In undici anni, tutto è cambiato. Anche Ibrahimovic che allora c’era e ha saputo narrare, con il linguaggio inimitabile che gli appartiene, le differenze tra la vittoria del titolo di Campione d’Italia 2021/2022 e quanto avvenne quando il Milan era un’altra società.
Una stagione segnata a principio dall’addio a Gianluigi Donnarumma e dalla scelta di Paolo Maldini, nella veste di dirigente, di non sottostare a certe logiche e di imprimere una sua linea nella società dopo le sue difficoltà iniziali.
Una stagione disputata da alcuni giocatori incredibili come Maignan, Tomori, Leao e Tonali, ma anche alla compattezza del gruppo, guidato da due leader a modo proprio. L’allenatore in panchina Stefano Pioli e l’allenatore in campo, Zlatan Ibrahimovic.
Le pagelle 2021/2022: Milan, vince il gruppo
Milan 9. Il primo scudetto post-Berlusconiano arriva con una filosofia opposta a quella del “grande Silvio”: niente follie sul mercato, si punta su giovani e un paio di pedine d’esperienza, come il fondamentale Giroud. Ma il capolavoro di Maldini è Maignan: Donnarumma chiede troppo per il rinnovo, il Milan lo saluta senza drammi e punta sul francese, che costa meno e risulterà il vero MVP della stagione. Poi il lavoro di Pioli, la crescita dei talenti come Tonali e Leao. La vittoria nel derby e quella di Napoli danno la fiducia che serve per arrivare fino in fondo, mentre le altre arrancano.
Inter 5. Coppa Italia e SuperCoppa, vinte contro la peggiore Juve degli ultimi 10 anni, bilanciano un campionato che i nerazzurri avrebbero dovuto stravincere, considerando il passo delle contendenti. Inzaghi si giustifica, ma agli interisti “spiaze”.
Napoli 7. Posto in Champions mai in discussione in una stagione segnata da infortuni a raffica e Coppa d’Africa, per questo il voto è alto. Ma Spalletti si ferma sul più bello, lasciando l’amaro in bocca soprattutto per le 5 sconfitte interne.
Juventus 4. Doveva essere l’anno della rinascita, è stato un disastro. Senza bel gioco, al “resultatismo” di Allegri non sono rimasti neanche i risultati: i 2 punti nelle prime 4 giornate tagliano subito la Juve dalla corsa scudetto, arriverà almeno la qualificazione Champions ma perché dietro vanno ancora più piano. Soprattutto, nell’anno della rifondazione non s’è costruito nulla: centrocampo da rifare, difesa idem. Cosa resta? Vlahovic.
Lazio 6. Sarrismo se n’è visto poco, soprattutto nelle gare che contavano: la 10a difesa del campionato è una macchia per i biancocelesti che escono troppo presto dalla lotta Champions. Ma restano in Europa e si piazzano davanti alla Roma: sufficienza.
Roma 6. La Conference League sarà anche una coppa “per paesi sottosviluppati”, come dice Zeman, ma nella capitale lo pensano in pochi. Merito del comunicatore Mou, che di sicuro ha portato entusiasmo e unità nell’ambiente giallorosso. Nei risultati, però, progressi minimi rispetto a Fonseca: il 6° posto evita l’insufficienza.
Fiorentina 7. Dopo anni ai margini della zona salvezza, Italiano riporta i viola in Europa: non accadeva da 5 anni. La priorità del club, però, restano gli affari: altrimenti non vendi Vlahovic a gennaio…
Atalanta 4. Ok gli infortuni, ma il crollo della Dea è verticale e senza appello. A furia di vendere gioielli si ritrova fuori dall’Europa dopo 5 anni. La spinta data dalla rivoluzione tattica di Gasperini sembra esaurita: tornare tra le big non sarà facile.
Verona 7. L’esonero del disastroso Di Francesco (3 k.o. nelle prime 3 giornate) è lo spartiacque della stagione dell’Hellas: con il football da duri di Tudor – verticalità, intensità e anche tanti calci agli avversari – il Verona rinasce valorizzando i suoi giocatori, in primis un Simeone da 17 gol. Quanti di loro, però, resteranno in gialloblù?
Torino 6. Niente patemi per la salvezza, stavolta, anzi con Juric a un certo punto si arriva a sognare addirittura l’Europa. Non arriverà, ma i granata ora hanno un’identità. La vera pecca? La maledizione del derby: quando ricapiterà di giocare contro una Juve così vulnerabile?
Sassuolo 6. Il passaggio da De Zerbi a Dionisi fa crollare i neroverdi dall’8° all’11° posto, in una stagione impreziosita però dai successi in trasferta su Juventus, Milan e Inter, oltre che su Lazio e Atalanta. Carnevali, intanto, si frega le mani per l’esplosione di Scamacca, Raspadori e Traoré.
Udinese 7. Sette punti in più e 3 posizioni più su in campionato rispetto a un anno fa, ma con un De Paul in meno: come bocciare i friulani, squadra operaia che giova dell’avvicendamento in panchina tra Gotti e Cioffi, diventando anche più prolifica. E tra Udogie e Deulofeu all’orizzonte ci sono nuovi affari per i Pozzo.
Bologna 6. Fa peggio di un anno fa, calando di una posizione in classifica, ma col 2-1 del Dall’Ara all’Inter per molti è stata il vero arbitro dello scudetto. Salvezza mai veramente in discussione, ma quando il salto di qualità per una piazza storica?
Empoli 7. Girone d’andata da 9, ritorno con appena 2 vittorie per la squadra di Andreazzoli, unica neopromossa mai realmente coinvolta nella lotta salvezza. Batte il Napoli (2 volte), la Juve e l’Atalanta, chiudendo con 11 punti sulla terzultima e tanti talenti valorizzati. Che volete di più?
Sampdoria 5. Le vicissitudini di “Viperetta” Ferrero si riflettono inevitabilmente sulla stagione dei blucerchiati, ma chiunque abbia avuto l’idea di passare dal calcio pane e salame di D’Aversa a quello sofisticato del “maestro” Giampaolo nel bel mezzo della stagione merita di essere fantozzianamente crocifisso in sala mensa. La salvezza arriva col brivido.
Spezia 8. Col mercato bloccato, un allenatore alla prima esperienza in serie A e una rosa senza stelle i liguri centrano la seconda salvezza consecutiva e lo fanno senza neanche soffrire troppo. A impreziosire la stagione i successi in trasferta su Napoli e Milan e nei derby con Samp e Genoa.
Salernitana 8. Nicola did it again! Dopo Crotone, il tecnico – arrivato dopo Castori e Colantuono – centra un’altra clamorosa salvezza, il cui merito va condiviso con il coraggioso presidente Iervolino e la vecchia volpe Sabatini, che rivoluzionano l’organico a gennaio.
Cagliari 3. Semplici, Mazzarri, Agostini. Anche Giulini alterna tre allenatori alla guida della sua squadra che però precipita in serie B dopo 6 anni con tanto di harakiri finale nello 0-0 col Venezia già retrocesso. Tra le colpe della dirigenza, anche quella di aver sopravvalutato il proprio organico.
Genoa 2. Dopo 15 anni i rossoblù tornano in B, lo fanno con una nuova proprietà che eredita da Preziosi la passione per giocatori sconosciuti pescati per lo più all’estero e la estende anche alla panchina, sostituendo Ballardini prima con Shevchenko e poi con Blessin. I due k.o. nei derby abbassano ulteriormente il voto.
Venezia 4. Unica neopromossa a tornare subito in B, anche il Venezia non si fa mancare il cambio di allenatore (Zanetti-Soncin) in una stagione che, però, a un certo punto sembrava poter finire bene. Fatali le 9 sconfitte di fila del girone di ritorno. Ricorderemo i lagunari per la maglia più cool e l’organico più multietnico del campionato.