Matteo Berrettini contro Carlos Alcaraz agli ottavi di finale di Wimbledon poteva accadere: lo suggerivano gli incastri eventuali del tabellone. Sarebbe solo dovuto succedere che Martello tornasse a fare il suo, perché sul Mostro spagnolo, numero 1 Atp, dubbi ce n’erano (e ce ne sono) pochi.
Pochissimi: anche se la sua sfida dei sedicesimi non l’ha vinta in scioltezza, gli sono servite 4 ore e la cessione di un set per avere la meglio di Jarre, mentre Matteo ha demolito Alexander Zverev – con la testa, con la classe, con la migliore versione di sé – in tre set con cui ci ha detto qualcosa. Senza titubanza: è tornato grande.
- Illazioni e supposizioni (ma è solo questione di fisico)
- Il primo set e mezzo, poi l'interruzione
- Berrettini, quello vero: 33' di grande Matteo
- Secondo set al tie break: Matteo avanti 2-0
- Terzo set sul filo: la spunta l'italiano
- Le partite dell'8 luglio
- Alcaraz liquida Jarre in quasi 4 ore
- Medvedev batte Fucsovics in rimonta
- Tsitsipas, percorso netto: 3-0 a Djere
Illazioni e supposizioni (ma è solo questione di fisico)
Bene così, giusto così: s’è detto di tutto, s’è raccontato di verità e bugie, di illazioni e supposizioni. Si è lasciato con eccessiva facilità che le futilità avessero il sopravvento sulle oggettività. Tradotto e traslato: non è Melissa Satta il problema di Berrettini, semmai gli infortuni. La fragilità di qualche muscolo che, se fai il tennista professionista, così tanto fragile non ti è d’aiuto, semmai d’impiccio.
Tre set a zero: 6-3, 7-6, 7-6. Martello ha silenziato le velleità di Alexander Zverev nella sfida dei sedicesimi di finale di Wimbledon e conquistato l’obiettivo minimo: ottavi di finale. Mostro Alcaraz, ora, ha tutto da perdere. Matteo niente.
Il primo set e mezzo, poi l’interruzione
Matteo d’annata, ma Wimbledon, quest’anno ancora di più, resta dannata per il meteo. Si gioca, non si gioca più: il claim torna d’attualità anche nella sfida tra Berrettini e Zverev. Il tempo di un set dominato dall’italiano e dello scorcio di un secondo set in perfetto equilibrio.
6-3 Berrettini, 4-4 prima della pausa forzata. Ma cosa ci ha fatto vedere Martello in 33′ di gioco è una consolazione. Una goduria. Vincerà? Perderà? Le pause influiscono sempre, incidono su uno più che sull’altro e ne sa qualcosa Lorenzo Sonego che anche – certamente non solo, il resto l’ha fatto Matteo – alle interruzioni infinite nel match contro Berrettini deve la sua eliminazione.
Berrettini, quello vero: 33′ di grande Matteo
Perché, possiamo dirlo: per 33′ è stato Berrettini, quello vero, atteso troppo a lungo. Poi: le cose desiderate che fanno giri lunghissimi prima di materializzarsi, te le godi di più, è vero. Poi: scatta di nuovo la scintilla che ti fa scordare mesi, e mesi, (e mesi) di delusioni e infortuni, di interrogativi e critiche.
Il mestiere del tennista: gran brutto mestiere, a volte. Tu e la tua testa da una parte. Dall’altra parte della rete ci finiscono tutti gli altri: mica solo i diretti avversari. Anche i soloni, anche gli opinionisti. Anche gli onniscenti.
Vederlo così, il Martello, è ritrovarlo: le sue motivazioni, la grinta, la tempra, la competitività. Il pugno chiuso per l’esultanza, gli occhi fissi per la concentrazione, l’abbozzo di qualche sorriso che smorza in pubblico una risata vissuta in privato. Dentro. Dove le cose uno le sente: Matteo, finora, ha sentito di stare bene.
Secondo set al tie break: Matteo avanti 2-0
Il 90% di punti con la prima di servizio, 4 aces, l’unica palla break creata e sfruttata, l’unica palla break concessa e annullata: cinico, determinato, efficace. Zverev, non signor nessuno, risponde colpo su colpo, è un avversario letale, non molla niente.
Ma Matteo, fin lì, l’ha fermato solo la pioggia. Match sospeso sull’1-0 per Berrettini: 6-3, 4-4 al secondo set. Poi si riprende: mezzora fermi, giusto mezzora. Zverev sistema dritto e rovescio, entra nel gioco, piazza 5 aces che nel primo set erano stati zero.
Nessuno cede il servizio, si arriva al tie break e per Matteo, il tie break, è un’estensione di sè se gira il servizio. E il servizio è girato: Zverev lo perde al quarto gioco, Martello mai. 7-4 al tie break. Il tabellone dice 2-0.
Terzo set sul filo: la spunta l’italiano
Tie break anche al terzo set: è stata partita vera. Zverev non ha sbagliato più nulla, dopo l’intoppo del primo set. Il suo problema è che Berrettini ha giocato alla perfezione. Carico a pallettoni, ha macinato chilometri e piazzato bordate, sprecato la grande occasione del break all’ottavo gioco, quando il tedesco è parso lì lì per cedere. Invece no.
Gli applausi a Zverev sono tutti meritati: in partita fino alla fine. Ha conservato un servizio micidiale (7 aces, 5 Martello): piazzato la prima di servizio all’81%, ha sfruttato a dovere la seconda di servizio costruendosi l’86% dei punti utili. Sul 6-6 entra in gioco anche la tensione: Berrettini spreca il turno di servizio due volte, Zverev tre. La gioia di Matteo arriva dopo 2 ore e 32′ di gioco.
Nel corso delle quali ha dimostrato quello che doveva: è tornato integro, è tornato senza paura. Sa lui, e lo sappiamo anche noi: la concessione di stare bene fisicamente, a questo punto, è un credito morale che gli spetterebbe di diritto. Spera lui, speriamo tutti.
Le partite dell’8 luglio
Carlos Alcaraz, Daniil Medvedev, Stefanos Tsitsipas e Matteo Berrettini. Rispettivamente il numero 1, il 3, il 5 e il 38 della classifica Atp. Insomma: fin qui, se vogliamo parlare di sorpresa, quella vera è solo Martello. Ci sono uno spagnolo, un russo, un greco e un italiano
Nel tabellone di Wimbledon, alla casella ottavi di finale, si aggiungono tutti e quattro. Alcaraz e Medvedev cedono un set a Jarry e Fucsovics, Tsitsipas nono lascia a Djere nemmeno le briciole.
Alcaraz liquida Jarre in quasi 4 ore
Tre ore 57 minuti, per la precisione. Non è stata una passeggiata, non è stato un semplice allenamento: per lo spagnolo avversario ostico, non al punto da impensierirne il cammino ma da rendergli la fatica più significativa, senz’altro.
Primo e terzo set da Alcaraz: un doppio 6-3 sviluppato con gioco, colpi, fisicità, alternanza di ritmo e intensità costante. Se Alcaraz aggredisce, non è solo Jarry a restare inerme ma pressoché l’intera pletora dei tennisti professionisti.
Quando, però, il numero 1 va su o giù di giri, ecco che pare di assistere alla fuga di Carlos da Alcaraz: il secondo set è un parziale buttato via per non aver brekkato quando poteva farlo, il quarto set inizia malissimo con un break subito al secondo gioco.
Poi, il campione si rianima e controbrekka due volte per chiudere 7-5. Insomma, non chiamatela pura formalità. Ma nemmeno faticaccia. Ha brillato, Alcaraz? No, non ancora. Ma anche così è dura per tutti.
Medvedev batte Fucsovics in rimonta
Il 3 dell’Atp non tradisce. Per Daniil Medvedev non si tratta di impresa, solo rispetto totale del pronostico della vigilia. Niente da fare per Marton Fucsovics, che nella graduatoria individuale (67 del mondo) viaggia ben distante dal russo, nonostante l’exploit del primo set in cui ha saputo approcciare con maggiore intensità e difeso con dovizia il break del terzo gioco e mancato due palle break per strappare all’avversario anche il gioco 5.
Il 6-4 iniziale dell’ungherese è solo il solletico che scuote Medvedev, il cui ritorno diventa martellante, certosino, scientifico. 6-3 e doppio 6-4: prestazione non brillante per uno dei favoriti (il conto degli ace e dei doppi falli quasi si annulla: 6 a 5) che ha beneficiato della migliore percentuale alla prima di servizio, 76% a 58%.
Tsitsipas, percorso netto: 3-0 a Djere
Per quel che vale, le due ore di gioco sono la quiete dopo la tempesta. Non si offenderà nessuno se diciamo che aver battuto Andy Murray in una maratona di cinque set ha messo Tsitsi nelle condizioni di allontanare lo spauracchio (e noi, in quelle di aver perso uno degli idoli del torneo: appellativo guadagnato sul campo) prima ancora del match successivo.
Che, sulla carta e nei fatti, è stato di tutt’altro tenore. Più duro solo il secondo set, vinto al tie break, facili il primo e il terzo, portati a casa con scioltezza.