Il ritorno non è mai stato così dolce: Novak Djokovic fa apparire tutto piuttosto semplice, con il povero Rinky Hijikata che quantomeno può dire di averci provato. Doppio 6-3 e primo turno andato nel torneo ATP 250 di Brisbane, quello che segna il ritorno alle competizioni del serbo, che era assente dalle scene da quasi tre mesi, cioè dalla finale persa a Shanghai contro Jannik Sinner lo scorso 13 ottobre.
- Nole non concede nulla: un ritorno convincente
- Arnaldi, che debutto! Popyrin schiantato in due set
- Passaro lotta, ma Martinez è più freddo quando conta
Nole non concede nulla: un ritorno convincente
Il serbo ha fatto valere la sua proverbiale voracità sul cemento outdoor, mandando a segno 12 ace e in generale non offrendo mai il fianco a un avversario che ha faticato a trovare ritmo. Nessuna palla break concessa, 5 conquistate di cui tre trasformate in altrettanti game strappati al rivale: Djokovic s’è ripresentato bello tirato a lucido, come già s’era intuito nel corso della sfida di doppio giocata in coppia con Kyrgios, e ha ribadito di essere sceso in Down Under per puntare al bersaglio grosso.
Praticamente ingiocabile con la prima (81% di punti vinti quando è entrata), ha dominato anche con la seconda (75%), tenuto conto che Hijikata non è andato oltre il 50%. Insomma, un debutto soft ma al tempo stesso convincente, con gli ottavi sullo sfondo nella sfida tra “veterani” con Gael Monfils, battuto da Nole in tutti i 19 precedenti disputati.
Arnaldi, che debutto! Popyrin schiantato in due set
L’Italia che domina in United Cup trova una sponda anche a Brisbane, dove Matteo Arnaldi s’imposto su Alexei Popyrin nel debutto stagionale. Vittoria pesante del sanremese, che in poco più di un’ora ha liquidato la settima testa di serie del torneo col punteggio di 6-3 6-2. Se serviva un segnale, Arnaldi l’ha mandato forte e chiaro: condizione fisica già eccellente, sicurezza nei colpi (specie da fondo campo) e percentuali al servizio che sono andate aumentando nel corso del match, sebbene la prima sia entrata in campo soltanto nel 44% (però ha vinto il 71% di punti con la prima e il 70% con la seconda).
Il ligure ha ben impressionato soprattutto in avvio di partita, dove dopo due game tenuti a zero ha dovuto annullare la prima palla break, bissando il tutto nel settimo gioco (due volte) in quello che è stato lo spartiacque del match, perché Popyrin una volta mancata l’occasione di fare il break s’è disunito, e a sua volta l’ha subito nell’ottavo game. Arnaldi non ha sfruttato due set point ma ha chiuso al terzo per un 6-3 abbastanza lineare.
Nel secondo l’inerzia è passata tutta dalla parte dell’italiano, che ha preso coraggio e guadagnato metri in risposta, piazzando un primo break nel terzo gioco e un secondo nel settimo, impedendo al giocatore di casa qualsiasi velleità di rimonta. Nel secondo turno Arnaldi sfiderà lo statunitense Reilly Opelka, in tabellone grazie a una wild card, che ha battuto l’argentino Gomez nel primo turno. Dovessero arrivare i quarti, per Matteo ci sarebbe un affascinante (e probabile) incrocio con Djokovic.
Passaro lotta, ma Martinez è più freddo quando conta
A Hong Kong si chiude al primo turno l’avventura di Francesco Passaro, che deve ancora una volta rimandare il proposito di atterrare in top 100 (si dovrà “accontentare” di un probabile best ranking alla 105): lo spagnolo Pedro Martinez, settima testa di serie del torneo e numero 43 del mondo, ha sfruttato meglio le opportunità avute a disposizione imponendosi con un doppio 6-4. Qualche rimpianto per Passaro si staglia sullo sfondo di tre palle break non sfruttate, a differenza dell’iberico che se ne è fatte bastare una per set, mostrandosi più cinico nei momenti chiave dell’incontro.
Tanto che le percentuali di servizio raccontano di una sfida in totale equilibrio: il perugino ha ottenuto il 79% di punti con la prima contro il 78% del rivale, ma a costargli caro è stato il 53% sulla seconda (contro il 59% di Martinez). Non una bocciatura per Passaro, che aveva superato due turni di qualificazione e che adesso si ripresenterà al via del tabellone cadetto degli Australian Open per provare a centrare per la prima volta il main draw del primo slam della stagione, essendosi fermato sempre al secondo turno delle qualificazioni nelle due precedenti edizioni.