Milano, domenica 4 giugno 1989. Si gioca Milan-Roma, il campionato volge al termine e l’ultima estate degli anni ’80 sta per irrompere nelle vite degli italiani, purtroppo non in tutte. Perché è un’epoca in cui le rivalità tra ultras assumono spesso contorni di delinquenza pura, senza scrupoli e soprattutto senza motivi.
- Roma non dimentica Antonio De Falchi
- L'agguato dei tifosi del Milan
- L'aggressione all'esterno di San Siro
- Antonio non ce la fa
- Le condanne e le polemiche
- Il dolore della madre di Antonio
Roma non dimentica Antonio De Falchi
Sono passati tanti anni, ma i tifosi non dimenticano: e non lo hanno di certo fatto quelli della Roma, che in occasione della sfida di Europa League contro il Milan hanno addobbato la Curva Sud con una enorme coreografia dedicata alla memoria di Antonio De Falchi, che perse la vita in quel triste 4 giugno del 1989. Antonio aveva soltanto 19 anni, e quel giorno era a Milano per assistere alla partita. Era quasi mezzogiorno, mancavano ancora molte ore al fischio d’inizio quando un giovane dall’aspetto tranquillo, più o meno della sua stessa età si avvicinò ad Antonio, con la scusa di chiedergli una sigaretta.
L’agguato dei tifosi del Milan
Antonio era appena sceso dal tram insieme a tre amici, aveva percorso a piedi i duecento metri che separano il capolinea del 24 in piazzale Axum dal cancello numero 16 dello stadio di San Siro, quello da cui si imbocca la rampa che porta alia zona del popolari riservata ai tifosi ospiti. Antonio però sa come funzionano queste cose, si trova in “territorio nemico” e ci vogliono tante precauzioni, come quella di nascondere il proprio accento. Altre due domande, la classica “che ore sono?”, l’accento romano che traspare in maniera evidente. Arriva il cenno, è “nemico”, scatta l’agguato.
L’aggressione all’esterno di San Siro
In trenta, almeno, spuntano da uno dei cantieri del terzo anello di San Siro, tutti giovanissimi tifosi del Milan che si lanciano come furie verso Antonio e i suoi amici. C’è poca gente in quel momento all’esterno del Meazza, ancor meno poliziotti, mancano più di quattro ore all’inizio della partita. Il gruppo ha così modo di portare a segno l’aggressione senza intrusioni, in pochi secondi. La fuga dura poco, Antonio cade a terra, in dieci gli si avventano addosso. Almeno mezzo minuto di calci e pugni senza tregua, poi i dieci si staccano nel tentativo di unirsi ai loro sodali per inseguire gli altri tre, che intanto sono riusciti a far perdere le proprie tracce.
Antonio non ce la fa
A quel punto arriva finalmente qualche agente di polizia: Antonio è intontito ma lucido, parla con i poliziotti, poi improvvisamente diventa cianotico e sviene. Antonio entra in coma, l’ambulanza arriva dopo poco e lo porta al vicino ospedale San Carlo. Ma il ragazzo arriva al nosocomio già privo di vita, i medici non possono fare altro che constatarne il decesso. Non ha ferite particolari o lividi sul corpo: è morto d’infarto, evento causato da una lieve malformazione congenita ad una delle coronarie. Il suo cuore non ha retto al momento dell’aggressione.
Le condanne e le polemiche
Il processo e le sentenze che arriveranno in seguito daranno luogo a tantissime polemiche. La quarta sezione della Corte d’Assise condannerà solo Luca Bonalda, 20 anni, riconosciuto dagli amici di De Falchi e dai poliziotti. Il pm Forno ne aveva chiesto la condanna a 8 anni: ne riceverà sette, con un anticipo sui danni di 50 milioni. La Corte, come aveva chiesto il Pm, concederà il beneficio della remissione in libertà. In totale, Bonalda, trascorrerà poche ore in carcere, per poi tornare tranquillamente a casa.
Il dolore della madre di Antonio
Assolti per insufficienza di prove gli altri due imputati. Daniele Formaggia, 29 anni, postino, e leader del Gruppo Brasato, della Curva Sud del Milan, tra le Brigate rossonere e la Fossa dei leoni. L’altro è Antonio Lamiranda, 21 anni, studente di giurisprudenza, figlio di un farmacista. Anche per loro il pm aveva chiesto otto anni, ma nessun testimone li aveva notati nel gruppo dei responsabili dell’agguato. La madre di Antonio, la signora Esperia, pronuncerà parole cariche di dolore. “E questa è la giustizia? E’ uno schifo. A me questa sentenza non sta bene. Loro dovevano pagare, anche se nessuno mi può riportare il povero Antonio”.