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Il mito silenzioso Gigi Riva, figlio di un'epoca rivoluzionaria: l'amore anticonformista per Gianna Tofanari

Rombo di tuono, così lo chiamava Gianni Brera, scrittore e giornalista che contribuì alla costruzione di un calciatore unico per l'Italia e la nostra storia. Anche per le sue scelte private

Ultimo aggiornamento:

Elisabetta D'Onofrio

Elisabetta D'Onofrio

Giornalista e content creator

Giornalista professionista dal 2007, scrive per curiosità personale e necessità: soprattutto di calcio, di sport e dei suoi protagonisti, concedendosi innocenti evasioni nell'ambito della creazione di format. Un tempo ala destra, oggi si sente a suo agio nel ruolo di libero. Cura una classifica riservata dei migliori 5 calciatori di sempre.

Nell’esistenza di quel ragazzo di lago – lombardo, silenzioso, quasi timido – rimasto orfano quando altri incominciavano a comprendere i ruoli, la centralità dei propri genitori, l’onda dell’ammirazione non ha esattamente una misura. Non conosce il tempo, non conosce il modo anche oggi che è arrivato l’addio apparente, sancita dalla sua scomparsa.

Pur non cercando altro che di giocare a calcio, Gigi Riva da Leggiuno ha ricevuto un amore illimitato, incommensurabile eppure sempre stupefacente per la mole di gesti, parole a affettuosità che il Paese – di intellettuali e di persone comuni – gli ha tributato.

Gigi Riva, eroe sardo e del Cagliari

L’eroe del Cagliari, di un’isola selvaggia e incontaminata, come la sua qualità tecnica e perché negarlo la sua bellezza stilistica. Il suo rivelarsi fedele alla linea, la sua. In campo, nelle relazioni sentimentali, nella coerenza di essere Riva anche senza la divisa e anche quando ha indicato in Roby Baggio – sì, lui – il più vicino, forse il più amato. Si porta via un’era, un pezzo di storia del calcio e dell’Italia che lo ha idolatrato.

C’è chi all’apice della sua carriera, alla vigilia della meravigliosa Italia di Messico ’70, lo volle sbattere senza alcun senso del cambiamento, dell’evolversi del costume e della società, sulle prime pagine per via del legame umano e sentimentale con la donna che divenne la sua compagna di sempre, Gianna Tofanari.

Fonte: ANSA

Gigi Riva ringrazia il suo pubblico

La scelta di Gianna Tofanari e di Riva

Erano gli anni della primavera di Praga, dei primi movimenti che presero forma in un Paese – l’Italia – che non conosceva né il divorzio, né il diritto a essere libera anche di chiedere la giusta assistenza sanitaria o quello di non essere obbligate a un matrimonio riparatore. Si viaggiava a due velocità, se non tre. E Riva con le sue scelte, forse anticonformiste eppure naturalissime per chi come lui non era che il campione schivo in apparenza nutriva il coraggio della convinzione di vivere nel rispetto degli affetti, in primis dei propri.

Erano gli anni di un eroe silenzioso, ma che sapeva emozionare come Gigi Riva, che Gianni Brera – lombardo ma di pianura, che scelse Codogno per identità e contesto – ribattezzò rombo di tuono.

La nascita del mito rombo di tuono

Che cos’è un rombo di tuono, perché rombo di tuono? “Il Cagliari ha subito infilato e umiliato l’Inter a San Siro – scrisse il giornalista sulle pagine del Guerin Sportivo -. Oltre 70mila spettatori: se li è meritati Riva, che qui soprannomino Rombo di Tuono”, scrisse lo scrittore prestato al giornalismo per elogiare quel sinistro potente e impietoso di Riva che era già l’idolo del Cagliari con lo Scudetto cucito sul petto.

L’uomo, l’unico in grado da solo di donare un ideale a quanti di sogni non ne avevo più neanche nel più remoto dei cassetti. Il ragazzo di lago che fece innamorare la Sardegna. E che non la tradì, perché anche contava altro per Riva e la sua vita. In quei giorni, prima del Messico e di quelle partite che parevano perfette ma che non riuscirono nell’impresa di donare all’Italia intera quell’euforia estetica riservata a Cagliari, Riva divenne un soggetto anche oltre le cronache sportive.

Fonte:

Con la maglia del suo Cagliari

Lo scandalo Riva

Era il 1968 quando esplose il caso che lo condusse a cimentarsi con altro, anche con un’immagine di sé che contemplava pur non soppesandone forse la rilevanza perché anche la questione sentimentale, per quanto privata, apparteneva a chiunque anche a quelli che ritenevano fosse da seguire, capire, sminuzzare la sua storia con Gianna Tofanari. Era sposata, di fatto separata anche se all’epoca il marito non le risparmiò la denuncia per adulterio, visto che all’epoca si dibatteva e molto ma non si era ancora la possibilità di divorziare. Per il referendum si dovrà attendere il 1974.

“Era 1968, il divorzio ancora non esisteva. Fu una cosa enorme, per quei tempi. Mi misero sulla copertina di Stop e di Novella 2000. Me ne innamorai perdutamente. Lei era già separata ma aveva un marito. Così la chiamarono la “Dama bionda” e quando attraversavo momenti di crisi, scrissero che era colpa sua, della donna fatale. Stupidaggini. Gianna è diventata mia moglie e mi ha dato due figli”, ha raccontato Gigi Riva in una intervista al Corsera che, oggi all’indomani della sua scomparsa, fa storia.

La volontà di non sposarsi

Sua moglie, in effetti, non lo è mai stata perché entrambi hanno preferito vivere la loro relazione come e quando preferivano senza alcuna formalizzazione della loro unione anche quando ci sarebbe stata la possibilità effettiva, ovvero quando il divorzio si tradusse in legge, dopo che per anni si era negata l’evidenza di una società che era già concretamente costretta a misurarsi con quel che implicava lo status di separati o con l’impossibilità del riconoscimento dei figli, nati da queste relazioni.

“Ma te lo immagini cosa succede se due si sposano? Non ero il tipo che stava a casa in pigiama. Quando smisi di giocare cominciarono gli impegni come team manager. Ero sempre fuori”. Così era, in effetti. Il calcio lo ha assorbito sempre molto, prima per via del suo ruolo, poi gli incarichi federali e il rapporto viscerale con la maglia azzurra che fino ai 79 anni ha sempre rispettato e anche anteposto ad altre necessità. Come il matrimonio.

Con Gianna, però, ha avuto un rapporto leale, onesto e due figli, Nicola e Mauro (costretti a prendere una decisione difficile per l’amato papà) che hanno ereditato i geni paterni senza però emulare la grandezza del padre rombo di tuono in campo, ma preferendo altri campi, altri contesti. I suoi 5 nipoti sono diventati la sua ragione d’esistere, quando sono arrivati e come ha raccontato poi la prima di loro, Virginia, in un’intervista a Varesenoi. Un amore quotidiano, edificato con la costanza e la dedizione assoluta che ha poi approfondito in altri contenuti sui social, come una ventenne qualsiasi. Nonno Riva aveva un dono ogni sera per lei, che le portava a fine giornata.

Fonte: ANSA

Gianna alla camera ardente

La discrezione di un calciatore unico

Con la sua storica compagna, a Cagliari dove aveva scelto di ritirarsi a vivere come se fosse ovvio e naturale, ha mantenuto rapporti quasi quotidiani nella consapevolezza di chi trascende le dimensioni di un’affettività codificata, stabilita entro dei limiti stabiliti, percepiti. Forse non erano per loro le definizioni o certe preclusioni. Quel che è stato e la loro famiglia bastavano, di per sé a rispondere.

Sono tante le fotografie, i video, i servizi che lo ritraggono con la valigetta, gli occhiali da sole mentre sale e scende dagli aerei per seguire gli Azzurri, le interviste negli anni che ha dedicato a loro, a quei ragazzi. Decisamente meno quei documenti che vertono su Gianna, la loro famiglia. Cercando nei database delle agenzie fotografiche, d’altronde e negli archivi sono davvero poche le foto che li ritraggono insieme e di dominio pubblico.

Di Gigi Riva calciatore e uomo di calcio conosciamo ogni esperienza anche video e foto, della sua dimensione privata solo frammenti disordinati: qualche scatto dell’archivio di Umberto Pizzi, qualche copertina dell’epoca e una manciata di didascalie che oggi sembrano impolverate.

Fonte: ANSA

La maglia azzurra che ha onorato sempre

Gli ultimi anni e il Covid

Le ultime immagini ce lo mostrano nell’era Covid, quando scelse di divenire una sorta di testimonial pubblico della campagna vaccinale quando incominciavano a essere percepite le prime speranze di riapertura e ripresa. Aveva scelto Cagliari, aveva narrato di come la sua governante avesse contratto il Covid ma lui nonsi fosse contagiato, e poi dei figli sempre vicini e di come non riuscisse a capire i no vax.

A 77 anni compiuti, diceva, prima del teatro e delle ultime apparizioni: “La mia ginnastica la faccio andando sul balcone: è bello lungo, di cinquanta metri, e io vado avanti e indietro. Magari esco per andare a cena dai miei figli, ogni tanto. Ma le camminate di un tempo non le faccio più”. D’altronde non ha mai risposto come ci si poteva aspettare. Non si è mai riusciti a star dietro a rombo di tuono, mai.

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