Dice che non è stata la peggior notte della sua vita e probabilmente è vero, solo pochi giorni fa – sia pur con un linguaggio diciamo “colorito” – ha ricordato a tutti quanti anni ha ed anche ieri ha ribadito di avere un curriculum abbastanza profondo (“Quella di ieri non è stata la notte più difficile della mia carriera. Ne ho trascorse tante a pensare. La mia vita è stata tutta complicata perché sono state complicate anche le notti in cui ho vinto e poi ho dovuto gestire delle situazioni”) ma Luciano Spalletti non si aspettava questo finale da un Europeo che aveva conquistato e atteso con ansia. Dalla sua conferenza di ieri, prima delle vacanze, è giusto estrapolare i punti chiave per capire da dove intende ripartire il ct.
- Primo punto: gli esempi restano imprescindibili
- Secondo punto: perché è rimasto in sella
- Terzo punto: spazio ai giovani
- Quarto punto, fare il ct è un'altra cosa
- Quinto punto: obiettivo Mondiali
Primo punto: gli esempi restano imprescindibili
Non ritiene il ct di aver esagerato nel vietare playstation e cuffie, anzi, ha sottolineato il passaggio in cui quasi si beava a vedere tutto il gruppo azzurro in una stanza a giocare assieme. Nè pensa di essere stato troppo retorico e filosofico nei suoi continui richiami all’importanza della maglia azzurra, alla responsabilità che comporta. Ecco perciò che dice: “Vedo e leggo che mi è stato attribuito di aver alzato troppo i toni, di aver fatto uso di miti da seguire. Io ho impostato così la mia vita: ci vogliono degli esempi”.
Secondo punto: perché è rimasto in sella
L’idea delle dimissioni non l’ha mai sfiorato in realtà. A caldo, dopo il ko con la Svizzera, aveva detto che avrebbe “parlato con Gravina“. E l’ha fatto ma senza rassegnare il mandato anche se con umiltà ha lasciato carta bianca al presidente federale. Il ct si prende le sue colpe ma non si ritiene il primo responsabile della disfatta. Lo si evince chiaramente da questo passaggio: “Ci sono molte cose da far vedere e il mio impegno sarà totale, con delle esperienze in più perché poi bisogna essere completi e onesti nel racconto di queste 14 partite. Io sono entrato quando c’era un’urgenza di risultati e siamo stati bravi fino a un certo punto. Non siamo cresciuti in questo mini percorso fatto e ieri abbiamo fatto un passo indietro importante che non si può accettare. Un passo indietro che non si può accettare, ma io so che cosa bisogna fare. E vogliamo metterlo in pratica”.
Terzo punto: spazio ai giovani
Il ct ha elogiato tutta la rosa, ha fatto scudo sui ragazzi, ha detto che non è stata colpa loro ma sotto sotto si è sentito tradito da diversi giocatori, o almeno questa è l’impressione. Dai più esperti in primis, come Jorginho o Darmian, ma anche da Chiesa, da Fagioli, da Scamacca, da Di Lorenzo. Allora si cambia, spazio ai giovani: “Bisogna ringiovanire la rosa e ricreare un gruppo. Non ho avuto le risposte che cercavo finora ed è necessario ricreare dal basso, un gruppo che abbia forze nuove. E’ difficile ritrovare un altro Chiellini o un altro Bonucci, ma dando spazio a Calafiori si possono ritrovare giocatori importanti. Dobbiamo fare questo percorso e credere che ci siano delle potenzialità che passano attraverso il gioco e le azioni”.
Quarto punto, fare il ct è un’altra cosa
Dieci mesi sono oggettivamente pochi per giudicare il lavoro di un allenatore della nazionale ma sufficienti per capire in cosa consista davvero il lavoro del ct. Spalletti ha provato a utilizzare i metodi che ha sempre adottato nei club e con cui aveva raccolto sempre risultati ma ha capito che ci sono profonde differenze: “Le differenze tra un allenatore un c.t. sono oggettive. Un allenatore un giorno può dire una cosa, il giorno dopo un’altra, poi lo puoi fare giocare, poi gli riparli e magari lo schieri di nuovo. Qui in Nazionale non puoi giocare in maniera psicologica con il soggetto perché li vedi poco tempo”.
Quinto punto: obiettivo Mondiali
Spalletti ora sa cosa deve fare un ct e per settembre si farà trovare pronto (“Il vestito da c.t. però mi sta benissimo”): si riparte dalle gare di Nations League e quello sarà il terreno utile per i primi esperimenti, per i giovani da innestare piano piano nel tessuto della squadra. L’obiettivo è farsi trovare prontissimi per le qualificazioni Mondiali che inizieranno nel 2025. Come ha detto il presidente federale Gravina fallire per la terza volta sarebbe un disastro, come ha detto Buffon andare ai Mondiali è il minimo sindacale. E Spalletti non vuol fare la fine di Ventura e Mancini.