Il trono di Sinner nel mirino, la voglia di regalarsi una primavera americana a tutto gas, quello che più di ogni altra cosa Carlos Alcaraz chiede a se stesso in una fase della stagione rimasta “orfana” del numero uno del mondo. Un vuoto che lo spagnolo conta di colmare col talento e il carisma di cui dispone, anche se sin qui il 2025 ha raccontato una sola gioia (la vittoria a Rotterdam, guarda a caso torneo orfano del campione in carica che era Sinner) e qualche delusione cocente, come dimostrano le eliminazioni ai quarti di finale a Melbourne (per mano di Djokovic) e a Doha, battuto da Lehecka.
- Carlos e il "peso" dei Big 3: "Nessuno mai come loro"
- Le lacrime di Parigi: "Dovevo "liberare" i miei sentimenti"
- "Sunshine Double", l'occasione per avvicinarsi a Sinner
Carlos e il “peso” dei Big 3: “Nessuno mai come loro”
Intanto però Carlitos ha già raggiunto il continente nordamericano, atterrando a Puerto Rico dove nel fine settimana ha in programma un match esibizione contro Frances Tiafoe. E l’aria caraibica in qualche modo spera che possa fargli bene: sia lui che Frances sono persone allegre e solari, e non mancherà modo di dedicarsi a un po’ di vita mondana (senza esagerare, s’intende).
La stampa locale però non s’è fatta sfuggire l’opportunità di provare a chiedere allo spagnolo chi potranno essere i nuovi Big 3 del tennis mondiale, anche se l’eredità di Federer, Nadal e Djokovic sembrerebbe pesare sulle spalle della generazione attuale. “Difficile dire chi possa avvicinarsi a quel livello stratosferico raggiunto dai tre nomi citati. In questo momento nel circuito ci sono tanti giocatori che possono vincere gli slam, e le rivalità che stanno nascendo sono tutte molto interessanti, alcune delle quali mi vedono coinvolto in prima persona.
Però pensare di elevarci al rango di Roger, Rafa e Nole sinceramente è troppo: loro hanno vissuto un’epoca d’oro, noi dovremo soltanto cercare di costruirci la nostra e farlo senza pressioni o senza il peso dei paragoni con il passato, che non hanno molto senso”.
Le lacrime di Parigi: “Dovevo “liberare” i miei sentimenti”
Tra le tante curiosità che i cronisti portoricani hanno provato a tirar fuori dalla bocca di Alcaraz ce n’è una che pare aver colto nel segno: il motivo del pianto durante l’intervista ad Alex Corretja dopo la finale olimpica di Parigi, persa contro Djokovic.
“Quello è stato un momento molto difficile, perché a inizio anno mi ero ripromesso che l’obiettivo più importante della mia stagione avrebbe coinciso proprio con il torneo olimpico. Insomma, tenevo tanto a vincere la medaglia d’oro, ma questa “necessità” che sentivo alla fine si è rivelata nociva, come sempre accade in casi del genere. In quel momento la negatività prese il sopravvento e io scoppiai in lacrime: erano passati pochissimi minuti dalla fine della partita, non avevo ancora avuto il tempo di metabolizzare l’accaduto.
Avevo in testa un pensiero ricorrente: mi sentivo “colpevole” per aver tradito la fiducia del mio Paese, dove milioni di persone erano convinte che avrei vinto la medaglia d’oro. Mentre Alex mi intervistava ho lasciato andare tutto quello che avevo dentro e diedi piena libertà ai miei sentimenti, che sfociarono in quel pianto così sincero e veritiero. Credevo fosse necessario mostrare alla nazione come mi sentissi veramente, e niente di più vero di quelle lacrime avrebbero potuto rivelarsi più efficaci”.
“Sunshine Double”, l’occasione per avvicinarsi a Sinner
Quella sconfitta in realtà ha avuto un impatto enorme sul proseguo della stagione dello spagnolo, che avrebbe conquistato un unico torneo (a Pechino, battendo in finale proprio Sinner) prima di tornare a far festa a Rotterdam il mese scorso.
Adesso però Indian Wells e Miami rappresentano tappe di caccia importanti: in California il murciano si presenterà da campione in carica, a Miami potrà raccogliere punti preziosi nella rincorsa alla numero uno del ranking. Anche se appare improbabile che entro l’estate possa realmente riuscire a ribaltare le gerarchie e riprendersi la numero uno.