I colori bianconeri della Juventus hanno segnato la sua carriera di calciatore per dodici anni e tre da allenatore. Ancora oggi quando ai tifosi delle zebre dici Antonello Cuccureddu i loro occhi luccicano e la mente porta ai tanti ricordi del passato.
Sei scudetti, una Coppa Italia, una Coppa Uefa, oltre ad un campionato, una coppa tricolore Primavera e un torneo di Viareggio come tecnico delle giovanili.
“Ho iniziato da bambino fino all’età di 15 anni giocando con mio padre, non ho fatto la scuola calcio – spiega Cuccureddu in esclusiva per Virgilio Sport -. Oggi sono io che insegno ai bambini, soprattutto a quelli piccoli. Ho un gruppo di esordienti che sono fenomenali, e farlo a quest’età è più bello perché si parte da zero”.
Cuccureddu, una carriera da campione
Appena ventenne l’esordio in Coppa delle Fiere con la Juventus a Berlino Ovest.
“Affrontammo l’Hertha Berlino la ricordo ancora oggi, fu la mia prima gara in bianconero prima ancora dell’esordio in campionato. Poi, da quella trasferta in Germania rientrammo e partimmo subito per Cagliari”.
Un esordio con i fiocchi nel vecchio stadio Amsicora dove fece goal ad Albertosi.
“Era il grande Cagliari di Gigi Riva che vinse lo scudetto, quella rete ancora me la sogno. Non pensavo di giocare alla vigilia della gara. Eravamo in svantaggio, nel finale mi arrivò una palla e io infilai Albertosi. Diciamo che ha rappresentato quella rete un po’ il mio trampolino”.
Le dico una data 20 maggio 1973.
“Giocavamo in casa della Roma ed eravamo sotto, poi, pareggiò Altafini e a tre minuti dalla fine con una mia rete dalla distanza vincemmo per 2-1 e la Juve conquistò il quindicesimo scudetto. E’ un goal importante ma come si dice il primo amore non si scorda mai e la prima rete a Cagliari nell’esordio ha un valore particolare. Avevo vent’anni e segnai indossando la maglia numero dieci”.
Oggi c’è la numerazione fissa, durante la sua carriera ha indossato tutti i numeri di maglia vero?
“Tranne i numeri 1, 9 e 11 le altre le ho indossate tutte. Avevo le caratteristiche di giocatore polivalente che poteva giocare a destra o sinistra anche se io prediligevo giocare da centrocampista”.
Perché la paragonavano ad Eusebio Castigliano del grande Torino.
“Io ne ho sentito parlare ma non l’ho mai visto. Forse avevo delle caratteristiche similari, mi faceva solo piacere questo accostamento”.
Il suo rammarico maggiore?
“Quello di aver disputato sei Coppe dei Campioni e non averne vinto nemmeno una, arrivavamo sempre quasi alla fine ma era più difficile ai miei tempi”.
Con la Nazionale arriva terzo nei Mondiali del 1978.
“Eravamo ben nove giocatori della Juventus in quella Italia, un bel gruppo. Facemmo un bel campionato del Mondo”.
Cuccureddu: i compagni e i dirigenti nel cuore
Con chi ha legato di più dei suoi ex compagni?
“Io ho sempre avuto un ottimo rapporto con tutti, eravamo una grande famiglia e tanti giovani all’inizio. La mia soddisfazione è stata iniziare nella Juventus con i miei idoli. Nel 1969 quando ho esordito giocavo con le loro figurine Panini pensi e trovarmi a giocare con loro era un sogno. Poi, nell’ultimo anno in bianconero ho anche avuto come compagno di squadra Liam Brady, persona simpaticissima. Ripeto era una famiglia portata avanti da un grande presidente”.
Cosa ricorda di Giampiero Boniperti.
“Lui è stato un padre per me, fui il primo giocatore al quale lui da presidente fece il contratto. Io arrivavo dal Brescia e una volta giunto alla sede della Juve salendo le scale per arrivare nel suo ufficio capii subito cosa significava entrare a far parte di una società così importante. Ripeto mi bastò salire quelle scale. Ricordo quando mi contattò qualche giorno per telefono per darmi l’appuntamento. Quando entrai nel suo ufficio mi chiese come stava la mia famiglia e altro e aveva il contratto già pronto sulla scrivania. Poi, all’improvviso mi disse, Antonello firma qui. E io firmai subito. Sa a vent’anni, arrivare a Torino con la mia 500, durante il viaggio non vedevo l’ora d’arrivare e mi dicevo tra me e me ma sarà vero? Per me era un sogno, era da bambino che giocavo con le figurine e mi sentivo juventino”.
Nella Juve degli anni Ottanta c’era Gaetano Scirea.
“Un amico, le nostre famiglie trascorrevano le vacanze estive in Liguria. Mio figlio e quello di Gaetano sono cresciuti assieme. Persona straordinaria, parlare di lui ancora oggi non mi sembra vero quello che gli è accaduto. Per me lui è ancora lì con la maglia della Juve a giocare al Comunale, sono trascorsi tanti anni e non ci credo ancora”.
Poi, a Firenze trova Picchio De Sisti.
“Un vero professionista e molto serio e meticoloso nel suo lavoro. Avevamo giocato spesso da avversari quando lui era calciatore”.
La nuova vita di Cuccureddu con i giovani
Dopo aver intrapreso la carriera di allenatore professionista insegna da qualche anni ai ragazzini della sua scuola calcio. E da grande romantico e appassionato traccia anche le righe del campo di allenamento.
“Io all’età di dieci anni come detto giocavo con mio padre e molto anche per strada. Quello che manca fose oggi a questi ragazzi che sono troppo coccolati. Bisogna insegnargli ad avere fame, che ci sono delle regole e che viene prima la scuola e, poi, il calcio. La nostra struttura è ad Alghero nella zona Mariapia ed ha il campo in terra battuta anche se abbiamo in progetto di fare il sintetico e sta nascendo una vera cittadella dello sport”.
PASQUALE GUARDASCIONE