Il tennis sembra aver svoltato nettamente pagina dopo il dominio dei Fab3, con Jannik Sinner e Carlos Alcaraz che appaiono ormai come i dominatori incontrastati del circuito. Un’impressione rinsaldata anche dalla vittoria dell’altoatesino nella finale del Masters 1000 di Shanghai su Novak Djokovic, che – secondo Adriano Panatta – ha sempre meno chance di poter competere contro i primi due del ranking mondiale.
- Panatta: “Djokovic si rassegni”
- Djokovic può poco contro i nuovi “Fab2”
- Le vittorie di Sinner contro Djokovic e la finale di Wimbledon dominata da Alcaraz
- L'oro alle Olimpiadi, un’eccezione che conferma la regola
Panatta: “Djokovic si rassegni”
Col passare del tempo e dei tornei importanti appare sempre più chiaro come Jannik Sinner e Carlos Alcaraz siano di un altro livello in confronto a tutti gli altri giocatori. Un livello che nemmeno Novak Djokovic – il tennista dei record per eccellenza – sembra poter più reggere.
Di quest’idea è anche Adriano Panatta, che ha espresso un giudizio drastico su Nole in un’intervista rilasciata al Corriere dello Sport: “Ha giocato bene, ma un’ora esatta. Dopo il primo set non c’è stata più partita, perciò credo che anche Djokovic si rassegni a lasciar perdere”; e in un articolo per il Corriere della Sera: “Se ha voglia di vincere i titoli più importanti, la strada è ormai in salita, ma credo lo abbia capito”.
Djokovic può poco contro i nuovi “Fab2”
Prima di iniziare a ragionare credo sia necessario puntualizzare che il nome Fab2 riferito a Sinner e Alcaraz è utile solamente a esprimere il passaggio di consegne tra i Fab3 e Jannik e Carlos avvenuto quest’anno in termini di dominio del circuito. Che i primi due giocatori del ranking non possano ancora essere paragonati a chi ha dominato il tennis per due decenni conquistando 66 slam in totale mi pare cosa logica e scontata. Una stagione – ma anche tre/quattro – a questi livelli non sono sufficienti a ereditare la sigla che per anni ha raccolto Federer, Nadal e Djokovic.
Detto questo, il fatto che Djokovic sia ancora a secco di titoli ATP e Slam in questa stagione non può essere un caso. E un caso non è nemmeno che i quattro Major se li siano equamente divisi Sinner e Alcaraz. I due nuovi dominatori del circuito hanno dimostrato a più riprese – escludendo gli improvvisi cali dello spagnolo – che contro di loro gli altri giocatori del circuito di chance di successo ne hanno veramente poche, anche quando tutto sembra andare in loro favore.
E tra i giocatori che ormai possono poco contro Sinner e Alcaraz sembra essere rientrato anche Djokovic, che probabilmente non avrebbe grandi difficoltà a sbarazzarsi della maggior parte degli altri giocatori in top-10, ma che contro i primi due sembra troppo spesso ritrovarsi nella condizione di non sapere che pesci pigliare.
Le vittorie di Sinner contro Djokovic e la finale di Wimbledon dominata da Alcaraz
A testimonianza di questa superiorità di Sinner e Alcaraz ci sono gli scontri diretti contro Djokovic. Se prendiamo in considerazione quelli tra Jannik e Nole vediamo come gli ultimi tre (singolare in semifinale di Coppa Davis, semifinale all’Australian Open e finale a Shanghai) siano stati vinti dall’altoatesino.
Ma il dato più impressionante riguarda le ultime due sfide, durante le quali il serbo non è mai riuscito a guadagnarsi una palla break in sei set totali. Una cosa impensabile fino a poco tempo tenendo conto che stiamo parlando di quello che da molti viene considerato il giocatore con la miglior risposta nella storia del tennis.
Con Alcaraz gli scontri diretti più recenti risultano essere meglio distribuiti, ma la netta vittoria dello spagnolo in finale a Wimbledon – torneo dove Nole ha vinto in sette occasioni battendo anche più volte Federer – quest’anno è sembrata proprio un passaggio di consegne. Vero che Djokovic era ancora un po’ acciaccato dopo il brutto infortunio subito al Roland Garros, ma un Nole così inerme per tre set in una finale slam forse non lo si era mai visto.
L’oro alle Olimpiadi, un’eccezione che conferma la regola
L’unica eccezione in questo 2024 è stata rappresentata dalla medaglia d’oro conquistata contro Alcaraz ai Giochi Olimpici di Parigi al termine di una partita incredibile – una delle più belle dell’anno – e combattutissima nonostante si sia chiusa in due set.
In quell’occasione però l’impressione è che Nole abbia lanciato il cuore oltre l’ostacolo per raggiungere il suo più grande obiettivo della stagione, ovvero conquistare l’unico torneo che mancava al suo ricchissimo palmares.
Trattandosi di un giocatore del calibro di Nole, considerare la medaglia d’oro di Parigi il suo canto del cigno, un po’ come fu lo US Open 2002 per Pete Sampras – che però poi non disputò più tornei nonostante non avesse comunicato immediatamente il ritiro -, potrebbe essere prematuro, ma l’impressione è che Panatta abbia ragione e che per lui accaparrarsi altri titoli importanti sarà un’impresa sempre più complicata, se non ai limiti dell’impossibile.