L’ex centrocampista della Juventus, Claudio Marchisio, in un’intervista alla Gazzetta dello Sport ha rivelato il retroscena sulla fine anticipata della sua carriera, a 33 anni: “Già dall’anno scorso incominciavo a capire che non sarebbe stato facile uscirne, mi sono infortunato ma stavo già male e non lo sapevo. Mi sono ritrovato con il menisco fuori dal ginocchio, ci giocavo sopra perché pensavo fosse un dolore accettabile…”.
“Invece quest’operazione l’ho dovuta fare rischiando una protesi al ginocchio a quarant’anni. Quando cominci a vedere determinati conti non puoi solo più pensare al calcio, ma anche alla tua vita. Poi sapevo che non avrei mai potuto indossare un’altra maglia in Italia, avrei dovuto cercare una sistemazione all’estero, sapendo di giocare soltanto forse un anno”.
Marchisio ha anche parlato della Juventus di questa stagione: “Il gioco di Sarri non è tanto diverso da quello di Allegri. Ma credo comunque che ci voglia tempo per un allenatore che arriva in un contesto molto diverso rispetto alle squadre che ha allenato prima. In una squadra come la Juventus, che ha degli obiettivi importanti, devi essere sempre lassù, non conta alla fine in che modo, l’importante è essere sempre lì e la Juve comunque anche ora è lì. Credo che Sarri col tempo riuscirà a trovare una quadra definitiva e per la Juventus, come per le grandi squadre, la quadra deve arrivare a febbraio-marzo”.
Il consiglio di mercato: “Io sono convintissimo che il centrocampo sia quello che decide il livello di una squadra, è l’unico settore dove tu devi essere presente in qualsiasi fase di gioco ed è il reparto che fa da collante. Se non c’è un buon centrocampo una squadra fa molta più fatica e anche quest’anno, al di là del cambio dell’allenatore, credo che alla Juventus qualcosa a centrocampo manchi. Lo si vede soprattutto dai gol in più presi rispetto all’anno scorso”.
L’avversario più pericoloso per i bianconeri è l’Inter: “La superiorità in campo della Juve la si può leggere dai nomi, dall’esperienza e dal costo dei cartellini di alcuni giocatori. Ma non vuol dire niente, il bello dello sport è proprio che a differenza di altri mondi, c’è sempre l’aspetto emotivo, di gruppo, di squadra. C’è il sacrificio e la voglia di vincere. L’Inter sta facendo questo percorso con un allenatore molto preparato, capace di integrare bene i nuovi in un contesto in cui si stava sgretolando tutto quanto. È riuscito ad amalgamare bene un gruppo che in realtà, a parte due o tre giocatori, è lo stesso degli ultimi anni. È lì che si capisce quando un leader riesce a cambiare un gruppo”.
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