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Mondiali Rugby, favoriti e pronostico: Francia, Irlanda e Sudafrica. Ma regna l'incertezza più assoluta

Al via con Francia-Nuova Zelanda i Mondiali di rugby: mai così tanto equilibrio al vertice, con tre nazionali un passo avanti alle altre. Le prospettive degli azzurri.

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Ogni quattro anni nel mondo di Ovalia si riunisce tutto il meglio del rugby internazionale. E ogni quattro anni gli scenari cambiano, perché se c’è uno sport dove certe abitudini possono essere ribaltate da un istante all’altro, quello certamente è il regno della palla ovale. Che in Francia è pronto a offrire al solito uno spettacolo unico nel suo genere, tanto che ormai la Coppa del Mondo di rugby è considerata (a ragione) uno degli eventi sportivi di maggiori richiamo a livello globale, paragonabile sotto certi aspetti a un mondiale di calcio o a un’olimpiade (con le dovute proporzioni).

Evento planetario che mai come stavolta offrire agli appassionati un quadro incerto e pieno di possibilità: se una volta per cercare una favorita bisogna rivolgere lo sguardo all’emisfero sud, adesso la geografia del rugby è cambiata, per davvero. E l’Europa sogna di rimettere le mani sulla Webb Ellis Cup, cosa che non gli riesce da ormai 20 anni, dato che le ultime 4 edizioni della rassegna se la sono spartita Sudafrica (2007 e 2019) e Nuova Zelanda (2011 e 2015).

Mondiali rugby: la formula

Il mondiale di rugby che scatterà venerdì 8 settembre con la sfida tra Francia e All Blacks e che si concluderà sabato 28 ottobre vedrà ai nastri di partenza 20 squadre, divise in 4 gironi da 5 rappresentanti ciascuno. Si qualificano ai quarti le prime due di ogni raggruppamento, mentre le terze si guadagnano l’accesso diretto alla Coppa del Mondo 2027, assegnata all’Australia, edizione nella quale si potrebbe assistere alla possibilità di allargare il numero delle partecipanti a 24 squadre.

Ogni nazionale giocherà da un minimo di 4 a un massimo di 7 partite e ha fatto storcere il naso a molti il fatto che il sorteggio dei gironi si stato fatto addirittura nel dicembre del 2020, quando i valori di forza erano ben differenti da quelli attuali. Questo finirà per rendere assai più variegata e incerta la lotta per le prime posizioni in tutti e 4 i gironi, in quanto le carte rispetto a tre anni fa sembrerebbero assai più rimescolate. E anche le agenzie di scommesse stanno faticando a offrire un quadro esaustivo e univoco che possa consentire di capire davvero chi sia la squadra da battere. Si può provare però a fare un’analisi dettagliata squadra per squadra, considerando quelle che senza ombra di dubbio si giocheranno la coppa fino alla fine di ottobre.

Mondiali rugby: le prospettive azzurre

L’Italia di Kieran Crowley, che saluterà la panchina azzurra al termine della manifestazione (al suo posto arriverà l’argentino Quesada), si ritrova nella scomodissima posizione di doversi giocare il passaggio del turno (cosa mai avvenuta nelle precedenti 8 edizioni) contro Nuova Zelanda e Francia. L’Italia sta vivendo un momento di grande fioritura in termini di talento, con una nuova generazione di giocatori in grado di offrire un’adeguata garanzia anche per il futuro. Se si rimpiange la perdita per infortunio di un 19enne (Tommaso Menoncello, infortunatosi contro l’Irlanda in un test match estivo) significa che il materiale c’è e non si guarda in faccia alla storia o alla carta d’identità.

Ange Capuozzo sarà l’uomo copertina di un gruppo che pure poggia basi solide su tanti interpreti, dal capitano Michele Lamaro a Luca Morisi, da Tommaso Allan (l’unico ad aver già preso parte a due mondiali: 24 in tutto sono esordienti) a Paolo Garbisi, da Monty Ioane a federico Ruzza e via dicendo. Una squadra chiamata a una mission quasi impossible: battere una tra Francia e Nuova Zelanda per centrare quei “maledetti” quarti di finale e fare la storia. Possibilità di riuscita? Intanto bisognerà partire bene e battere (con bonus) Namibia e Uruguay, abbondantemente alla nostra portata. Poi dipenderà da tanti fattori, soprattutto esterni.

Mondiali rugby, la Pool A

Per tanti motivi, All Blacks e Francia non arrivano certo al mondiale nel loro momento di massimo splendore. La Nuova Zelanda è in crisi da almeno due anni: Ian Foster è sulla graticola da una vita e dopo il mondiale passerà giocoforza la mano, ma la marcia d’avvicinamento è stata assai complessa, con la tremenda sconfitta subita due settimane fa contro il Sudafrica (35-7) che ha fatto scattare miriadi di campanelli d’allarme.

Gli All Blacks pagano sia la crescita delle rivali in campo internazionale, sia un ricambio che stenta a decollare, perché i neozelandesi hanno allargato a loro volta i propri orizzonti e lo sport della palla ovale sta progressivamente perdendo il suo status di superiorità anche a livello di praticanti. Foster si affiderà all’esperienza dei fratelli Barrett, al piede di Mo’unga, alla leadership di Sam Cane ma senza molte altre certezze.

E l’esordio con la Francia è da brividi: anche i transalpini hanno i loro problemi, con tanti infortuni (Ntamack e Willemse gli ultimi della lista) che hanno complicato la vita al coach Galthiè, costretto a rivedere i piani (e ci si è messa anche la politica, con la discussa convocazione di Chalureau, accusato di aver scatenato nel 2020 una rissa a Tolosa per motivi razziali).

Però almeno la Francia nell’ultimo test match s’è mostrata pimpante, con l’Australia domata senza troppe difficoltà dopo le due battaglie (una vinta e una persa) contro la Scozia. La pressione potrebbe giocare brutti scherzi, ma i Galletti hanno puntato tutto sul mondiale di casa per cercare di conquistare la prima Webb Ellis Cup della loro storia. E a sentire loro, hanno tutto per riuscirci. Partire bene, però, contro gli All Blacks sarà fondamentale.

Mondiali rugby, la Pool B

A conti fatti, il girone più incerto e complicato. Con tre squadre in lotta per i primi due posti e un quarto incomodo (Tonga) che non vorrà stare a guardare. Chi potrebbe scompaginare i piani di Sudafrica e Irlanda è la Scozia, forse la vera rivelazione dell’ultimo biennio. Che ha un organico giovane ma già pronto a stupire: Finn Russell è certamente la pedina chiave, l’uomo che può far decollare i sogni della nazionale del cardo. Ma Rory Darge, l’astro nascente, potrebbe accelerare il proprio percorso e diventare un fattore da subito.

Tutti temono la Scozia: il Sudafrica, campione in carica e primo avversario, sa che una sbavatura all’esordio potrebbe costare carissima, anche se c’è sempre il precedente del 2015 (quando gli Springboks vennero battuti dal Giappone, ma riuscirono poi comunque a rimediare strada facendo) che lascia aperta più di una speranza. Sudafrica che ha demolito gli All Blacks nell’ultimo test match e che si presenta come una delle formazioni da battere, con il gigante Eben Etzebeth e Siya Kolisi leader (anche) spirituale di un gruppo che non può disporre almeno nella prima parte del torneo dell’infortunato Handré Pollard, il quale però potrebbe essere ripescato più avanti.

Nel girone c’è anche l’Irlanda, che scampato il pericolo di una squalifica nella quale sarebbe incorrere Jonathan Sexton dopo un’espulsione rimediata in un test match estivo (sarà l’ultimo appuntamento dell’apertura irlandese prima del ritiro dal rugby giocato) sente l’obbligo di dover sfatare quel fastidioso tabù che non l’ha mai vista avanzare oltre i quarti di finale. Andy Farrell, papà di Owen (apertura inglese), ha tra le mani una squadra pronta, numero uno del ranking, recente vincitrice del Sei Nazioni e con un organico completo in tutti i reparti. Dovrà convivere un po’ con la pressione, ma potrà entrare in gioco conoscendo il risultato della sfida tra Sudafrica e Scozia, e quindi gestire un po’ le cose.

Mondiali rugby, la Pool C

Girone aperto, perché qui le certezze sono svanite da un pezzo. Quelle del Galles, ad esempio: post Covid quella gallese sembrava la squadra con l’avvenire più luminoso, poi una lunga scia di scandali, problemi economici, infortuni e addii eccellenti (da Alun Wyn Jones a Justin Tipuric, passano per Webb, Hill, Hawkins e altri ancora) hanno fatto precipitare la squadra di coach Gatland lontano dall’elite del rugby mondiale. Tanto che le Fiji, più della Georgia, sognano seriamente di poter pensare a uno sgambetto eccellente, costringendo la nazionale del Dragone a salutare la competizione prima ancora di approdare ai quarti.

Se Atene piange, però, Sparta di certo non ride: l’Australia è un’altra nazionale in profonda crisi di identità, con le esclusioni eccellenti di Michael Hooper e Quade Cooper che testimoniano quanto Eddie Jones, l’allenatore che nella scorsa edizione del mondiale portò l’Inghilterra a un passo dal trionfo (dopo aver messo il Giappone nell’elite mondiale negli anni precedenti), abbia davvero un’infinità di problemi con i quali dover convivere, a partire dal rapporto assai turbolento con la stampa australiana.

Carter Gordon è l’uomo dal quale dipenderanno molti dei destini dei Wallabies, che devono trovare soprattutto un calciatore affidabile dalla piazzola per poter sperare di considerarsi ancora tra le possibili candidate almeno alle semifinali. Magari il girone eliminatorio darà una mano (soprattutto la crisi conclamata del Galles), ma l’orizzonte non è per nulla sereno, come dimostrato anche dal ko. nell’ultimo test match con la Francia.

Mondiali rugby, la Pool D

Altro girone dove tutto può succedere. Intanto perché manca apparentemente un padrone degno di tal nome. Non può esserlo l’Inghilterra, almeno questa versione della nazionale della rosa: la sconfitta contro le Fiji nell’ultimo test match premondiale (e prima c’era stato il netto ko. con l’Irlanda) ha fatto sprofondare i sudditi del Re Carlo nello sconforto più assoluto, al punto da ipotizzare persino un’uscita prematura dalla competizione. Steve Borthwick, il coach inglese chiamato in panca alla fine del 2022 per sostituire l’esonerato Eddie Jones, sa di avere il posto precario: ha perso per infortunio anche Watson, richiamando il veterano Johnny May, ma non ha molto di cui essere contento pensando alle recenti batoste nelle quali è incappata la sua nazionale.

Vero è che anche l’Argentina al momento non sembra vivere la sua parabola più ascendente: rispetto ai precedenti mondiali, quello alle porte non offre quella sensazione di crescita che aveva contraddistinto tutto il decennio precedente, con Michael Cheika che ha perso all’ultimo per infortunio anche Grondona. Però il calendario favorevole potrebbe strizzare l’occhio ai Pumas, che hanno soprattutto problemi nel ruolo del mediano di mischia e di seconda linea, pur se negli altri reparti le garanzie le offrono gente come Gonzalez, Chocobares e Carreras, quest’ultimo ormai adattato (con profitto) a mediano di apertura.

Il Giappone visto contro l’Italia a Treviso non può impensierire l’Argentina, e probabilmente tantomeno l’Inghilterra, che pertanto rimane complicato pensare che possa uscire al cospetto dei nipponici oppure di Samoa, la mina vagante del girone, che può contare anche sulla nuova regola che contente ai giocatori che hanno giocato in altre nazionali, ma che non lo hanno fatto negli ultimi tre anni, di poter vestire la maglia di altre nazionali (ma deve esserci un passaporto precedentemente rilasciato). Le nazionali oceaniche (Fiji, Tonga e Samoa) possono attingere al bacino neozelandese: capita l’antifona?

Mondiali rugby, il borsino finale

Ricapitolando: Francia, Irlanda e Sudafrica (in rigoroso ordine alfabetico) sono le tre squadre ad oggi meglio assortite e con più certezze (chi più, chi meno) per arrivare fino in fondo. Australia e Nuova Zelanda partono un gradino sotto, con la Scozia vera mina vagante assieme alle isole Fiji. La possibile rivelazione? Magari proprio l’Italia, se anche la fortuna (una volta tanto) girerà dalla nostra. Che lo spettacolo abbia inizio: il mondo di Ovalia è pronto a presentarsi al mondo in tutta la sua bellezza.

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