José Mourinho chiude il suo 2024 con una lunga intervista al Corriere dello Sport, tra aneddoti sul passato e retroscena sugli addii a Roma e Inter, fino ad arrivare all’esperienza con il Fenerbahce e all’evoluzione del calcio moderno, senza dimenticare il caso Edoardo Bove. O lo ami o lo odi, questo è lo Special One. Prendere o lasciare.
- Mourinho: "Un grande comunicatore non vince tutto"
- Mourinho, i fenomeni e gli incompetenti del calcio
- Mourinho, i rimpianti più grandi e il retroscena su Roma e Inter
- Mourinho su Bove: "Lui è come me"
Mourinho: “Un grande comunicatore non vince tutto”
“Un grande comunicatore non vince tutti i titoli più importanti del calcio”. Basterebbero queste semplici ma pregnanti parole per descrivere la Mourinho Mentality. E forse, anche il Mourinho personaggio. Del resto, la grandezza di un allenatore si misura “nella carriera, non nel momento”, parola dello Special One.
“La grandezza di un allenatore – ha precisato Mourinho al Corriere dello Sport – è nei risultati, non nella filosofia. E nell’umanità, non nell’egocentrismo. Nel coraggio, non nell’autotutela. Nell’onestà, non nel relazionale. Nella sintonia con la nuova generazione di colleghi. Nel riuscire a dormire bene di notte perché sa di essere stato sempre indipendente intellettualmente e verticale”.
Mourinho, i fenomeni e gli incompetenti del calcio
Mourinho ha qualcosa di speciale, da sempre. Nel bene e nel male. Odi et amo, a seconda della fede calcistica e di ciò che ti ha lasciato, sul campo o in una semplice intervista. Di sicuro, è uno che ha le idee chiare, anche sul calcio moderno e su come si sta evolvendo.
Si evolvono i giocatori, ma anche gli allenatori, con la “filosofia” che a volte supera la tecnica: “I fenomeni del calcio? Gli allenatori bravi che non sanno vincere, gli esperti dei social media e gente che ha potere decisionale ma che sa di calcio come io di fisica dell’atomo”, ha aggiunto, con riferimenti “puramente casuali”.
“Il calcio è il regno della superficialità e dei luoghi comuni – ha sottolineato il manager portoghese – e un’etichetta non si nega a nessuno. È così per la maggior parte dei grandi allenatori che di solito guidano le squadre migliori e hanno le maggiori possibilità di arrivare in finale, è così quando parlano di me quando si riferiscono a cose di quindici, otto, dodici anni fa”.
Mourinho, i rimpianti più grandi e il retroscena su Roma e Inter
Dalle poche finali perse ai treni su cui ha preferito non salire, pur pentendosi della scelta qualche anno più tardi. Come tutti, anche José Mourinho ha dei rimpianti nella vita. E nello sport non possono mai mancare: “Se parliamo di partite, tanti perché quando perdi pensi sempre che avresti potuto fare diversamente, e di partite ne ho perse parecchie. Se invece ti riferisci alle scelte professionali, – continua – il no a Florentino (Perez). Mi disse “Mou, non andare via adesso, il difficile l’hai fatto e viene il bello… Sapevo che sarebbe stato così, però volevo tornare al Chelsea dopo tre anni in Spagna di grandi lotte”.
Non solo il Real Madrid e la mancata permanenza all’ombra del Bernabeu. Un pensiero va anche alla Roma, piazza che gli è rimasta nel cuore, ma con cui desiderava lasciarsi in un altro modo. Al tal punto, da sostenere che avrebbe dovuto salutare “dopo Budapest” e “non per il casino combinato da Taylor“, ma per non essere andato via subito, a prescindere. “Avrei dovuto lasciare la Roma, non l’ho fatto e ho sbagliato“, ha ammesso con un pizzico di amarezza.
Le porte per l’Italia sono sempre aperte, ma alcuni canali si sono spenti. Come ad esempio quello che porta a Roma e alla Roma: “Non ho più visto giocare la Roma“, dopo l’esonero. “L’Inter, sì”, ha svelato.
Mourinho su Bove: “Lui è come me”
Non poteva mancare una battuta sul caso che ha coinvolto Edoardo Bove, vittima di un malore al 17′ di Fiorentina-Inter. Un ragazzo che ha esordito in Serie A proprio grazie a José Mourinho, arrivato a telefonare papà Giovanni dopo il terribile episodio. Lo Special One non lo ha certo dimenticato: “Bove è come me – ha detto al CorSport -. Nessuno gli ha regalato niente. Ha esordito con me perché abbiamo principi simili, anche se uno ha vent’anni e l’altro sessanta”.