A 34 anni dall’addio e dopo oltre 4 decenni dalla sua prima volta allo stadio Maksimir, Zvonimir Boban torna alla Dinamo Zagabria in qualità di presidente. Entrerà in carica dal 1° giugno. Un nuovo inizio per l’ex centrocampista del Milan, che torna alle origini e sfida UEFA e FIFA.
- Boban torna alle origini, è il nuovo presidente della Dinamo Zagabria
- La carriera di Boban, gli anni in Jugoslavia e i trionfi al Milan
- La carriera di Boban, gli anni alla FIFA e con l'UEFA
Boban torna alle origini, è il nuovo presidente della Dinamo Zagabria
Gli amori, solo alcuni, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Parafrasando la celebre canzone di Antonello Venditti, quello di Zvonimir Boban per la Dinamo Zagabria è rimasto intatto, neppure scalfito dagli anni che passano e dalle distanze. Dal 1° giugno sarà il nuovo presidente del club croato, che lo accolse giovanissimo, apprezzando sin da subito le qualità umane e professionali di un giocatore che ha saputo dire la sua anche in un campionato difficile, come quello italiano.
“Sono entrato per la prima volta nello stadio Maksimir il 1° settembre 1982 e il desiderio è rimasto lo stesso”, ha ricordato Boban in conferenza stampa. L’ex calciatore subentrerà a Velimir Zajec, pronto a lasciargli scettro e trono: “Zvone è la Dinamo e la Dinamo è Zvone. È un ritorno naturale”, ha dichiarato.
Per ufficializzare la nomina di Boban a nuovo presidente, la Dinamo Zagabria – che pochi giorni fa ha dato il benservito a Fabio Cannavaro – non ha usato troppi giri di parole, enfatizzando il legame forte e indissolubile tra il club e Boban: “L’amore per una singola squadra non conosce confini, l’amore per una singola squadra non conosce ostacoli, l’amore per una squadra unisce tutti coloro che amano quella squadra”, si legge nel post pubblicato sui canali social della Dinamo.
La carriera di Boban, gli anni in Jugoslavia e i trionfi al Milan
Boban arrivò a Zagabria nel 1982, dopo aver mosso i primi passi nell’Hajduk Spalato. C’era ancora la Jugoslavia unita. Rimarrà impressa nella memoria la (non) partita contro la Stella Rossa di Belgrado, del maggio 1990: gli scontri furiosi tra le opposte tifoserie costrinsero la polizia federale jugoslava a entrare sul rettangolo di gioco.
Uno degli agenti, impegnato a manganellare un tifoso della Dinamo, fu colpito da un calcio volante di Boban e allontanato con le cattive. Zvone rischiò l’arresto, se la “cavò” con 6 mesi di squalifica che lo costrinsero a saltare il Mondiale del 1990 in Italia.
Con la Dinamo esordì a soli 16 anni in prima squadra e fino al 1991 ne è stato una delle bandiere. Quindi il trasferimento in Italia, al Milan, per 10 miliardi di lire. Una squadra imbottita di campioni: va in prestito al Bari e torna a Milano al termine della stagione 1991-1992, ancora più pronto per la Serie A.
In rossonero Boban vincerà 4 scudetti e la Coppa dei Campioni del 1994 con il clamoroso 4-0 rifilato dalla squadra di Capello al Barcellona di Johan Cruijff. Con la fascia da capitano stretta intorno al braccio, spingerà la Croazia – alla prima storica partecipazione a una fase finale – fino in semifinale al Mondiale del 1998. L’ultima esperienza è in Spagna, al Celta Vigo, ma solo per due mesi: si ritirerà nell’ottobre del 2001.
La carriera di Boban, gli anni alla FIFA e con l’UEFA
Una volta appese le scarpette al chiodo, Boban ha indossato giacca e cravatta ricoprendo l’incarico di vice-segretario della FIFA dal 2016 al 2019 e direttore sportivo dell’UEFA dal 2021 al 2024. Due ruoli importanti, impegnativi, che lo hanno ulteriormente forgiato. Anche se l’epilogo e gli addii sono stati seguiti da qualche polemica a distanza.
È durato poco, invece, il ritorno al Milan in veste di dirigente: dal giugno 2019 al marzo 2020 è stato chief football officer del club rossonero fino al licenziamento per giusta causa e con effetto immediato che l’amministratore delegato, Ivan Gazidis gli comunicherà durante il periodo Covid.
Seguirà una causa civile e la sentenza del Tribunale di Milano, che condannerà il Milan a pagare a Boban 5,37 milioni di euro, per non aver commesso alcuna violazione di obblighi contrattuali, né aver divulgato notizie riservate, come invece sosteneva il club rossonero. La pena è stata poi addolcita con la sentenza d’appello.
