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Inter, Lautaro Martinez racconta le proprie difficoltà

Grande umanità traspare dalle parole del Toro, che dai primi mesi complicati all'Inter si è lentamente preso la fiducia di tutti fino a diventare un punto fermo dei nerazzurri.

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Inter, Lautaro Martinez racconta le proprie difficoltà Fonte: Getty Images

Dal ritiro della nazionale argentina, dove è impegnato nella preparazione alla prossima Copa America, Lautaro Martinez si racconta in una bellissima e lunga intervista a “La Nacion“, nella quale parla delle proprie difficoltà durante il primo periodo interista, oltre ad aprirsi veramente a cuore aperto dimostrando un’umanità non facile da mostrare al pubblico per dei calciatori professionisti. 

Nello specifico, il Toro racconta di come il passaggio dal Racing ad una super squadra come i nerazzurri sia stato traumatico:

“Mi è costato, mi ha scioccato. Sono passato dal Racing, dove segnavo gol, la gente cantava il mio nome ed ero sempre un titolare, a un nuovo Paese, un nuovo club, una nuova lingua… Sapevo che mi sarei dovuto adattare, ma non che sarebbe stata così dura. Dopo tre mesi avevo già detto che volevo andarmene, non volevo saperne di più. Nessuno avrebbe potuto sopportarmi. A volte prendevo la macchina e andavo in giro da solo. Era pazzo, non pensavo a nulla. Poi c’è stato un cambiamento Mauro (Icardi ndr) mi ha dato una mano gigantesca in quel momento, lo ringrazio sempre. Sono molto felice che il primo anno mi sia servito come apprendimento. Già nel secondo anno ho giocato di più, le cose sono cambiate. E in questo, molto di più: sono tornato in Argentina completamente soddisfatto e felice. Ho giocato 38 partite su 38 in Serie A, 6 su 6 in Champions e 4 su 4 in Coppa Italia. E abbiamo vinto il campionato. È il mio primo titolo da professionista, ed è arrivato tre mesi dopo la nascita di Nina. Ha un altro sapore questa vittoria”.

Lautaro rivela anche un bell’aneddoto riguardante la maglia numero 20 che veste a Milano:

“Quando è arrivata l’Inter, il direttore sportivo è venuto a trovarmi a Buenos Aires. In quei colloqui, gli ho chiesto se la maglia numero 10 fosse libera. Ha detto ‘bene, vediamo’. Quando sono andato a Milano per firmare il contratto, me lo hanno chiesto di nuovo e io ho insistito che volevo la 10. Mi hanno detto: ‘Guarda, il 10 è stato sulle spalle di Ronaldo, Baggio, Sneijder, questo e quell’altro…’. Ho detto loro che ne ero consapevole, ma che mi piaceva la sfida: ‘La amo’. Ho firmato e fatto la foto con il 10”.

Successivamente, Martinez parla anche della Seleccion e dell’approdo in nazionale:

“Sapevo di essere giovane e che stavo facendo le cose bene nel Racing. Tutto quello che fai nel club ti porta in Nazionale. Quindi ero tranquillo, ero molto giovane, sapevo di poter avere un’altra possibilità. Indossare la maglia della Nazionale non è cosa da tutti i giorni. E quando lo indossi, credimi che succedono cose che non ti accadono altrove. E’ così. Lo dico sempre alla mia famiglia. E’ fantastico. Ecco perché devi goderti la giornata. E’ un’energia, qualcosa che non si vive in altri luoghi. Non ho trovato altrove l’energia che ti dà la Nazionale. Soprattutto per come siamo noi argentini. Abbiamo quella follia che è divina, anche se un giorno ci mettono lassù e l’altro laggiù. E’ divino esserci, mettersi la maglia… io la penso così: ogni persona che c’è lavora per il Paese. Il giardiniere, il cuoco, il calciatore: tutti. Perché rappresentare la Nazionale è rappresentare il Paese. E’ il massimo per un calciatore, che sia in un’amichevole o in un Mondiale. E’ bello. Nove della Nazionale? Cerco di dare il massimo nel mio club, perché so che è quello che mi porterà in Nazionale. Poi decide il ct”.

In ultimo, un pensiero per la figlia appena nata:

“So che per un mese e mezzo, se le cose andranno bene per la Nazionale, non la vedrò. All’inizio questa cosa mi ha reso un po’ triste, è stato difficile per me accettarlo, ma la mia famiglia sa che rappresenterò il Paese, ed è quello che amo fare. È più di un anno e mezzo che non posso andare a Bahía Blanca, che è il mio posto. Dove respiro, dove prendo energia, dove sto con i miei amici. E ora non potrò nemmeno andarci. Dico ad Agustina, tra il serio e il faceto: ‘Domani andremo a vivere a Bahía Blanca’. È il mio posto nel mondo”. Lautaro racconta la nascita della figlia, avvenuta alle 3.48 dell’1 febbraio a Milano: “Quella notte non ho dormito per niente… La bambina è rimasta nell’incubatrice, sono dovuto andare ad allenarmi perché il giorno dopo dovevamo giocare la prima semifinale di Coppa Italia contro la Juventus, in casa. Immaginate, è nata mia figlia… Ho finito l’allenamento nel pomeriggio, poi sono semplicemente tornato a casa perché accettavano una sola persona in ospedale e dentro c’era la madre di Agustina. Ho dovuto passare la prima notte lontano da lei. L’avevo abbracciata, ma era sotto ossigeno, è stata una sensazione orribile”.

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