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Mondiali Basket Italia-Usa: Paolo Banchero, a noi due. Nelle Filippine, l'ha deciso il destino

Era forse un epilogo già scritto: l'Italbasket contro gli Stati Uniti nel quarto di finale della competizione iridata a Manila. Vuol dire tante cose, anche ritrovare Paolo Banchero. Da avversario

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Italia-Usa ai quarti di finale dei Mondiali di Basket 2023 sappiamo benissimo cosa vuol dire… Una marea di cose, in realtà e includerle tutte in qualche migliaio di battute: come si fa? Però tre o quattro punti focali me li gioco subito:

  1. l’Italia che non arrivava ai quarti di finale di un Mondiale da 25 anni è la stessa che vanta quale miglior risultato di sempre due quarti posti, nel 1970 a Spalato e – guarda caso – proprio nelle Filippine (Manila) nel 1978;
  2. non è che giochi a basket contro gli Stati Uniti e puoi pensare che finirà bene. Dai tutto quello che hai ma quell’impegno può anche non bastare. Fai finta che sia alla pari, provi a dimenticarti chi sono però la storia dice che in quella disciplina fanno i maestri. Ma questi Usa non sono alieni: lo ha fatto intendere chiaramente la Lituania che ha vinto e ce li ha spediti tra i piedi. Allora questa vulnerabilità può anche essere l’appiglio per provare a vendicare il 1998, mondiale ateniese: eravamo una signora nazionale, ci batterono ai quarti di finale per 3 miseri punti. 80-77: l’omologo di allora di Gianmarco Pozzecco era Tanjevic e il Poz se la giocava insieme al resto del roster. Carlton Myers e Gregor Fucka, poi Basile e Meneghin.
  3. Gigi Datome è Gigi Datome. Capitan Italia ha trovato un’ottima vetrina per provare a non chiuderla qui, sarebbe una delle vittorie più importanti della carriera e la strapperebbe nel finale. Ma anche il contrario sembra uno scherzo del destino: regalargli in ultimo la gara più importante cui potesse ambire.
  4. Paolo Banchero, a noi due. Anche questo sembra l’esito della longa manus di un disegno scritto prevedibile. Ci si vede sul parquet della Mall of Asia Arena.

L’occasione di Nick Melli e Pippo Ricci

L’hanno inseguito per due lunghi anni, sono andati persino a Orlando per provare a convincerlo a unirsi al clan azzurro. Solo che Paolo Banchero prima ha strizzato l’occhio, poi ha preso tempo, quindi s’è fatto ingolosire dalle luci dei riflettori e poi ha appiedato tutti. E se n’è inventata una più del diavolo per giustificare la scelta di rinunciare alla proposta di giocare nella nazionale italiana piuttosto che in quella a stelle e strisce (l’ultima, due giorni fa: “L’ho fatto per mia madre”).

Adesso però dovrà vedersela con Nick Melli e Pippo Ricci, che non avranno la sua stessa fama e nemmeno un conto in banca minimamente paragonabile al suo, ma che al mondiale sono arrivati proprio dove è arrivata anche Team USA con fatica, sudore, dedizione e qualche imprecazione.

L’Italia non ha (e non deve) avere paura

Loro che hanno fatto spallucce quando Paolo, dagli USA, ha fatto finta di niente, semplicemente cancellando il numero di telefono di Pozzecco e Petrucci. Che sognavano proprio un incrocio così, pronti a far parlare una volta per tutte il campo. Perché l’Italia di questa versione di Team USA non ha e non deve avere paura. Tantomeno di Paolo Banchero.

Semmai, ritrovarselo contro darà agli azzurri una motivazione extra per spingersi oltre i propri limiti. Di solito chi gioca contro gli americani non deve mai faticare troppo a trovarne, ma stavolta sarà diverso.

Stavolta sarà davvero una resa dei conti, pensando all’incredibile evoluzione della vicenda che dal 2020 ha appassionato (annoiato si può dire?) migliaia di appassionati italiani.

Dal Covid ai quarti

Che a Banchero, come la FIP, hanno cominciato a pensare già prima della pandemia: all’epoca (era il 2019) nessuno poteva immaginare che Paolo sarebbe diventato una prima scelta al Draft NBA, perché la strada per salire nel mondo dei grandi era ancora lunga e piena di insidie.

Il Covid invero c’ha messo lo zampino, stavolta più del diavolo: nel novembre del 2020 Banchero era pronto a rispondere alla chiamata di Meo Sacchetti per le gare di qualificazione all’Europeo, ma appena prima di imbarcarsi sul volo che l’avrebbe portato per la prima volta in Italia fu costretto allo stop dal “contatto” con un familiare che era risultato positivo a un tampone.

All’epoca il protocollo era chiaro: anche il solo dubbio di poter essere entrato in contatto con un positivo obbligava a starsene buoni, e Banchero per qualche giorno non poté nemmeno uscire di casa, seppur del virus nel suo corpo non ci fosse traccia (e nemmeno dopo ce ne sarebbe stata).

Solo che, dopo quella finestra FIBA, non ce ne sono state altre per poter organizzare un nuovo viaggio nel vecchio continente, perché nel frattempo l’avventura al college era decollata, così come successivamente la prospettiva di entrare in NBA dalla porta principale. Ed è lì che fatalmente le cose sono cambiate.

Un silenzio assordante

Quando a dicembre una delegazione FIP, capitanata da Petrucci e Pozzecco, è stata ospite dei Magic, le parti erano sembrate nuovamente vicine. Cauto ottimismo era stato espresso dal presidente federale, senza sapere che di lì a poco le stats di Paolino a Orlando sarebbero esplose, tanto da condurlo a vincere il premio di Rookie of the Year.

E gli Stati Uniti, dopo la batosta all’ultimo mondiale (chiuso al settimo posto), hanno fatto capire ai loro prospetti del futuro che di volgere lo sguardo altrove proprio non se ne parlava. Sponsor, franchigia e altri poteri “più o meno forti” dello showbiz americnao hanno spinto Banchero verso Team USA, e lui ha obbedito senza colpo ferire.

Neanche un messaggio a quella federazione che per tre anni lo ha inseguito, coccolato, fatto sentire grande (quando grande ancora non lo era) e insignito del ruolo di futura star. Ha rinnegato tutto, quasi schernendosi di fronte a chi si è stupito della sua scelta. E adesso, dopo un mondiale vissuto tra alti e bassi (6 punti con 3/4 dal campo, 2 assist, 2 rimbalzi e -14 di p/m in 16’ contro la Lituania), si ritroverà davanti proprio la sua nemesi.

La promessa (rinnegata)

Intendiamoci: Paolo Napoleon James Banchero è un bravo ragazzo, ma di italiano, se proprio vogliamo dirla tutta, ha soltanto il primo nome e il cognome. Ereditato dal bisnonno che dalla Liguria emigrò nel States all’inizio del ‘900, mettendo le tende a Seattle, dove sono nati poi il nonno e il babbo di Paolo.

Che in Italia è atterrato per la prima volta tre mesi fa per un tour promozionale, quando ancora non era chiaro (in realtà si, ma non ufficialmente) quale sarebbe stata la maglia della selezione nazionale che avrebbe indossato. Nella notte del 22 giugno 2022, quando venne scelto alla numero 1 dagli Orlando Magic, Banchero disse testuali parole:

Ho sentito l’affetto e il supporto degli appassionati italiani durante tutta la mia stagione universitaria. Ribadisco che giocherò per la nazionale italiana, non in questa estate, ma la prossima. Se è una promessa? State tranquilli.

Forse si era dimenticato di specificare che l’avrebbe fatto da avversario, ma magari quello era solo un dettaglio. Mentre non è un dettaglio pensare che Pippo Ricci e Nick Melli (che di fatto giocano in quello che sarebbe stato il ruolo assegnato a Banchero) l’inno di Mameli lo sanno a memoria, da sempre, e lo cantano pure a squarciagola. E allora a noi due, Paolino: al campo, come sempre, l’ardua sentenza.

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