Sui social l’hashtag #Carini è da tre giorni ininterrotti in top-trend, tra i più ricercati e il caso legato alla sua rinuncia dopo neanche un minuto nel match contro l’algerina Khelif continua a tener banco tra polemiche, prese di posizione e veleni. Se nei giorni scorsi i vertici sportivi e politici dell’Italia avevano assunto una linea molto dura ora arriva il momento della riflessione pacata e se ne fa portavoce il ministro dello sport Abodi.
Lo sfogo a caldo di Abodi
Subito dopo il match della discordia il ministro era stato pungente ed aveva espresso la sua solidarietà alla Carini con un post sui social: “So che non mollerai, Angela, e so che un giorno guadagnerai con sforzo e sudore quello che meriti. In una competizione finalmente equa“. Il tempo però lo ha indotto a più miti consigli.
Dietrofront Abodi, l’algerina è donna
Come si legge su Open Abodi dice che «l’Italia ha sollevato un tema che, come spesso avviene nel mondo dello sport, è complesso. Perché c’è la competizione, la scienza, l’etica». Ma poi deve ammetterlo anche lui: «Certo, la pugile algerina è una donna. Lo dice il suo passaporto. Non esiste traccia di alcun cambio di sesso». E secondo lui Roma non sta facendo una figuraccia internazionale: «L’Italia ha una sua articolazione di pensiero che non può essere ridotta a singoli ministri. Ognuno esprime la propria opinione e poi ciascuno si fa un’idea. Ma non sono d’accordo sul ruolo dell’Italia: la presidente Giorgia Meloni nel suo incontro con il presidente del Cio, Bach, ha posto una questione complessa: l’inclusione, l’equa competizione e la salute degli atleti devono convivere. Come? Perdonatemi, ma non si può affrontare questo tema con il tifo da stadio. Va analizzato una volta per tutte in maniera seria, prima di tutto nel rispetto degli atleti e delle atlete».
La riflessione del ministro
Secondo Abodi «il Cio ha scelto la strada inclusiva dell’attestazione burocratica. Guardiamo i documenti e stop. Quindi: le donne, anche iperandrogine, dunque con una forza straordinaria, partecipano sempre alle gare con le altre donne. Credo invece ci sia bisogno di un ragionamento scientifico più allargato che tenga conto della situazione fisica dell’atleta ma che rispetti anche l’avversaria. Provo a dirlo più semplicemente: c’è una differenza sostanziale tra le discipline. Una cosa è un secondo, un metro, un rimbalzo di differenza. Un’altra quando parliamo di sport in cui c’è lo scontro fisico diretto e dove, oltre alla vittoria, è in gioco la salute degli atleti». E conclude: «Discutiamone, analizziamo la vicenda in maniera seria. E magari arriviamo alla stessa conclusione del Cio: Imane deve gareggiare con Angela. Ma un tema così non ce lo possiamo trovare in mano a qualche ora dall’inizio delle Olimpiadi. Serve consapevolezza».