon Yates ha sfruttato l’occasione attesa da una vita e vanamente inseguita in tante altre occasioni. Il fatto che la rimonta sia arrivata su quel Colle delle Finestre che nel 2018 gli inflisse una durissima lezione nella tappa del ribaltone firmato Chris Froome ha reso il tutto ancora più epico e leggendario.
Del Toro ha battezzato la ruota “sbagliata”. Carapaz senza forze
Gli sconfitti di giornata sono chiaramente Del Toro e Carapaz. Quest’ultimo ha forse meno da rimproverarsi: ha provato a staccare il messicano in più di un’occasione, ma come s’era capito da qualche tappa a questa parte le gambe non erano più tanto esplosive per fare la differenza.
Del Toro però ha battezzato la ruota “sbagliata”: ha lasciato strada a Yates, curandosi unicamente dell’ecuadoriano, e così facendo ha finito per accettare di salire a un ritmo che a un certo punto s’è rivelato troppo lento e ingolfato. Forse però Del Toro più di questo non poteva dare: è un corridore giovanissimo, lasciato troppo presto al suo destino (UAE scomparsa nella giornata dove McNulty, Majka e Adam Yates avrebbero dovuto fare ben altro lavoro per il giovane capitano) e costretto a prendere decisioni non semplici.
Ha corso senza un piano alternativo a “tengo la ruota di Carapaz e mi accontento”, lasciando così spazio a Yates e al suo tentativo rischiatutto. E quando, al termine della discesa, i buoi erano usciti dalla stalla, entrambi hanno desistito, dando la sensazione di non voler neppure lottare. Ma quante altre volte torneranno occasioni come queste?
Giro “promosso”: ha esaltato la fantasia di chi l’ha corso
Tutti gli altri hanno pagato le fatiche di tre settimane dure, soprattutto negli ultimi giorni. Pellizzari, Caruso, Bernal e compagnia cantante nulla hanno potuto per provare a prendersi anche solo un successo parziale.
Un giorno diranno che questo Giro è stato in tono minore, perché corso da corridori non di primissimo piano (Pogacar, Vingegaard ed Evenepoel non erano presenti) e risolto su una singola montagna in condizioni decisamente non convenzionali. La realtà è che questo Giro ha stimolato la fantasia di chi l’ha corso, rivelandosi meno banale del previsto e regalando emozioni reali fino alla fine. Con un colpo di scena finale che più teatrale non avrebbe potuto essere. E ricordando a tutti che i campioni (e Van Aert lo è) sanno sempre come fare la differenza.