Il Direttore Sportivo del PSG Leonardo è stato ospite oggi del Festival di Trento nell’evento “Leonardo e il fenomeno Psg”, moderato da Alessandro Grandesso e G.B. Olivero. Il dirigente brasiliano dei parigini è stato un vero e proprio fiume in piena, e oltre a raccontare parecchi aneddoti riguardanti la propria vita professionale, da calciatore del Milan e della Selecao prima e da dirigente poi, ha anche svelato alcuni retroscena di mercato davvero sensazionali.
Due sono stati gli interventi principali di Leonardo. Il primo, che vi riportiamo di seguito, riguarda il comportamento del Real Madrid nei confronti di Kylian Mbappé, in scadenza col PSG e cercato con insistenza da Florentino Perez, tanto da offrire in estate ben 180 milioni pur di averlo subito. Alla fine non c’è stato nulla da fare e il fenomeno francese è rimasto sotto la Tour Eiffel, ma neanche a dirlo i rapporti tra i due club sono più tesi che mai. Leonardo, un “operaio del calcio” come lui stesso si definisce, fa un parallelismo tra la vicenda Mbappé e quella di Gigio Donnarumma, arrivato a parametro zero dal Milan:
“Donnarumma, se posso dire una cosa, è una situazione difficile. Perché mi rendo conto. Ma noi non abbiamo mai contattato Donnarumma prima di giugno. Hanno comunicato che non avrebbero rinnovato, prendono Maignan, poi ci sono state cose interne che sono successe. A giugno si è parlato di questa situazione, abbiamo parlato e deciso di fare così. Non c’è mai stato un lavoro perché andasse via a zero. La vicenda Mbappé è diversa: c’è stato un lavoro, di due anni, che parlano pubblicamente di lui. Come fosse normale. Noi abbiamo comunicato tante volte al Real Madrid che non eravamo contenti. Io penso sia una cosa da sanzionare, non è normale. Stiamo parlando di uno dei migliori al mondo. Non credo sia giusto un tipo di approccio a un giocatore, così, per tanto tempo. Tutti ne parlano. Lui è all’ultimo anno di contratto, ma la loro è una mancanza di rispetto”.
Il secondo intervento riguarda l’impatto di Leo Messi sul mondo PSG. Un arrivo chiacchierato, che condanna la squadra di Nasser Al-Khelaïfi a vincere la Champions League per evitare il fallimento stagionale. Come si convince un giocatore come Messi a lasciare il Barca e a trasferirsi a Parigi? La parola convincere non piace molto a Leonardo, che come lui stesso rivela non lavora in questo modo:
“A me non piace la questione del convincere, il rapporto non può essere mai un favore. È una costruzione, l’arrivo di qualcuno in un posto penso sia molto importante. Gettare le basi per gli anni successivi penso sia molto importante. Incominciamo da Messi, anche se è la fine: si aggiunge a Neymar e Mbappé, poi c’è Parigi, che crea questa cosa. Gestire ed equilibrare questa cosa, non bastano i soldi. Principalmente non è che il PSG investe più soldi degli altri. Sono altri club che hanno degli ingressi superiori al Paris Saint Germain. Non entro in cifre, ma il PSG ha 4/5 o 3/4 degli ingressi di altre squadre, con molti più debiti. Il PSG paga tutti i suoi investimenti. Torno a Messi: era convinto di rimanere al Barcellona, noi avevamo dei contatti, perché è chiaro, abbiamo parlato. Poi non c’è stata mai l’idea vera di chi avesse l’intenzione. Abbiamo gettato le basi per scambiare idee, questo ci ha messo in una posizione più facile quando il Barcellona quando non rimane. Da lì parte ed è stato bellissimo, è stato un colpo per tutti, perché è un giocatore mondiale. Il modo in cui arriva… È il primo trasferimento che fa Messi, uscire di lì e cambiare, è una cosa nuova. Ha un silenzio impattante, arriva come fosse l’ultimo, parlando poco, salutando tutti. È una persona che ti fa ammirarlo sin dal primo momento”.
Tra i tanti aneddoti raccontati dal dirigente brasiliano, uno dei più significativi è stato quello riguardante il suo passaggio dal Milan (dove esordì con l’ormai famoso e romantico modulo 4-2-fantasia) all’Inter, sempre nel ruolo di allenatore:
“Non pensavo che ci sarebbero state così tante polemiche, per me è stato difficile andare via dal Milan, è stata una grande perdita, ma da 6 mesi il rapporto era finito. Non avevo ancora deciso se andare avanti come allenatore o tornare a fare il dirigente, è stato Massimo Moratti a cambiare tutto. Quando mi ha chiamato ho pensato che dire di no sarebbe stato come morire. Sapevo che andavo verso qualcosa di complicato ma non così tanto. Baggio aveva giocato nel Milan e nell’Inter, anche Ronaldo, non pensavo ci potessero essere reazioni così negative. Però se c’è contestazione è perché c’è stato un sentimento prima”.
In particolare, è rimasto nella memoria collettiva lo striscione esposto dalla curva rossonera con scritto “Giuda interista” in occasione del Derby di Milano successivo all’arrivo di Leonardo in nerazzurro. Una cosa che lo stesso diretto interessato non si aspettava, e che ha compromesso tutta la partita:
“Ce ne sono altri molto peggiori. Sicuramente era un modo di esprimere un disappunto, un tradimento. Avendo vissuto quel che ho vissuto, ho pensato che ci sia stato qualcosa di positivo. Quel che mi ha colpito era il clima allo stadio. Incrociare le persone che conoscevo da 20 anni e non sapevano cosa fare. È stato abbastanza surreale. Quando sono arrivato all’Inter eravamo tredicesimi, è stata una cavalcata e avevamo due punti di distacco. Anche quella era una finalina, c’erano tante cose lì dentro. A me è dispiaciuto per i giocatori dell’Inter, perché avevo compromesso la situazione. Pato fa gol dopo tre minuti, sono stati novanta di tutto e di più”.