Sono lacrime di gioia, piene di sentimento e gratitudine. Piangono anche gli dei dell’olimpo, pronti ad accogliere finalmente Novak Djovokic nel loro circolo ristretto. Dove un posto era prenotato da una vita, ma dove per gli strani incastri della vita nessuno era arrivato mai puntuale all’appuntamento. Stavolta invece Nole il treno per Olimpia l’ha preso con puntualità svizzera, anzi… balcanica: col titolo olimpico il cerchio si chiude, rendendo una volta di più unica e irripetibile la carriera del giocatore che ha scritto pagine del libro dei record, ma che senza quella medaglia d’oro sentiva di non aver completato a dovere l’opera. Che adesso rifulge di luce propria.
- Nole, la chiusura di un cerchio
- Niente break, ma al tiebreak domina il serbo
- Alcaraz ci prova, ma non è giornata
- Il quinto di sempre a fregiarsi del career golden slam
Nole, la chiusura di un cerchio
Le lacrime le ha versate anche Carlos Alcaraz. Il predestinato che sole tre settimane fa a Wimbledon ha detronizzato una seconda vola Nole, di fatto segnando la fine di un’epoca (non è ancora finita, ma presto lo sarà per ovvie ragioni anagrafiche). Stavolta però il “piccolo” Carlitos s’è dovuto accomodare un gradino più sotto: inseguiva il doppio sogno della medaglia d’oro, tanto in singolare quanto in doppio (la resa con Nadal nei quarti di finale), se ne torna da Parigi con un argento che vale comunque tanto, anche se ha un sapore diverso dalla conquista del Roland Garros avvenuta due mesi fa.
Perché questa era la domenica che Djokovic aspettava da una vita: la prima finale olimpica della sua carriera, dopo tre semifinali perse e un bronzo (Pechino 2008, contro James Blake), era l’ultimo grande desiderio che gli restava da colmare. Non c’è nessuno slam che può valere quanto questo trionfo in terra francese: per l’orgoglio personale e di un paese che continua a pendere dalle sue braccia dorate, oggi ancor più dorate del solito.
Niente break, ma al tiebreak domina il serbo
Mentre Sinner dal Canada osserva, felice che la tonsillite sia ormai storia passata, Nole e Carlitos sullo Chatrier danno vita a un match rude, intenso e con colpi da maestro. La notizia del giorno è che nessuno riesce a brekkare: ci prova 6 volte il serbo, addirittura 8 lo spagnolo, ma senza riuscire nell’intento. Chi serve ha sempre l’ultima parola, ma la partita a tratti è di una bellezza travolgente.
Il temuto problema al ginocchio non sembra condizionare più di tanto Nole, che gioca sciolto e sicuro dei propri mezzi, soprattutto quando serve. Nel quarto gioco Alcaraz rischia grosso, sotto 0-40, ma trova il modo per risalire la corrente. Il game più complicato però è il nono, e lo diventa per il serbo che deve salvare 5 palle break, riuscendo con caparbietà nell’impresa. Inevitabile l’epilogo al tiebreak, dopo un set point sciupato dal serbo nel dodicesimo gioco. L’equilibrio regna sovrano ma la partita si stappa al primo cambio campo del tiebreak, quando Nole trova il primo minibreak e non si volta più, andando a chiudere con sicurezza sul 7-3,
Alcaraz ci prova, ma non è giornata
Alcaraz non lo da a vedere, ma accusa il colpo. E Djokovic fiuta l’impresa: parte fortissimo tenendo due volte il servizio a zero, ma sui game nei quali serve lo spagnolo s’innervosisce e spreca altre due opportunità per metterlo alla sbarra. Il pubblico sente la partita e fa fin troppo rumore (si lamentano entrambi i giocatori: che indisciplinati, questi transalpini…), ma la partita è di una bellezza troppo rara per non urlare di gioia e stupore.
Alla fine c’è un altro tiebreak sullo sfondo, dopo scambi durissimi che sembrano mettere alla frusta il serbo (di 16 anni più “vecchio” del rivale: qualcosa vorrà pur dire…). Invece l’inerzia è tutta dalla parte di Nole, che trova subito il minibreak e ancora una volta al cambio campo accelera, firmando tre punti in fila prima di lasciarsi andare a un pianto a dirotto che profuma di storia. Poi sale in tribuna, stringe la bandiera serba e urla tutta la sua rabbia, che per una volta però fa rima con gioia. Anche Alcaraz piange, consapevole dell’occasione sciupata. Poi sul podio sorridono tutti, incluso Lorenzo Musetti, che si regala un selfie da incorniciare per il resto dei giorni.
Il quinto di sempre a fregiarsi del career golden slam
Djokovic entra così in un clan ristretto di fuoriclasse della racchetta capaci di conquistare in carriera il career golden slam, cioè una vittoria almeno in tutti e 4 gli slam più l’oro olimpico. Prima di lui c’erano riusciti solo Graf, Agassi, Serena Williams (in tribuna) e Nadal. Ma un olimpo così altisonante non poteva non contemplare Nole, che oggi ha ribadito al mondo intero di essere per davvero il più grande tennista di sempre. E quelle lacrime sono la sua eredità consegnata alla leggenda.