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Volley, Velasco: "A Parigi non siamo i favoriti". Le parole su Egonu-Antropova e su calcio e basket in crisi

Il CT della Nazionale azzurra analizza il torneo olimpico, svela la richiesta alle sue ragazze e fa chiarezza sul ruolo delle due stelle: l'assist a Spalletti e Pozzecco.

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Rino Dazzo

Rino Dazzo

Giornalista

Se mai ci fosse modo di traslare il glossario del calcio in una nicchia di esperti, lui ne farebbe parte. Non si perde una svista arbitrale né gli umori social del mondo delle curve

Pochi giorni prima del via è stato colpito da un gravissimo lutto. Il fratello Raul, di sei anni più grande, è venuto a mancare a Madrid. Julio Velasco, però, non ha perso la grinta, lo smalto e anche l’entusiasmo di sempre. Il Ct della Nazionale azzurra di volley femminile prova a scucire alle sue ragazze la scomoda etichetta di favorite, prova anche a liberare la sua squadra dal peso e dalla pressione di “dover vincere” a tutti i costi. Nell’intervista concessa a Paolo De Laurentiis del Corriere dello Sport, il guru argentino parla di tutto. Del torneo olimpico, dell’eterno tormentone su Egonu e Antropova, persino della crisi dell’Italia del basket e del calcio. Sempre con competenza. Sempre con passione.

Velasco e il torneo olimpico di Parigi

Le prime riflessioni sono sul torneo di Parigi: “Mi aspetto un’Olimpiade molto equilibrata, penso che la fase storica dei grandi cicli sia finita. Per la pallavolo è un bene, vuol dire che è cresciuta. Il momento chiave saranno i quarti di finale. Una partita secca dove, dopo aver vinto il tuo girone, puoi incontrare una delle terze che è comunque forte e magari non ha niente da perdere mentre tu ti senti obbligato a vincere. Italia favorita? Vinci qualcosa e automaticamente diventi il prescelto. Questo è un problema, l’obbligo di vincere diventa un peso. Una squadra che non ha mai vinto una medaglia olimpica come può essere favorita? Però non siamo neanche la cenerentola. Siamo una delle squadre più forti, questo possiamo dirlo”.

Il tabù Olimpiadi del volley italiano

L’Italia del volley, una superpotenza sia al maschile sia al femminile, non ha mai vinto l’oro olimpico. Una sorta di tabù che, almeno per quanto riguarda gli uomini, è nato proprio ai tempi della ‘Generazione di fenomeni’ di Velasco. Ma per il CT non è una questione cruciale: “Perché l’Olimpiade è un torneo né più né meno come gli altri e la partita secca puoi perderla senza che ci sia chissà quale lacuna dietro. Anche questa è una nostra caratteristica, quasi deformazione, culturale: dover dare sempre una spiegazione a tutto, parlare di massimi sistemi. A volte è semplice casualità. Perché Djokovic ha vinto solo un bronzo alle Olimpiadi? Nessuno lo sa, ma è successo”.

Italvolley: il ruolo di Egonu e Antropova

Alle sue giocatrici ha chiesto una cosa su tutte, al di là delle logiche indicazioni di natura tecnica e tattica: “Voglio ragazze autonome e autorevoli, non ubbidienti. Le donne sono molto più disciplinate di noi, ma la disciplina non è sufficiente. In campo i giocatori sono da soli, non c’è allenatore che tenga, possiamo urlare quanto vogliamo. Serve personalità, autonomia. La tecnica è lo strumento, poi ci vuole altro”. Quindi l’inevitabile domanda sul ruolo di Egonu e quello di Antropova: “Egonu è l’opposta titolare. Antropova possiamo usarla nelle rotazioni con la sua battuta e anche come alternativa a Paola”.

Flop calcio e basket, la spiegazione di Velasco

Velasco, che per qualche tempo ha lavorato anche nel calcio, si è fatto un’idea sui flop delle Nazionali di Spalletti e Pozzecco agli Europei e al Preolimpico di basket: “Sono realtà diverse rispetto alla pallavolo. Il loro problema è la presenza degli stranieri. Da noi il rapporto è quattro stranieri e tre italiani, in proporzione sarebbe come avere cinque italiani in campo in tutte le squadre di serie A. Sarebbe un’altra musica: si sviluppa il gioco, si coltiva il talento a partire dagli allenamenti. C’è un abisso tra chi si allena sapendo di giocare e chi lo fa sapendo di non essere mai coinvolto. La crescita comincia lì. E poi nella pallavolo abbiamo molto tempo per lavorare con la Nazionale, calcio e basket no. Gli allenatori non sono maghi, hanno bisogno di tempo”.

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