La regolamentazione per la venditita dei diritti tv e i criteri di spartizione tra le varie squadre di calcio appartenenti ad un campionato non sono mai le stesse, ma possono cambiare radicalmente tra le diverse nazioni. I criteri di distribuzione di Italia e Spagna sono abbastanza simili ad esempio, ma non si può dire lo stesso delle condizioni dettate dalla lega inglese per Premier League e Championship.
Calcio e diritti tv in Italia: dagli anni ’90 alla Legge Melandri
Nel panorama del calcio italiano, tra Serie A e Serie B, la maggior fonte di guadagno dei club sono ancora i ricavi da diritti tv.
Nonostante i guadagni da biglietteria (il 2020 merita un discorso a parte, ovviamente), quelli da merchandise e sponsor, in Italia la voce dei diritti tv è quella che continua a pesare più di tutte in percentuale nettamente superiore rispetto alle squadre degli altri top campionati europei.
Il dibattito nel nostro Paese è stato preso in seria considerazione dalle istituzioni politiche ed economiche solo a fine anni ’90, per esattezza quando la Lega Calcio (che riuniva sotto la propria tutela e “legislazione” club di Serie A e di Serie B) decise di interrompere lo storico rapporto commerciale con la tv pubblica. Il motivo era quello di poter allestire un bando per commercializzare ai privati i diritti tv, e ovviamente guadagnare di più.
Una svolta decisiva che si caratterizzò per l’eliminazione del principio di negoziazione centralizzata, quindi i club di Serie A e Serie B diventavano quindi gli unici titolari dei diritti tv, ma anche per l’imposizione di un limite di acquisto in via esclusiva pari al 60%.
Una serie di cambiamenti e provvedimenti che furono perfezionati poco dopo, nel 2008 con la tutt’ora celebre Legge Melandri, dal nome del Ministro Giovanna Melandri all’epoca impegnata alle politiche giovanili e le attività sportive.
La Legge Melandri, ancora in auge oggi per quanto riguarda la questione calcio e diritti tv, ha ribaltato alcuni elementi previsti dalla legge del 1999.
In particolare, il nuovo dettato normativo ha esteso la titolarità dei diritti televisivi agli organizzatori delle competizioni e degli eventi sportivi (Lega Serie A e Lega B), nonché ai relativi partecipanti (i club).
Club e leghe in Italia tornano ad avere la contitolarità dei diritti tv, da commercializzare in pacchetti che non devono tenere più contro del limite del 60%, ma dell’impossibilità di cessione delle trasmissioni in diretta esclusivamente ad un solo soggetto.
Viene definito anche un arco temporale di durata della vendita dei pacchetti che viene fissato a 3 anni, il famoso triennio che nell’ultimo bando ha visto protagonista il broadcaster DAZN.
Si passa anche al cambio di definizione del bene che passa da diritti televisivi a “diritti audiovisivi”. Non è solo un cambio linguistico, ma una visione che estende la proprietà del bene alle immagini delle partite o alla riproduzione parziale, tutto ciò per tutelare chi acquista l’eventuale pacchetto di diritti.
Quanto guadagnano le squadre di calcio in Italia dai diritti tv
Uno degli elementi più importanti della Legge Melandri, almeno per quanto riguarda le casse e quindi i ricavi dei club derivanti dai diritti audiovisivi, è sicuramente il criterio di ripartizione degli incassi derivanti dalla commercializzazione dei diritti nel calcio italiano.
È l’articolo 25 della Legge Melandri a spiegarci che “la ripartizione deve essere effettuata in modo da garantire l’attribuzione in parti uguali di una quota prevalente, nonché l’attribuzione delle restanti quote anche in base al bacino di utenza e ai risultati sportivi conseguiti da ciascuno di essi; fermo restando che la quota delle risorse da distribuire in parti uguali fra tutti i partecipanti a ciascuna competizione non può essere inferiore al 40% e che la quota determinata sulla base del risultato sportivo non può essere inferiore a quella determinata sulla base del bacino d’utenza.
Nel calcio italiano, in particolare in Serie A da questa stagione grazie alla Legge di Bilancio, la percentuale di ripartizione prevede 3 quote: suddivisione di un 50% in parti uguali, 28% per risultati sportivi e 22% per radicamento sociale.
Dopo una spiegazione lunga ma dovuta su Legge Melandri e diritti audiovisivi nel calcio italiano, vediamo quanto guadagnano le squadre di calcio italiano dalla vendita dei diritti.
Dall’ultimo triennio Lega Serie A ha distribuito ai club 1,068 miliardi di euro netti all’anno: Il ricavo complessivo è di circa 1,3 miliardi ma a questi vanno infatti sottratte alcune “spese” come i soldi che vengono utilizzati per il paracadute (che viene distribuito alle 4 squadre retrocesse) o per l’advisor (a partner di Lega Serie A come Infront che organizza e gestisce il bando dei diritti).
Nel dettaglio squadra per squadra la situazione prevede una spartizione di 534 milioni di euro che tradotto per ogni club diventano 26,7 milioni di euro per ciascun club (il famoso 50% uguale per tutti).
Sul podio dei ricavi da commercializzazione dei diritti audiovisivi in Serie A per quanto riguarda la stagione 2020 – 2021 troviamo Inter, poi la Juventus e sul gradino più basso del podio il Milan.
La Juventus resta il club che percepisce di più dal fattore “storia” (16,6 milioni di euro) mentre all’Inter ben 20 milioni di euro per il posizionamento e i punti ottenuti.
La classifica totale è questa:
- Inter 65,0 milioni di €
- Juventus 62,7 milioni di €
- Milan 57,8 milioni di €
- Napoli 54,9 milioni di €
- Atalanta 54,6 milioni di €
- Roma 49,7 milioni di €
- Lazio 48,3 milioni di €
- Sampdoria 40,4 milioni di €
- Sassuolo 40,2 milioni di €
- Fiorentina 39,7 milioni di €
- Bologna 37,6 milioni di €
- Hellas Verona 37,1 milioni di €
- Genoa 36,8 milioni di €
- Torino 36,7 milioni di €
- Udinese 35,8 milioni di €
- Cagliari 34,1 milioni di €
- Parma 31,6 milioni di €
- Spezia 31,5 milioni di €
- Benevento 30,3 milioni di €
- Crotone 29,5 milioni di €
Diversa invece la situazione se analizziamo i ricavi da sponsor di maglia che abbiamo approfondito qui.
Quanto guadagnano Premier League, Bundesliga e LaLiga dai diritti tv?
Se è vero che negli ultimi mesi la questione cessione dei diritti televisivi per il triennio 2021-2024 in Italia è stata una questione decisamente controversa, con diversi player, tra cui Sky Sport, DAZN e Mediapro al centro di uno dei bandi più discussi di sempre per il calcio italiano, all’estero, in particolare Premier League e Bundesliga, gli accordi sono stati chiusi prima di quello realizzato da Lega Serie A.
La Bundesliga addirittura era riuscita a chiudere l’accordo dopo lo scoppio della pandemia globale dovuta alla diffusione del Covid-19. La lega tedesca è riuscita a ricavare 4.4 miliardi per il quadriennio 2021-2025 (dato in calo rispetto al periodo precedente).
La Premier League invece ha chiuso l’accordo per il triennio 2021-2024 poco più di un anno dopo lo scoppio della pandemia per una cifra vicina ai 5,4 miliardi di euro totali. I broadcaster che hanno acquisito i vari pacchetti delle partite di Premier League sono Sky Sports, Bt Sport, Bbc Sport e Amazon Prime Video.
Per quanto riguarda LaLiga va fatto un distinguo importante: la massima lega del calcio spagnolo si occupa della distribuzione dei ricavi per le squadre di prima divisione e di seconda. La norma che regola la ripartizione dei diritti tv in Spagna invece, è il Royal Decree (legge del Re) del 2015. Una legge che prevede la distribuzione del ricavato (dopo aver sottratto i vari costi sostenuti dalla lega) al 90% per i club di prima divisione e del 10% per quelli di seconda.
Sul fronte economico, proprio di recente LaLiga ha annunciato l’assegnazione dei diritti televisivi per le prossime cinque stagioni per 4 miliardi e 950 milioni di euro a Movistar e Dazn. I due broadcaster si divideranno equamente le partite di ogni turno di competizione. La cifra per ogni stagione diventa così di 990 milioni di euro.
Articolo a cura di Luigi Di Maso