Non ha fatto in tempo a vincere lo storico oro nei 100 metri ai Giochi olimpici di Tokyo 2020, che Marcell Jacobs è stato immediatamente oggetto di velati sospetti di doping dalla stampa statunitense, il paese nel quale è nato e che evidentemente si rende conto di aver perso una pepita oltremodo pregiata. Da che pulpito viene la predica, verrebbe da dire, visto che gli Stati Uniti possono “vantare” Lance Armstrong, ideatore addirittura di un sistema doping ad personam, ma anche, per restare all’atletica, Justin Gatlin, tra gli altri.
Insomma, troppo grandi i miglioramenti del 26enne di Desenzano del Garda, secondo l’autorevole stampa d’oltreoceano. “A lui (Jacobs, ndr) va il beneficio del dubbio, all’atletica no”, scrive sibillinamente il Washington Post. “Lo sconosciuto italiano del Texas”, scrivono altri, alludendo al suo essere nato a El Paso. Queste insinuazioni sono state respinte in maniera netta dalla mamma di Marcell, Viviana Masini, su corriere.it: “Figuriamoci, mio figlio non ha mai toccato niente. E mai lo toccherà. So benissimo i rischi che si corrono. Li so perché li ho corsi anch’io. Da giovane ho fatto body building, e ho esagerato con integratori e proteine, tutta roba legale. Ma da quel momento non ho più voluto saperne”.
Addirittura, rivela mamma Viviana, la palestra a casa Jacobs è stata a lungo vietata: “Ha cominciato a frequentarle, per fare pesistica, solo a vent’anni. Prima gliel’ho apertamente vietato: non volevo che sfruttasse, o sforzasse, eccessivamente il suo corpo. Il mondo è pieno di giovani promesse che a 16 anni sembravano capaci di tutto e poi sono scomparse“. Per quanto riguarda i miglioramenti notevoli del figlio, oltretutto nato come saltatore in lungo, la signora Masini risponde così: “Ho visto cosa può fare mio figlio, capisco lo stupore, ma il suo crescendo, per quanto eccezionale, è stato graduale. Già a Montecarlo, in occasione della Diamond League, aveva fatto vedere di che pasta era fatto. E l’ho visto con i miei occhi passare dai 10 secondi e 30 ai 10″16, per arrivare ai 10″08 e scendere ancora. Marcell è nelle Fiamme Oro, un gruppo sportivo dove c’è il rigore più assoluto. E non si è mai negato a un controllo antidoping. Sa benissimo cosa sono i wherabouts (le comunicazioni del luogo dove ci si trova per consentire un eventuale controllo a sorpresa, ndr) sa benissimo cosa vuol dire essere svegliati alle 6 del mattino…”.
“La verità – continua Viviana – è che l’anno del Covid, pur tra i disagi, ha fatto bene a mio figlio: ha potuto allenarsi con continuità, libero dallo stress degli spostamenti, con il lago a due passi”. E con una pista realizzata dal vicino di casa, l’imprenditore Alberto Papa. Ma la stampa straniera, statunitense e britannica, non molla e mette sotto accusa persino le scarpe di Marcell, malgrado siano state approvate dalla Federazione internazionale di atletica. “C’era da mettere in conto tutto questo – è la chiosa di Viviana – gli americani non riescono a capire come abbiano potuto perdere una gara che consideravano già loro. Quanto agli inglesi… beh, loro devono ancora digerire la batosta degli Europei…”.
Oggi sono poi arrivate anche le parole del D.T dell’Atletica, Antonio La Torre: “Ho anche letto cosa scrivono alcuni giornalisti stranieri: non sta scritto da nessuna parte che il vincitore dei 100 metri delle Olimpiadi debba essere per forza americano o anglosassone. Soltanto chi non conosce il percorso di Marcell e la maniacalità dei suoi allenamenti può avere qualche dubbio”.