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Stadi di proprietà in Italia: ricavi, costi e naming rights

Lo stadio di proprietà per una squadra di calcio è ormai un argomento al centro del dibattito. Chi ne ha uno e quanto gudagna una squadra?

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Luigi Di Maso

Luigi Di Maso

Giornalista

Giornalista sportivo e professionista nel mondo della comunicazione digitale. Lavora insieme a club, leghe e brand nel mondo del calcio. È ormai da anni una delle anime del Social Football Summit di Roma. Per Virgilio Sport cura gli approfondimenti relativi all’intreccio tra i mondi del calcio, della comunicazione e del marketing

Stadi di proprietà in Italia: ricavi, costi e naming rights Fonte: Shutterstock

Lo stadio di proprietà per una squadra di calcio è ormai un argomento al centro del dibattito da una decina di anni in Italia, periodo che coincide a grandi linee con la data dell’8 settembre 2011, giorno scelto per l’inaugurazione ufficiale dello Juventus Stadium (oggi Allianz Stadium).

Per l’occasione, il club gestito da Andrea Agnelli e di proprietà del gruppo EXOR organizzò una partita contro il Notts County, la quinta squadra più antica al mondo, nonché club che in un certo senso ha ispirato i colori sociali della Juventus.

Da quel giorno sono passati diversi anni prima che in Italia si sia potuto vedere qualcosa di simile a livello di stadi di proprietà nel calcio.

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Stadi di proprietà: il caso italiano

La condizione dei club italiani su questo argomento ci racconta di una posizione di arretratezza rispetto agli altri campionati europei più blasonati. Una situazione accentuata dalle difficoltà burocratiche e amministrative con le quali i presidenti dei club devono scontrarsi dopo la presentazione dei propri progetti di impianti innovativi.

In Italia abbiamo fatto incetta di stadi di proprietà mai realizzati: dal Colosseo della AS Roma tanto sperato dall’ex presidente americano James Pallotta, al progetto “Giglio” per la Fiorentina (proposta sgonfiatasi qualche settimana nella meno affascinante proposta di ristrutturazione del Franchi), passando dal nuovo Castellani di Empoli, il nuovo stadio di Inter e Milan e addirittura dalla Dome Arena del Catania.

Una lista di progetti di stadi di proprietà mai realizzata che si potrebbe continuare ad allungare in futuro.

È molto meno corto invece il decalogo degli stadi oggi in essere. Un elenco che vede coinvolti quasi solo club di Serie A, ad eccezione del Frosinone e dello stadio Benito Stirpe.

In Italia gli stadi di proprietà sono quindi 5, in Premier League 17, in Bundesliga 16 e ne LaLiga 11. Meno della Serie A solo la Ligue1 con la sola eccezione del Groupama Stadium, la casa dell’Olympique Lione.

A monte di quanto detto, quali sono gli stadi di proprietà in Italia?

Lo stadio dell’Atalanta: il Gewiss Stadium

Chiamato così per questioni di name rights, il nuovo stadio dell’Atalanta è un impianto di proprietà fortemente voluto dalla famiglia Percassi che nel maggio del 2017 partecipò e vinse il bando, aggiudicandosi l’allora “Atleti Azzurri d’Italia”, con una maggiorazione del dieci per cento sulla base d’asta di 7 milioni e 826.000 euro. Un bando che però non vide l’Atalanta come unico soggetto interessato: anche l’AlbinoLeffe presentò un’offerta.

Poco dopo l’acquisizione la società è partita, dal maggio del 2019, con il piano di ristrutturazione dello impianto, tutto pensato con una pianificazione non troppo dissimile a quello della Dacia Arena di Udine.

Durante le varie fasi di lavoro sono stati eliminati circa tremila posti a sedere, riducendo la capienza dello stadio a circa 21.300 spettatori a partire da settembre 2015, con un ultimo restyling che sarà completato nell’estate del 2023.

Come scritto in precedenza, lo stadio dell’Atalanta è uno di quegli impianti che ha permesso al club di attirare l’interesse di uno sponsor per l’acquisizione dei diritti del nome dello stadio. Nel caso dell’Atalanta l’ormai ex Atleti Azzurri d’Italia è diventato il Gewiss Stadium.

L’azienda di elettronica fondata nel 1970 ha attivato la sponsorizzazione con l’Atalanta con un accordo della durata di 6 anni a 750.000 euro a stagione, per un totale di 4,5 milioni di euro.

Lo stadio del Sassuolo: il Mapei Stadium

Lo stadio di proprietà del Sassuolo ha una storia molto particolare e intrecciata.

Innanzitutto, è uno stadio di proprietà diretta di un brand, MAPEI, che ha un legame indissolubile con il Sassuolo e l’ex presidente Squinzi, venuto a mancare nel 2019. MAPEI garantisce tramite sponsorizzazione al club emiliano la cifra di 18 milioni di euro a stagione, di cui 3 sono per i già citati naming rights.

L’impianto e il terreno erano storicamente di proprietà della Reggiana, solo nel 2013 fu prelevato dalla MAPEI dopo una breve gestione da parte del tribunale fallimentare. Oggi infatti il MAPEI Stadium, che contempla nel naming anche la denominazione Città del Tricolore, ospita proprio le partite casalinghe della Reggiana e tra il 2017 e il 2019 è stata la casa dell’Atalanta per alcune partite di Europa League e Serie A, mentre so stavano svolgendo i lavori di ristrutturazione del Gewiss Stadium raccontato nel paragrafo precedente.

Va specificato che il progetto dello stadio fu però avviato in tempi lontani dall’amministratore delegato della Reggiana Franco Dal Cin nel 1994 per la cifra di 25 miliardi di lire (oggi 12.9 milioni di €) e solo nel corso degli anni e dell’arrivo di MAPEI è diventato l’impianto che possiamo ammirare oggi. Il brand che lavora nel campo dell’edilizia è stato “agevolato” dall’acquisto post fallimento della Reggiana, dato che la cifra sborsata dall’azienda per l’acquisto e la primissima fase di ristrutturazione ammonta a “soli” 3,7 milioni di €.

Un asset importante per il Sassuolo, il MAPEI offre l’opportunità al club di monetizzare grazie alla possibilità di ospitare diversi eventi calcistici e sportivi al di là dell’impegno del Sassuolo, grazie a degli standard elevati di sicurezza, visibilità e capienza che lo stadio rispetta.

Nell stagione 2015-2016 infatti, il MAPEI Stadium ha ospitato la finale di Champions League femminile e si lega spesso a partite delle selezioni giovanili della Nazionale di calcio.

Lo stadio dell’Udinese: la Dacia Arena

Il nuovo stadio dell’Udinese, il terzo stadio moderno di proprietà del calcio italiano inaugurato nel 2016, nasce con un’operazione simile a quella effettuata dalla famiglia Agnelli per la Juventus.

Nel 2013 il presidente Pozzo acquista per una cifra totale di 30 milioni di € la titolarità della superficie su cui sorgeva l’allora stadio Friuli. L’acquisto custodiva in sé la voglia e l’obiettivo di creare un’arena moderna al pari con i grandi top club europei.

L’idea era soprattutto quella di uno stadio attivo tutti i giorni della settimana e non solo quelli del matchday, non a caso oggi la Dacia Arena contempla al suo interno il Museo dello sport friulano, il fitness center, lo shopping center e una serie di uffici che l’Udinese affitta per meeting o per eventi business con i propri sponsor.

In Italia per chi possiede uno stadio di proprietà, il legame di sponsorship spesso non si limita al solo spazio del name rights, soprattutto per club dal potere contrattuale meno incisivo rispetto ai top club europei.

Così quindi, come Atalanta e Sassuolo, anche l’Udinese si unisce alla lista di squadre che coinvolgono il proprio sponsor su diversi spazi e attività commerciali. Nel caso dei friulani, il brand Dacia ha deciso di legarsi allo spazio sulla maglia ma anche al nome dell’impianto di proprietà.

Dacia, infatti, garantisce all’Udinese 500.000 € a stagione per un totale di 2.5 milioni attraverso la denominazione del vecchio Stadio Friuli. Un’ottima cifra considerando la politica di mantenimento del costo degli stipendi da sempre in atto nell’Udinese, gestione che permette al club di stare sotto i 10 milioni a stagione.

È particolare la formula messa a bilancio per l’acquisto del terreno e dei lavori di ristrutturazione. La scelta dell’Udinese e del patron Pozzo è stata quella di optare per il metodo dell’ammortamento decrescente, quello in cui la cifra viene ammortizzata per la maggior parte nei primi anni (7 per l’esattezza), anziché a quote costanti su tutto il periodo di usufrutto concordato per il bene acquistato (99 anni nel caso dei friulani, ovvero la durata del diritto di superficie e della proprietà superficiaria).

In pratica, dalla prossima stagione l’Udinese non avrà più a bilancio il peso dei costi del nuovo stadio.

Lo stadio della Juventus: l’Allianz Stadium

La Juventus è il club che può vantare il primo stadio di proprietà se si escludono casi come quello della Reggiana.

L’allora Juventus Stadium, oggi Allianz per via della tanto famigerata questioni dei naming rights, è stato inaugurato nel 2011, ma è un progetto molto più lungimirante che parte dall’acquisto del terreno sottostante al vecchio Stadio Delle Alpi, per anni casa “inospitale” della Juventus a causa della scarsa visibilità spesso lamentata dai tifosi.

A cavallo tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del 2000 nasce il progetto e viene deciso praticamente di abbattere il Delle Alpi. Nel 2003 la Juventus sottoscrive con il Comune di Torino l’atto di trasferimento di superficie

L’impianto è stato progettato per disporre inizialmente di 41.147 posti a sedere, di cui 3.600 Premium, implementati nel corso degli anni. Nell’estate 2013 sono stati creati altri due settori Premium, i “Legends Club” e altri simili, fino al raggiungimento dei 41.507 posti totali odierni. Questi cambiamenti impercettibili non hanno intaccato uno degli obiettivi principali del progetto Juventus Stadium: la visibilità.

Infatti, la distanza minima tra gli spalti e il campo è di 7,5 metri, per intenderci poco più della larghezza della porta difesa da Wojciech Szczęsny.

Sono diversi i fiori all’occhiello dell’attuale Allianz Stadium, tra cui, ovviamente, le diverse possibilità di monetizzazione.

La Juventus, grazie allo stadio di proprietà e alla politica dei prezzi per i posti premium, riesce a guadagnare cifre simili o superiori dal ticketing di club col doppio della capienza. Inoltre, l’opera di rivalorizzazione dell’area in cui sorge l’Allianz Stadium e le annesse nuove infrastrutture del club possono essere tutte integrate nelle voci utili ai fini del rispetto del Fair Play finanziario imposto dalla UEFA grazie al fattore della vicinanza allo stadio.

Strutture commerciali come il J | Hotel non rientrerebbero nella voce investimenti infrastrutturali, una voce tanto cara alla UEFA, ma nel caso della Juventus ciò è reso possibile grazie all’adiacenza delle strutture con stadio. Strutture che vengono valutate come veri investimenti per la crescita del club e del brand.

Infatti, come si può leggere sul sito ufficiale del club, lo stadio è stato al centro di un progetto di riqualificazione dell’area e di valorizzazione del brand Juventus.

“Nel 2012 viene inaugurato lo Juventus Museum, poco dopo l’attiguo centro commerciale, quindi, negli anni successivi, vengono creati il J Medical, il Megastore, la nuova sede del club, nell’ex Cascina Continassa, lo Juventus Training Center, che ospita gli allenamenti della Prima Squadra, la scuola internazionale WINS, dove ha sede anche il J College, destinato ai ragazzi delle giovanili, e il J|Hotel. 200.000 metri quadrati”.

Per quanto riguarda gli incassi diretti invece, la Juventus, che vantava nel bilancio 42.3 milioni di € nel 2020 alla voce matchday, registra incassi pari a 6.2 milioni a stagione grazie all’accordo sottoscritto con Allianz. Il brand di assicurazioni che ha un accordo dello stesso tipo anche per lo stadio del Bayern Monaco, quello del Nizza, del Sao Paulo, Del Minnesota e dell’Austria Vienna, ha stipulato un accordo nel 2017 con validità fino al 2030 per 75 milioni di € totali. Si tratta dell’accordo più ingente per un club italiano.

La situazione degli stadi di proprietà in Italia è tutta in divenire, ed oggi rende sicuramente molto meno competitive le squadre del nostro Paese.

C’è però un altro caso interessante in Italia ed è quello del Benito Stirpe di Frosinone in Serie B, al quale presto si aggiungerà il caso dell’Albinoleffe, club prossimo all’inaugurazione del nuovo impianto e che al momento milita in Serie C.

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