Il fioretto è sempre d’argento, ma i rimpianti sono sempre di casa per un’Italia che ancora una volta si ferma sul più bello. Non riesce così l’ultimo colpaccio della spedizione in terra parigina: la squadra maschile si ferma davanti a un Giappone che dimostra di meritare credito e considerazione, bravissimo soprattutto a destarsi nel momento in cui il confronto ha preso definitivamente la via del Sol Levante. L’Italia così c’è rimasta di sasso: in partita fino al settimo assalto, negli ultimi due i ragazzi di Stefano Cerioni sono letteralmente implosi, consegnandosi senza armi alla formazione nipponica, brava a spuntarla per 45-36.
Finale buttata via negli ultimi due assalti
Le aspettative erano alte, al netto della consapevolezza che contro questo Giappone sarebbe stata dura per chiunque. Tommaso Marini, Guillaume Bianchi, Filippo Macchi e Alessio Foconi hanno ceduto soltanto nel finale, senza poter avanzare chissà quale pretesa. Perché i nipponici si sono dimostrati solidissimi, trovando nella riserva Nagano (schierato nell’ottavo assalto contro Foconi, anch’esso entrato in quel momento nella finale) il chiavistello per spegnere qualsiasi velleità azzurra.
Fino a quel momento la partita era assolutamente in bilico: Italia sotto 35-34, brava a recuperare in due frangenti (era stata avanti anche sul 22-19 grazie a un ottimo assalto di Marini) e anche a superare un momento delicato con l’infortunio al pollice di Bianchi (era sotto 28-32, è risalito fino a consegnare a Foconi un passivo di una sola stoccata).
Poi però è cambiato tutto in un amen, con Nagano devastante (5-0) e Iimura lesto a chiudere 5-2 contro Macchi nell’ultimo assalto. Sensazione contrastante: fino a due assalti dalla fine, l’Italia era davvero dentro la finale con tutti e due i piedi. E stavolta, a differenza di quanto successo nella gara individuale a Filippo Macchi (e in generale in tutta la rassegna), non c’è stato nemmeno di lamentarsi per qualche scriteriata decisione arbitrale. Insomma, l’oro l’abbiamo buttato via noi. E per questo fa ancora più male.
Bilancio agrodolce: la concorrenza è aumentata
La spedizione italiana di scherma chiude così la settimana olimpica tornando a casa con 5 medaglie: l’oro delle spadiste rimane la pietra incastonata, la cartolina da tramandare ai posteri. Il fioretto porta a casa tre argenti, quello rimpianto di Macchi nell’individuale e i due di squadra (maschile e femminile), mentre la sciabola con Samele s’è vestita di bronzo.
Un bilancio che in qualche modo testimonia che il dream team degli anni che furono è rimasto un po’ un ricordo, anche perché la concorrenza è aumentata sensibilmente e di conseguenza anche le possibilità di arrivare a medaglia si sono assottigliate più del previsto. Ma che qualcosa debba essere rivisto è sotto gli occhi di tutti: il serbatoio della scherma rimane prolifico, ma non più così vincente come lo sport italiano s’è abituato ad ammirarlo.